Il Fatto del Mese

 

I “Mastellas”: il fascino discreto della raccomandazione


Più che un procedimento giudiziario, quello a carico di Clemente Mastella e della moglie Sandra Lonardo sembra una telenovela del potere, un (brutto) serial che coincide con un bel pezzo di storia d’Italia, e per questo merita di essere raccontata.
Partiamo dall’accusa, che è davvero emblematica: per il PM di Napoli, Mastella e signora erano ai vertici di un partito, l’UDEUR, da considerare un’“associazione a delinquere”, organizzata per commettere “una serie indeterminata di reati contro la Pubblica Amministrazione”.
E’ il passaggio che mancava nella deriva della partitocrazia, termine coniato più o meno una quarantina di anni fa. Mastella li ha cavalcati tutti, e forse nessuno più di lui rappresenta antropologicamente il politico della Prima Repubblica che sopravvive a tutto e a tutti, degno allievo del maestro Ciriaco De Mita, di cui fu a lungo un fedelissimo portaborse.
Classe 1947, laureato in filosofia, generazione sessantottina ma versante cattolico e quindi democristiano, Mastella entra da raccomandatissimo alla RAI, nel 1976, presunto giornalista. I colleghi redattori protestano, ma lui li apostrofa: “c’è forse qualcuno qui dentro che entrato per concorso?”.
La DC, soprattutto al Sud, ha sviluppato quello che è probabilmente il più raffinato sistema di clientelismo della storia politica mondiale. Un sistema che sapeva accontentare quasi tutti, in grado di vincere e stravincere senza mai maltrattare gli avversari, un sistema che mantiene sempre un doppio e triplo binario, una soluzione B e anche C per cavarsela in ogni situazione possibile immaginabile.
“Il Centro della politica – spiega Mastella – non è un luogo astratto, ma è un progetto per il futuro, un'idea, un percorso, un metodo, una storia, un'identità”. I richiami ideologici, i valori irrinunciabili, devono essere sfumati, quasi inesistenti. Al massimo si fa riferimento alla religione, che rinvia al post mortem ogni discorso un po’ più impegnativo. L’importante è tenere sempre presente “la famiglia”, massimo valore cattolico, almeno in Italia.
Chiunque può trovare un appoggio “al centro”, perché tutti prima o poi abbiamo bisogno di una mano, di un aiuto, di un favore, che in fin dei conti chiede solo di essere ricompensato con il voto: d’altra parte papa Paolo VI, non meno santo di Woytila, non diceva che “la politica è la più alta forma di carità”?
Questa era la grande forza della DC, che ha costruito (e poi rovinato) l’Italia a sua
immagine e somiglianza: grande nella virtù, grande nel peccato, e ai posteri l’ardua sentenza.
Dice qualche nostalgico: quelli dopo sono stati peggio. Il che è vero a metà. Perché Berlusconi e suoi sodali sono cresciuti nella fase finale della Prima Repubblica, e ne hanno solo accentuato i vizi.
Se l’ineffabile socialista Giuliano Amato osò parlare di “continuità” fra lo Stato fascista e la Repubblica democratica, con qualche buona ragione, ma con enormi torti, figuriamoci se possiamo fare finta di non capire che questa Italia alla deriva è figlia diretta di quella degli anni Ottanta.
Di sicuro, la propensione criminale con Berlusconi e soci ha fatto un salto di qualità, nel senso che è più sfacciata, più spudorata. Mastella, ministro della Giustizia nell’ultimo governo Prodi, probabilmente non avrebbe mai definito “eroe”il mafioso Mangano. Però faceva il testimone di nozze del mafioso Francesco Campanella, esponente giovanile dell’UDC di Totò Cuffaro.
Mastella e la moglie, l’avvenente Sandra Lonardo, hanno l’aria di gente tranquilla, e anche noi abbiamo abboccato, quando lo abbiamo definito “innocuo” nel 2006, appena nominato da Prodi a via Arenula.
In realtà, sotto il faccione pacioso, dietro i modi gentili e amabili di buon cattolico, Mastella sapeva chi e come colpire. Se ne accorse De Magistris, quando con l’inchiesta “Why not” stava scoperchiando uno dei tanti filoni del malaffare, in questo caso quello della formazione appaltato al signor Saladino, altro cattolicissimo di Comunione e Liberazione, versione calabrese.
Indagato, sanzionato e trasferito, De Magistris si sta prendendo le sue rivincite da sindaco di Napoli, la stessa carica a cui ambiva Mastella. Lui, la moglie e tanti altri esponenti della galassia centrista, ormai sono ridotti a cercarsi un rifugio politico per non finire in galera.
“La DC non si processa”, hanno strillato per anni, e in qualche modo hanno avuto ragione.
Ma, al di là degli esiti processuali, l’imputazione dell’UDEUR certifica la parabola finale di quello che fu un grande partito di massa, penosamente sostituito da Forza Italia: da forza politica trainante a comitato d’affari, e da comitato d’affari ad associazione a delinquere.
Cesare Sangalli