Bijan Zarmandili
L’ESTATE E’ CRUDELE
«E’ il luglio dell’estate del 1963 e Myriam e Parviz, insieme a un gruppo di Iraniani, sono in una stanza con la poetessa Forugh Farrokhzad, da poco arrivata a Roma (…) Forugh è giovane e bellissima, recita con passione i suoi versi e le parole più scandalose, con la voce resa roca e sensuale dal troppo tabacco, acquistano dignità e rigore. Non ha timore di cantare la virilità del suo amato, oppure l’ardore dei propri sensi, ma diviene malinconica quando evoca l’epilogo del suo amore e la nostalgia per la morte».
Due studenti iraniani passeggiano per Roma, incrociano il proprio destino con quello del paese che li ospita e con la loro terra di origine. Vivono dal di dentro le vicende di un’Italia in continuo cambiamento, senza mai perdere contatto con la Persia, soprattutto con i dissidenti e oppositori al regime dello Scià.
Le Olimpiadi del ’60, le repressioni di Tambroni, poi Valle Giulia e piazza Fontana. Myriam e Parviz assistono con stupore e con emozionato coinvolgimento, incontrano operai e universitari, vivono con tenero pudore il loro amore da “occidentali in prestito”.
Quell’incontro con la poetessa è forse, inconsapevolmente, un punto di svolta definitivo, soprattutto per la giovane studentessa in medicina, un simbolo vero, reale, per un personaggio letterario, Forugh Farrokhzad.
Praticamente mai tradotta in Italia, ha incarnato per generazioni di donne persiane la voglia di riscatto e di emancipazione da una condizione di sottomissione psicologica, culturale, fisica, religiosa, speranza nella forza delle idee nei versi, nel cinema, nelle parole mai negate, soprattutto a se stessi.
Zarmandili pare quasi nascondere un omaggio a questa donna straordinaria, in ogni pagina del suo libro, nei gesti di tutti i giorni fra innamorati, nei mille dubbi di chi deve fare scelte definitive, nella consapevolezza che niente è vano se frutto di grandi passioni, siano esse verso qualcun’ altro o per una grande idea, nessuna rinuncia, anche la più lacerante, sarà mai assoluta se il cuore continua a battere e la mente a oltrepassare lo spazio e il tempo.
Ed ecco che l’attesa, la lontananza sono solo condivisione di emozioni, la presenza non vincola, l’assenza però segna.
Parviz vede suo padre invecchiare nei suoi ricordi, ma non cessa un attimo di amarlo, soprattutto non lo abbandona mai l’incertezza che possa non essere capito, non sapersi realizzato con i suoi sogni. Ma il dubbio lo rende più forte, scolpisce dentro di sé la consapevolezza di voler essere più che uno studente in ingegneria, a qualunque costo; Myriam non torna indietro, Roma è solo una tappa, un lungo, inevitabile episodio, nella sua vita di donna, nella sua vita di impegno politico, nella sua, brevissima, vita di madre.
Solo un filo leggerissimo sembra sostenere esistenze fragili forse nei gesti, ma non nelle motivazioni, Roma è ormai molto lontana, sempre più distante da Teheran, ma la passione non si consuma, la definitività di una scelta alla Stazione Termini, a Ponte Milvio, le emozioni dei film di Antonioni, si rinnovano attraverso la
frontiera curda, nella terra di Persepoli violentata da nuovi conquistatori, spazio e tempo si annullano nella volontà di non cedere alla rassegnazione, qualunque sia il prezzo da pagare.
Forugh Farrokhzad continua a pubblicare i suoi versi scandalosi, a urlare al mondo la sua voglia di essere donna che non nasconde passioni e desideri, realtà e letteratura si intrecciano con la storia che corre verso il dramma della Repubblica Islamica dell’Iran, da Reza Pahlavi all’ayatollah Khomeini, restano gli ideali di Myriam e Parviz, la grandezza di un’illusione iniziata in un Villaggio Olimpico, nel 1960, e spentasi alle soglie di una rivoluzione sognata e poi negata nella sua aspirazione di libertà. Oggi un altro ragazzo iraniano ripercorre le strade di una città che è solo memoria.
Le assemblee nelle università, le discussioni animate nelle sezioni di partito, la politica fatta anche di scontri, ma soprattutto di idee, l’aspirazione di cambiamento che nasce prima di tutto dal cuore. Ricordi che si sovrappongono a quelli di un nonno provato ma mai deluso, e le foto di uno studente in ingegneria, i baffi lucidi, lo sguardo nel mondo che ha sognato, e di una ragazza addolcita da un filo di rossetto come ora non si potrebbe più, pronta fino all’ultimo respiro a non rinnegare il ricordo di un incontro nel luglio del ’63 con una poetessa che decise di fare politica urlando il suo diritto di essere donna.
Come ora non si può più.
Michele Castelvecchi
Bijan Zarmandili
L’ESTATE E’ CRUDELE
Feltrinelli
Euro 14,00
Forugh Farrokhzad (Teheran 1934 -1967)
Il mio amato
Il mio amato
con quel corpo nudo sfrontato
stava come la morte
sulle sue gambe possenti.
Impazienti linee curve
seguivano
i suoi lombi ribelli
nei loro disegni fermi.
Il mio amato
sembra perso da generazioni
come un tartaro
nel costante agguato di un cavaliere
nell'abisso dei suoi occhi.
O un berbero
trafitto dal sangue caldo di una preghiera
nel fresco bagliore dei suoi denti.
Il mio amato
come la natura
ha un franco ineluttabile concetto
approva
l'onesta legge del potere
con il mio fallimento.
E' selvaggiamente libero
come un sano istinto
nelle profondità di un'isola deserta.
Toglie
dalle scarpe la polvere delle strade
con i brandelli della tenda di Majnun.
Il mio amato
sembra sia stato straniero
dall'inizio della sua esistenza
come un dio in un tempio nepalese.
E' un uomo dei secoli passati
una reminiscenza della bellezza originaria.
Nel suo spazio
come nel profumo dell'infanzia
costantemente risveglia
memorie innocenti.
E' come un'allegra canzone popolare
piena di barbarie e nudità.
Ama sinceramente
le particelle della vita
le particelle della polvere
il dolore dell'Uomo
il dolore puro.
Ama sinceramente
un vicolo fiorito del villaggio
un albero
un gelato
una corda da bucato.
Il mio amato
è un uomo semplice.
Un uomo semplice che io
ho nascosto
nella spaventosa regione delle meraviglie
in mezzo alla macchia dei miei seni
come l'ultimo segno di una religione felice.
(Tradotta dall'inglese da Mia Lecomte