Il Fatto del Mese

 

IL FATTO DELLA SETTIMANA


Stavolta il criterio per la scelta della notizia è inverso: un titolo clamoroso che visto da vicino si smonta in gran parte. Parliamo della richiesta di rinvio a giudizio per Nichi Vendola, presidente della regione Puglia nonché leader di SEL, con l’accusa di concussione aggravata.
La notizia, che ha avuto in generale il giusto spazio (né troppo, né troppo poco) è stata subito sommersa dai commenti, almeno sui giornali di destra. Il filo conduttore era : come ti sei permesso, Vendola, di fare il moralista con ministri e, da ultimo, con i sottosegretari, quando ora c’è una richiesta di imputazione nei tuoi confronti? La tesi è un classico italiano: dal momento che tutti hanno problemi con la magistratura, nessuno si può ergere a giudice, i berlusconiani sono come gli antiberlusconiani, la sinistra è come la destra, e via di seguito.
Questo è il taglio qualunquista (“rubano tutti, sono tutti uguali”). Poi c’è quello sedicente “garantista” (nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio).
“Altrevoci”, al di là delle simpatie esplicitamente espresse nella rubrica “W l’Italia” per il leader pugliese e per Sinistra, Ecologia e Libertà, segue un’altra strada, diametralmente opposta, sulla base di considerazioni molto semplici, anche se possono sembrare paradossali: Vendola da questa storia esce rafforzato. Vediamo perché.
E’ la terza volta che il governatore pugliese ha a che fare con la giustizia. E per la terza volta (“tre coincidenze fanno un indizio” diceva Agata Christie) non ci sono di mezzo soldi (come in realtà farebbe pensare l’accusa di concussione – “aggravata” addirittura).
La prima volta si parlò di “abuso di potere” per aver riaperto il bando di concorso per permettere ad un medico illustre, stimato da tutti, di diventare primario all’ospedale di Bari. Richiesta di giudizio archiviata.
La seconda volta, sempre per abuso di potere, per essere intervenuto in un contenzioso fra un ente religioso che aveva una casa di cura convenzionata e la regione Puglia. Uno si leggeva tutto l’articolo del cronista (in questo caso “l’Unità”) e non capiva davvero in che cosa consisteva l’accusa. Richiesta di giudizio archiviata.
Ora la faccenda riguarda la gestione del caso Ilva, la triste faccenda dello stabilimento siderurgico a Taranto. Fonte per noi fin dall’inizio: “Il Fatto Quotidiano”, che reputiamo uno dei migliori giornali d’Italia, se non il migliore (giudizio che nella rubrica abbiamo esteso a Marco Travaglio). Il cronista è Antonio Massari. Prima esplode il caso delle telefonate fra Vendola e Archinà, responsabile delle relazioni esterne della potente società posseduta dalla famiglia Riva.
Titoli clamorosi, si accenna a contenuti espolisivi. Poi uno si ascolta la telefonata, e Vendola ci fa una bruttissima figura: pavido, accomodante, pronto a ironizzare sul povero cronista locale che voleva fare una domanda sulle morti di cancro (ma certo Vendola non rideva della malattia, come qualcuno ha scritto).
Però non c’era nient’altro. Passa un po’ di tempo ed esce un articolo, ripreso anche da “Repubblica”, su tutte le intercettazioni, bobine su bobine di telefonate di Vendola e altri, che si dice siano clamorose, e poi si scopre di nuovo che non c’è un bel nulla.
Arriva il fatidico avviso di garanzia,e “Il Fatto” di nuovo spara il titolone. Nell’articolo, la più grave forma di “concussione” (Vendola avrebbe esercitato pressioni per ammorbidire la valutazione dell’inquinamento dell’Ilva) è quella di aver fatto fare una lunga anticamera ad Assennato, dirigente dell’ARPA, l’ente preposto ai controlli dell’inquinamento.
Ora, noi che siamo cresciuti con Tangentopoli, abbiamo imparato che la concussione era l’altra faccia della corruzione : il politico che chiede soldi in cambio di qualsiasi cosa commette il reato di concussione. Ovvero, il potente che esercita pressioni indebite per ottenere un favore personale (esempio: Berlusconi che fa liberare Ruby dalla Questura usando il potere di un presidente del consiglio) . Ma ancora una volta, non c’è il minimo accenno a tangenti o a favori personali, né si capisce quali siano state le pressioni.
Passano un po’ di mesi, e, a conclusione dell’indagine, i pubblici ministeri chiedono che Vendola sia processato. Altro articolo del “Fatto”, e di nuovo non c’è un solo elemento in più; il cronista Massari ritira fuori la storia dell’attesa fatta fare ad Assennato, quasi un “copia e incolla” del pezzo scritto al momento dell’avviso di garanzia. Nei titoli e nei sommari si citano gli altri reati contestati ad altri soggetti, compreso l’”associazione per delinquere” e il “disastro colposo” , e il lettore distratto li mette tutti insieme, come se riguardassero Vendola.
A questo punto, noi ci aspettiamo per la terza volta l’archiviazione da parte del giudice. E sempre dal nostro modesto punto di vista, se in circa dieci anni da governatore e venti da politico di livello nazionale, non si è trovato altro che questo, be’, Vendola dev’essere proprio una persona onesta.
Che il governatore abbia moltissimi nemici e pochissimi amici nel mondo che conta lo si era capito da tempo. Sia da chi lo voleva fare fuori al termine del primo mandato ( a partire da Massimo D’Alema, padrino politico di Francesco Boccia, sconfitto due volte alle primarie, prima di sposare Nunzia De Girolamo, fino a Michele Emiliano, poi rientrato nei ranghi) , sia dalla stampa “amica” che non gli riconobbe nemmeno il merito di aver promosso il referendum sull’acqua bene pubblico (Norma Rangeri, direttrice del “Manifesto”, il giorno dopo quell’insperato successo, scrisse che il vero vincitore era Antonio Di Pietro, che il secondo referendum sull’acqua, quello sulla “non remunerazione del capitale”, non l’aveva nemmeno sottoscritto).
E qualcuno di voi sa che l’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Europa, citato per 30 anni come esempio della mala gestione pubblica, è in attivo negli ultimi anni (notiziola di poche righe nelle pagine economiche di “Repubblica”), ed è stato gestito al meglio dalla regione che possiede il 99 per cento delle azioni (se avesse vinto Fitto e il centrodestra, lo avrebbe privatizzato, vendendolo quasi sicuramente ai Caltagirone)? Pensiamo proprio di no. Il tempo è galantuomo,e forse fra qualche tempo si capirà perché sarebbe stato meglio far vincere Vendola invece che Renzi alle primarie di coalizione (che non c’è più)del 2012.
Cesare Sangalli