Femminile Plurale

 

Femminismo islamico e femminismo interculturale


"Questa fantasia di odalische passive non esiste in Oriente!" è l'esclamazione di Fatima Mernissi, nota sociologa e scrittrice marocchina, davanti ai dipinti delle odalische discinte di Ingres, durante una delle sue lunghe peregrinazioni al museo del Louvre. Nel libro "L'harem e l'Occidente" Mernissi è assillata dal perché pittori occidentali tra i più importanti quali Ingres, Matisse e Picasso rappresentino l'harem come un luogo di donne seminude, vulnerabili e sempre in posizioni statiche e passive. Per lei che ha passato la sua infanzia in un harem queste raffigurazioni sono incomprensibili e la conducono in un viaggio di conoscenza e confronto tra Oriente e Occidente particolarmente stimolante.
Ho incontrato "L'harem e l'Occidente" nei miei studi sul femmismo postcoloniale e l'ho trovato un testo"prezioso" in quanto riesce a svelare nella forma "leggera" del romanzo alcuni tra i temi più importanti che scaturiscono dal dibattito sul femminismo islamico, sull'Orientalismo, sulla rappresentazione delle donne musulmane in Occidente nonchè di quelle occidentali viste dall'altra sponda del Mediterraneo. In particolare Mernissi presenta un'importante rilettura dell'immaginario occidentale su uno degli elementi più importanti della storia musulmana: l'harem. In questo breve articolo tenterò quindi di evidenziare quello che mi sembra un contributo originale e utile per comprendere alcuni fondamenti non solo del pensiero femminista islamico, ma anche di quello postcoloniale, in quanto come nota Renata Pepicelli (2010: 25), il primo si pone in continuità con il secondo. Entrambi contestano il fatto che esista un'unica strada, quella tracciata in Occidente, per ottenere l'emancipazione delle donne, e criticano una rappresentazione statica e stereotipata della donna del terzo mondo come creatura in attesa di salvezza da parte delle sue "sorelle emancipate occidentali".
L'itinerario di scoperta della Mernissi inizia a causa delle reazioni imbarazzate e un po' divertite dei giornalisti europei allorquando la scrittrice, durante il suo tour europeo di presentazione di un altro bel romanzo "La terrazza proibita", menziona il fatto di avere trascorso la sua infanzia in un harem. Tale reazione è per lei incomprensibile dato che nell'esperienza di sua nonna, con la quale era vissuta, la parola harem era sinonimo di prigione, ma al tempo stesso era un luogo in cui le donne erano ben consapevoli delle discriminazioni che subivano e si battevano contro di esse attraverso una serie di strategie di resistenza. Tra queste, come sottolinea Rhouni, commentando l'opera di Mernissi, i racconti orali costituivano un mezzo per sfuggire alla censura e addirittura sovvertire la narrativa maschile introducendo distorsioni non ortodosse.
(Rhouni, 2010: 137) Regina di queste narrazioni è Sheherazade, la donna che riesce a tenere lontano il Sultano dal proposito di ucciderla attraverso la sua nota capacità oratoria. Mernissi sottolinea come non a caso questo racconto sia stato tramandato prevalentemente per via orale dalle donne e sia stato invece disprezzato per secoli dalle élite conservatrici. La scrittrice marocchina comprende velocemente che l'idea dell'harem dei giornalisti occidentali si basa su una serie di rappresentazioni orientaliste, come le pitture di Ingres, Matisse e Picasso, l'opera di Verdi Aida, il balletto Sheherazade o anche più moderne raffigurazioni quali i film hoolywoodiani e i cartoni animati della Walt Dysney. Nella celebre definizione di Said (1978) l'Orientalismo si configura come un'operazione di potere in cui le rappresentazioni occidentali dell'Oriente"non solo costruiscono l'Oriente, ma lo costruiscono come il suo Altro, il depositario di tutte quelle caratteristiche considerate non Occidentali (e quindi negative) (Childs and Williams, 1997: 100).
Nella sua opera di decostruzione dell'immaginario orientalista sull'harem, Mernissi pone, invece, in un confronto diretto le rappresentazioni dell'harem, realizzate in Occidente e in Oriente. La prima eclatante differenza notata dalla sociologa marocchina è il fatto che mentre nelle pitture occidentali le donne dell'harem sono ritratte nude, passive e pronte a soddisfare tutti i desideri maschili, "in Oriente, la terra degli harem, gli uomini musulmani, arabi, persiani o turchi che siano, quando osano eludere il bando delle immagini e dipingere le dame dei lori sogni, fantasticano di donne assertive, dalla forte volontà e, imprevedibilmente mobili" (Mernissi, 2000: 135-6). Inoltre Mernissi sottolinea come la storia dei paesi islamici e arabi sia piena di racconti di ricchi sultani che amavano circondarsi delle concubine più istruite e abili in tutte le arti conosciute. La conclusione a cui giunge è che mentre nel mondo musulmano bellezza, intelligenza e intraprendenza sembrano andare di pari passo, nel mondo occidentale l'opposto pare essere vero. Dopo una serie di ricerche la scrittrice si dice convinta che deve esserci un legame tra la rappresentazione delle donne nell'harem come passive e vulnerabili e le raccomandazioni dei filosofi occidentali che le donne abbiano un accesso limitato alla conoscenza. Mernissi cita ad esempio l'invito rivolto da Kant(1960) alle donne di evitare speculazioni filosofiche troppo astratte e complicate, in quanto anche se possono riuscire nell'intento, ciò diminuirebbe la grande attrattiva che esercitano sugli uomini. Sarà forse anche per questo che un grande poeta come Edgard Allan Poe fa uccidere Sheherazade e, cosa ancora più inspiegabile agli occhi della Mernissi, fa morire l'eroina musulmana senza che questa opponga alcuna resistenza.
Inoltre, come già sottolineava Pepicelli su questo forum, Fatima Mernissi da tempo ci invita a riflettere sulla tirannia della "taglia 42", che definisce come "l'harem occidentale". Citando Bourdieu e Wolf, la scrittrice marocchina sostiene che codici relativi al corpo paralizzano le donne occidentali nella loro capacità di competere per il potere. Wolf (2002) nota che l'ossessione per la magrezza produce una personalità passiva, ansiosa e instabile mentre Bourdieu (1998) sostiene che la dominazione maschile pone le donne in uno stato di alienazione simbolica in quanto esse esistono prima e soprattutto attraverso lo sguardo degli altri.
Mernissi conclude che gli uomini occidentali sono stati molto abili nell'inventare un sottile mezzo di controllo sulle donne riassumibile come segue: se l'intelligenza è una prerogativa maschile, le donne che osano appropriarsene, perdono la propria femminilità. Secondo la giornalista francese che accompagna Mernissi nel suo tour europeo questa inconcepibile raccomandazione "Stai zitta e sii bella" pervade ancora la cultura occidentale. Mernissi commenta ironicamente che è molto felice che i leader fondamentalisti islamici non siano consapevoli di questi mezzi sofisticati di esercitare il potere sulle donne, altrimenti li userebbero certamente.
In questa analisi scritta nel 2000, Mernissi rivela un'acuta capacità di cogliere alcune delle contraddizioni più evidenti nel percorso di affermazione dei diritti delle donne in Occidente e sembra quasi anticipare quel"risveglio" di consapevolezza che è avvenuto recentemente in Italia, ad esempio con l'affermarsi del movimento "Se non ora quando?", preceduto da una serie di testi, video, siti web che hanno posto l'attenzione sulla sempre crescente richiesta alle donne, da parte della cultura odierna, di conformarsi al modello della showgirl, (o "velina" volendo usare un termine più attuale) per poter accedere a denaro e potere. ( 1 )
L'analisi di Mernissi appare particolarmente interessante anche perchè compie un'operazione che si potrebbe definire di "femminismo interculturale". Innanzitutto per una volta è la cultura occidentale e le sue radici a essere oggetto di critica da parte di donne appartenenti ad altre parti del mondo e non il viceversa.
Secondariamente, questo lavoro ha il pregio di andare a identificare e comparare le forme di subordinazione in cui le donne sono direttamente o indirettamente soggette in paesi e culture diverse attraverso lo strumento dell'ironia. Pena il rischio di qualche semplificazione, il pregio riconoscibile è quello della "leggerezza" e della possibilità di giungere ad un vasto pubblico.
Per concludere, vero è anche che in un dialogo tra femministe tra Oriente e Occidente, è importante non eccedere in semplificazioni, cadendo ad esempio nell'errore di ricreare le categorie che lo stesso femminismo post-coloniale ha criticato, quali le "donne musulmane" o le "donne occidentali". E' importante anche ricordare come fa Sandra Rossetti nel suo contributo su questo forum che il femminismo occidentale ha saputo andare oltre se stesso mettendosi radicalmente in discussione. Di fronte ai fenomeni descritti dalla Mernissi, la teoria femminista occidentale ha poi dato risposte diverse, anche in contrasto l'una con l'altra.
Alle già citate autrici che denunciano la mercificazione del corpo femminile nella cultura odierna, si affianca una corrente del pensiero femminista definita "sex-positive" che sulla base del principio della libertà sessuale vede nella libera scelta delle donne di utilizzare il proprio corpo, anche per ottenere denaro o potere, il segno di una raggiunta posizione di emancipazione. Fino ad arrivare alle posizioni, come quella di Judith Butler, che mettono radicalmente in discussione i concetti di maschile e femminile criticando una concezione del mondo fondata su un sistema binario uomini-donne.
Il dialogo è aperto.
Erika Bernacchi


Bibliografia
Bourdieu, Pierre. 1998. La domination masculine . Edition du Seuil.
Campani, Giovanna. 2009. Veline, nyokke e cilici. Femministe pentite senza sex e senza city . Odoya.
Childs, Peter and Patrick Williams. 1997. An introduction to Post-Colonial Theory . Hemel Hempstead:
Prentice Hall Europe.
Kant, Immanuel. 1960. Observations on the Feeling of the Beautiful and Sublime . London: University of
California Press.
Lipperini, Loredana. 2007. Ancora dalla parte delle bambine. Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore.
Marzano, Michela. 2010. Sii bella e stai zitta. Perché l'Italia di oggi offende le donne . Milano: Mondadori.
Mernissi, Fatima. 2000. L 'harem e l'Occidente . Firenze: Giunti.
Mernissi, Fatima. 1996. La terrazza proibita . Firenze: Giunti.
Pepicelli, Renata. 2010. Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme . Roma: Carocci.
Rhouni, Raja. 2010. Secular and Islamic Feminist Critique in the Work of Fatima Mernissi . Leiden, the
Netherlands: Brill.
Said, Edward. 1978. Orientalism . New York : Pantheon Books.
Wolf, Naomi. 2002. The beauty myth: how images of beauty are used against women . Perennial.
Zanardo, Lorella. 2010. Il corpo delle donne . Milano: Giangiacomo Feltrinelli editore