Femminile Plurale

 

A che punto siamo con il Post-Patriarcato?


Ci sono parole che sembrano fatte apposta per farci avvertire qualcosa d’inquietante, come il tempo che stiamo vivendo, incapace a definirsi nel presente ma desideroso di futuro. Il senso della parola “post-patriarcato” è quello di annunciare un tempo finito, che non è più quello di una volta, nella consapevolezza che le definizioni esistenti non sono per nulla rassicuranti: società del rischio, amore liquido, non-luoghi. Fatto sta che al predominio maschile è venuto meno il credito femminile: che cosa ne è seguito? La discussione è aperta.
Nel mio ultimo libro sostengo che il Post - patriarcato sia una prospettiva da agire fino in fondo, in cui l’autorità femminile diventi l’antidoto di un individualismo che annienta (Post – patriarcato. L’agonia di un ordine simbolico, Aracne, Roma 2015.)
E’ un discorso che utilizza almeno due registri di senso: quello politico, ponendosi in continuità/discontinuità con il femminismo storico e quello dell’analisi del mutamento sociale, che attraversa la nostra epoca. C’è soprattutto una convergenza tra il post-patriarcato e la crisi della modernità, intesa non come fase successiva ma come transizione in corso. Il Post-patriarcato è campo di tensione, in cui gli stessi passi avanti sono inghiottiti da rovesciamenti di significati. E’un’immagine di distruzione ed è un altrove. E’decentramento, instabilità, precarietà esistenziale, sgretolamento delle relazioni sociali, è l’insieme di tutti questi sintomi di un mondo che frana, ma è anche un insieme di passaggi al nuovo, basti pensare alla crisi del maschile come gioco del rovescio, al fattore “D” nel mercato e ai suoi effetti deleteri, paragonabili a una sorta di dialettica dell’illuminismo. Tutto ciò farebbe globalmente pensare alla libertà femminile, come evento avvenuto nella storia e clamorosa smentita dell’universalismo. Ma non basta. Occorre lanciare nuove sfide: la riformulazione della democrazia, il reddito di autodeterminazione, i tasselli di una messa in discussione del sistema economico attuale parallelamente al diffondersi dell’autorità femminile come valore di scambio e reciprocità, alternativa al potere maschile. Insomma l’inizio del post- patriarcato è il presente.
Nel presente i fraintendimenti e gli usi strumentali messi in atto sul finire del patriarcato servono proprio a domare la sovversione innescata dal femminismo. Le discriminazioni vecchie e nuove, i messaggi fittizi di libertà, la standardizzazione dei desideri, usati come ricavi di profitto. Sono tutte retoriche dietro le quali si nasconde la ristrutturazione del capitalismo, il neoliberismo. Ecco rispetto al solo annuncio della fine del patriarcato, di più vi è questo intreccio: la genealogia femminista e il neoliberismo. Dunque il paesaggio si allarga, si popola di andate e ritorni, del paternalismo di un’inclusione differenziale, di vuoti non sostituiti, transizioni mai compiute, violenti rovesci. Dentro il neoliberismo si gioca la possibilità che il capitalismo si proponga quale nuova antropologia universale, che è poi il rovescio di qualunque femminilizzazione. Il paesaggio è dunque abitato da detriti e rovine, ma anche da ciò che da essi può risorgere. Che cosa può dire, allora, d’innovativo il femminismo sul canone neoliberista? Ovvero sulla coincidenza tra plusvalore e potenzialità generative delle donne? Occorrerebbe uno sfondamento intellettuale, capace di marginalizzare la semantica neoliberale e, così, di guadagnare un altro punto di vista. Ci sono percorsi di soggettività femminile, ad esempio, al di fuori del nostro contesto, che vanno ben di là della libertà femminile storicamente determinata, rendendo il post-patriarcato ancor più convulso e contraddittorio. Un tempo che si nutre di crisi: da quella dell’identità maschile a quella del mondo occidentale, dovuta alla potente intrusione femminile nella cartografia del potere, un’intrusione così potente da scompaginare tutte le
differenze legate ai corpi e alle sessualità. La stessa violenza sessuale non è che una scoria in questa caotica contemporaneità.
Post - patriarcato e neoliberismo, dunque, come concorrenti di una possibile riduzione dell’umano a merce, di una de-soggettivizzazione delle donne ridotte a risorsa del mercato, di una femminilizzazione della società che si trasforma in mascolinizzazione del femminile, come in una sorta di contaminazione sistemica.
L’attitudine femminile all’oblatività, infatti, è estesa a donne e uomini nel neoliberismo post-patriarcale, e, tra le rovine lasciate dal femminismo stesso, vi è proprio la complicità con il maschile. Un meccanismo di sistema che ritorna e che ci permette di consapevolizzare che la crisi non può essere pensata come solo prodotto del modo di stare al mondo degli uomini. Si tratta di un dispositivo che rimodella continuamente i rapporti da decostruire in modo critico. Occorre una nuova semantica per la messa in discussione dei poteri economico-sociali, per stabilire i nessi tra grandi mutamenti: soprattutto quelli che indirizzano la modernizzazione in un’epoca post-globale, quelli che distruggono alle radici il prendersi cura diretto della vita degli altri, che della storia delle donne è il lascito più prezioso, e che rischia di essere vanificato dalla sussunzione nel neoliberismo. E’sorprendente il combinato disposto tra il cambio di passo impresso al mondo dal femminismo e il cambio di passo che il canone neoliberista, in incubazione negli stessi anni, ha impresso alla società. Sorprendente è, soprattutto, come l’aspirazione delle donne a superare lo stato oggettivato, cui le riduceva il maschile, si sia connessa con la perfomance neoliberale a oggettivare il capitale umano, come la mossa di libertà rispetto al proprio corpo si sia connessa con la sottrazione simbolica del corpo da parte del bio-potere. Per fare solo un esempio: continuiamo a chiedere pari opportunità, argomentando discriminazioni di genere e quant’altro, senza preoccuparci di santificare al contempo la trasformazione post-democratica e post-costituzionale dell’ordinamento giuridico.
E’come se le sconnessioni dal post-patriarcato favorissero le collusioni col neoliberismo. La riflessione femminista deve aprire una nuova fase, poiché il tanto evocato “altrove” è del tutto diverso da qui, dove siamo. E’il guadagno di uno spazio per un nuovo punto di vista: fino a quando non ci saranno donne in movimento non ci sarà politica, tanto meno femminista.
Irene Strazzeri