Quaquaraquà, quaquà, l’accento sulla a. Attacco provocatorio per contenuto urticante. Questo commento è dedicato a tutti gli elettori del PD di Renzi, quelli che si sono sentiti gratificati dal grande successo alle europee, e che stando ai sondaggisti (che si sa, sono noti bugiardi, ma influenzano molto la realtà e quindi dobbiamo citarli) a due mesi di distanza sono ancora di più e ancora più fiduciosi.
Per trovare un consenso così largo, bisogna risalire ai tempi della DC, ma quella degli anni Cinquanta. Eccoci di nuovo tutti al centro: quelli che erano di sinistra (e magari fingono di esserlo ancora), quelli che erano di destra (ma più di tanto non si può dire), e di sicuro tutti gli ex sostenitori di Monti, quelli antropologicamente più interessanti (?), perché tre milioni di liberali borghesi, colti e pure un po’ snob, non si erano mai visti, nella Terra dei Cachi: ora, a scanso di equivoci, sono tutti renziani.
Non c’è niente da dire, Matteo è un genio della politica (è ironico, giusto per chi legge per la prima volta questa rubrica); anzi, un mago.
Ci voleva una magia per fare vincere il PD: lui c’è riuscito, senza aggiungere una virgola sui contenuti rispetto a Bersani (o a Letta), solo facendo un grande “restyling”, una brillantissima operazione cosmetica. Tanti pare lo abbiano votato con questa motivazione di ordine superiore (“non abbiamo mai vinto”), purtroppo pure una mente brillante come Michele Serra.
In questa vittoria, Renzi è stato aiutato da Beppe Grillo, che ha trasformato le elezioni europee in un derby italiota. Adesso infatti va di moda lo scontro fra renziani e grillini, fra PD e M5S, che si fronteggiano a muso duro, confermando che tendenzialmente sarebbero tutti “di sinistra”, perché mai e poi mai si potrebbe assistere ad una feroce discussione fra un leghista, un berlusconiano e un ex di AN, diciamo un fratello d’Italia: infatti già si parla di un “rassemblement” (per la serie: “c’eravamo tanto amati”).
Improvvisamente, è svanito l’obiettivo di battere la Destra, di schiantare il Caimano e seppellirlo con tanto di lapide e messaggio ai posteri: mai più un ventennio come questo.
Questa, apparentemente, è la magia più grande di Renzi: uscire dal berlusconismo lentamente, in punta di piedi, in maniera “omeopatica”, per citare un’azzeccatissima espressione di Mentana, che è esattamente ciò a cui tanti come lui aspirano. Sempre vicini al Principe, ma senza mai scottarsi, e nemmeno spettinarsi un po’: da Craxi a Berlusconi, da Berlusconi a Renzi, e avanti fino al prossimo “guappo di cartone” (copyright: Marco Travaglio).
Povera Italia. Era già quasi rassegnata a morire berlusconiana (citiamo per la seconda volta il buon Corrado Augias, che oggi scrive che Berlusconi dovrebbe essere espulso dalla vita pubblica per “ovvie ragioni di decoro”, ma sei anni fa non si vergognava a
sperare nella voglia di Berlusconi di “diventare statista”, visto che aveva già ottenuto tutto ciò che voleva). Ora la Terra dei cachi si aggrappa a Renzi, per dribblare ogni esame di coscienza.
“Quante volte, figliolo?”, “Troppe, padre. Abbiamo votato Craxi, abbiamo votato Andreotti, abbiamo votato Berlusconi”. Ma con Renzi, è tutto a posto: con un paio di pateravegloria, si ricomincia come nulla fosse. Perché, se “’s’ode a destra uno squillo di tromba”, state sicuri, “a sinistra risponde uno squillo”: perfino gli ex comunisti, vecchi e nuovi (da Cuperlo a Orfini, da Violante ad Alessandra Moretti) e un pezzo di cosiddetta “sinistra radicale” (i compagni di Sel transfughi, compreso Claudio Fava, che delusione), si trovano a proprio agio nel nuovo corpaccione incolore, moderato, inerte, che vive di battute televisive e tweet (i vip), e di grandi categorie politiche come “non sopporto Grillo”, o “detesto i grillini” (gli elettori, cioè gli spettatori).
Paradossalmente, l’assoluzione di Berlusconi nel processo Ruby può essere più stimolante (per loro, per voi?) di una condanna: perché toglie di mezzo, per un po’ di tempo, i piagnistei dei vittimisti. Un Caimano piangente e “perdente” aiuta a dimenticare tutto, perché in fin dei conti siamo buoni e pronti al perdono. Ma invece il vecchio puttaniere orgoglioso, che punta ad una nuova candidatura, che risolleva l’ego non troppo ammaccato dalle visite ai vecchietti di Cesano Boscone, è più pesante da digerire (altro che “Maalox” ai perdenti: noi andiamo a letto sereni e digeriamo bene, con la rabbia ci siamo cresciuti, quando ancora Grillo vendeva gli yogurt e Casaleggio faceva i soldi sul nulla).
Sì, l’assoluzione può essere quasi più imbarazzante della condanna. Perché di Dell’Utri in galera, delle affermazioni (scontate) di Fede su Berlusconi “soldi e mafia, mafia e soldi”, o della trattativa Stato-mafia, non vuole parlare nessuno.
Invece “Ruby nipote di Mubarak” se la ricordano tutti. In fin dei conti, il Caimano ex Sultano poteva anche avere tutto l’harem che voleva: gli italiani fanno la prima comunione e battezzano i figli, ma sono (siamo) tutti uomini di mondo. Però, siccome nessuno, nella terra di Machiavelli, vuole passare per cretino, ecco che quell’ignobile fregnaccia votata dal parlamento (il punto più basso della Repubblica, a livello di serietà) è davvero dura da mandare giù. Anche per i fan più sfegatati di Renzi, o per gli ex fan dell’ex Cavaliere (che in parte – un paio di milioni – coincidono).
No, l’assoluzione non sposterà la politica di un millimetro. E d’altra parte, con una certa spudoratezza, Renzi l’ha riconosciuto: “avanti con il patto anche in caso di condanna”.
Al di là delle famose riforme istituzionali, è quasi certo che nel patto del Nazareno Renzi abbia rinnovato la promessa rivelata una quindicina di anni fa da Violante in parlamento: nessuno toccherà l’impero Mediaset (cioè il mostro duopolistico Raiset), nessuno farà la legge sul conflitto di interessi, mille volte promessa e già sparita nella fitta agenda di governo del Matteo nazionale.
E dopo il 41 per cento, vigliacco se un giornalista abbia ricordato a Renzi la sua promessa pre-elettorale, fatta giusto per tamponare l’effetto scandalo del Mose e dell’Expo: “stiamo per ripristinare il falso in bilancio e cambiare la legge sulla prescrizione”. Nella turbo-politica del nuovo Principe, in due mesi abbondanti da quell’impegno solenne e urgente, non si è visto un bel niente.
Oddio, in realtà non si è visto niente praticamente su nessun fronte.
“Giovani, carini e disoccupati”, i renziani, ché davvero uno si chiede cosa facciano dalla mattina alla sera, visto che sembrano indaffaratissimi (a parte provare a far passare le loro pessime – eufemismo - riforme costituzionali).
E vorrebbero pure dipingere gli altri come conservatori, questi gattopardi col tocco morbido, questi galleggiatori sul disastro Italia, questi finti progressisti, questi furbi ammiccanti.
Se Renzi rappresenta la speranza, il cambiamento, allora voi che l’avete votato, se ancora lo sostenete, siete i nipoti di Mubarak.
Cesare Sangalli