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Fabrizio Lo Russo
SANTA MUERTE
Patrona dell’umanità


“Non si può raccontare il Messico, si può solo credere nel Messico. Con amore e con rabbia ma soprattutto con totale abbandono”. (Carlos Fuentes)
Un’immensa varietà di razze, culture, lingue legate da un filo comune: la Mexicanidad, una sorta di “filosofia del vivere”, poggiata su radici molto antiche e profonde e su un grande attaccamento alla propria memoria. Tutte cose di cui forse altrove si è un po’ persa traccia e di cui si sente la mancanza e che qui invece sono il quotidiano.
A un primo impatto, per chi viene da fuori, per lo straniero, può sembrare tutto magico o surreale. Ma è solo una impressione superficiale, tanto che secondo la convinzione di alcuni intellettuali locali, se Kafka fosse vissuto a Città del Messico, avrebbe fatto il cronista di un giornale locale….
È un paese di grande spiritualità e religiosità, ma anche il luogo della fisicità estrema, dei grandi paradossi, dei grandi contrasti, siano essi della natura come della storia.
Il più evidente dei paradossi è probabilmente rappresentato dal culto dei morti e della Morte.
Dal 2 novembre, Dia de Los Muertos (dal 2007 patrimonio dell’Unesco), in particolare nel Michoacan, nelle strade, fra scheletri di cartapesta o di giunco appesi ai lampioni e alle finestre, si mangiano dolcetti a forma di teschio e ci si scambiano promesse d’amore regalandosi piccole bare di zucchero.
Poi tutti al cimitero addobbato come per un matrimonio, e sulle tombe apparecchiate si consumano i cibi preferiti del caro estinto, naturalmente senza mai smettere di cantare e ballare.
«La Morte, la santa scarnificata, dispensa fede e speranza a milioni di devoti in America. Ogni giorno da nord a sud, la falce dell’instancabile Santa Muerte si innalza lucente dall’altopiano di Città del Messico, (…) lo fa con giustizia e ispirazione profondamente democratiche.
Ricchi e poveri, donne e uomini, giovani e vegliardi finiscono per accompagnarla senza discriminazioni. Una madre terribile coperta di una lunga tunica che lascia intravedere solo i piedi, il teschio e le ossa delle mani che reggono il mondo, una bilancia e una falce.»
Non è semplice spiegare come mai una culto così particolare e controverso si sia tanto diffuso.
Di sicuro la Chiesa Cattolica ha perso il suo tradizionale monopolio sul controllo delle anime e degli affari religiosi. E questo forse perché ha sempre combattuto qualsiasi espressione culturale dissidente.
Ma in Messico sopravvivono stratificazioni religiose che danno luogo a mescolanze solo in apparenza superficiali, per cui l’invasamento per la Vergine di Guadalupe inevitabilmente si intreccia con l’anima indigena, per fortuna mai perduta. E infatti le pie donne, appena uscite dalla messa nella Cattedrale Metropolitana, si intrattengono volentieri con gli sciamani vestiti solo di piume variopinte, per una diversa, ma molto sentita ulteriore benedizione. Pura Mexicanidad.
Qualcuno , forse senza esagerare, sostiene che un cristiano vero e proprio in Messico non esiste.
Quella della Santa Muerte non è una teologia coerente e articolata, piuttosto una serie di suggestioni di varia provenienza unificate dalla figura misteriosa e ipnotica della Santa. Madre soprattutto delle fasce più disagiate della società perché forse fornisce quelle risposte alle istanze di carattere sociale e morale che la religione tradizionale ha iniziato a trascurare.
Interessante è notare come si è sempre cercato di denigrare chiunque solo ne parlasse, sia a livello ufficiale che di chiacchiere di strada: magia e stregoneria, superstizione per reietti e disperati, vudù importato da profughi cubani, ma soprattutto la Santa dei Narcos.
Film, studi sociologici e criminologici, giornali e televisioni si sono aggrappati a episodi (per altro reali e spesso particolarmente efferati) per relegare il tutto a fenomeno di contorno alle tragiche e delittuose vicende dei vari Cartelli della droga i cui affiliati ne erano devoti (come se Santa Rosalia fosse la santa della Mafia a causa della devozione di Riina e Provenzano)
Invece il fenomeno è molto più articolato, e per questo spaventa. Perché è il culto popolare messicano che più è cresciuto dagli anni novanta a oggi.
«Un soffio di speranza nella dignitosa ma difficile esistenza della maggioranza della popolazione, che la ama spasmodicamente, la Ninã Blanca, la Hermosa, la Flaca o Flaquita, la Hermana Blanca, la Patrona, la Señora de Luz, la Bonita, la Santissima Muerte.
Con affetto e confidenza milioni di fedeli,(almeno cinque secondo le stime più prudenti) dal Messico agli Stati Uniti, in tutto il centro America fino alla Colombia e all’Argentina la invocano nelle loro preghiere e lei appare e consola, anche se la portentosa vita della Santissima Muerte dentro le case, nelle anime e per le strade del Messico appare ancora un enorme mistero».


Michele Castelvecchi

Fabrizio Lorusso
SANTA MUERTE
Patrona dell’umanità
Ed. stampa alternativa
€ 15,00