Il Fatto del Mese
FIFA e arena (ovvero: anche Platini tiene famiglia)
In pieno mondiale di calcio, la notizia viene quasi da sé, e in effetti ha avuto un discreto spazio su tutti i media: il Qatar avrebbe ottenuto l’assegnazione dell’edizione 2022 della Coppa del Mondo corrompendo molti delegati FIFA, in particolare quelli delle federazioni africane.
A noi italiani, abituati ormai ad un ritmo quasi quotidiano di scandali per tangenti, la cosa non è sembrata così sconvolgente. Diciamo che la davamo quasi per scontata. In effetti, la storia dell’assegnazione dei mondiali di calcio, così come l’elezione dei presidenti FIFA, è una lunga trama di storie poco edificanti che dura da svariati decenni.
Era un segreto di Pulcinella, per esempio, che i mondiali del 2006 dovevano essere assegnati al Sudafrica, ma all’ultimo istante vinse la Germania, in modo poco pulito: il rappresentante dell’Oceania parlò chiaramente di “pressioni” ricevute per astenersi. La cosa strana è che lo ha ricordato nei giorni scorsi il presidente della FIFA, lo svizzero Joseph Blatter, eletto per quattro volte consecutive al vertice dell’impero mondiale del pallone, uno che più discusso di così non si può.
Il fatto è che Blatter, che fa della spregiudicatezza la sua arma principale, sta cercando di utilizzare lo scandalo rivelato dal “Sunday Times” (ma prima ancora da “France Football”, e in Italia in particolare dal “Fatto Quotidiano”)) a suo vantaggio (!), cioè per indebolire la candidatura di Michel Platini alla presidenza FIFA (nel 2015 si rinnova il mandato) e puntare così alla quinta rielezione, ovviamente dopo aver garantito che avrebbe lasciato la poltrona al grande campione transalpino (attuale presidente dell’UEFA).
Michel Platini, anche se ha smentito seccamente ogni coinvolgimento, sembra esserci dentro fino al collo. La storia risale ad una cena a tre all’Eliseo, fra Platini, l’allora presidente Sarkozy e l’emiro del Qatar Al Thani , proprio alla vigilia dell’assegnazione dei mondiali (dicembre 2010).
Pochi mesi dopo, l’emiro si innamora della Francia: acquista il Paris Saint Germain, poi compra i diritti televisivi del campionato francese, ma soprattutto nomina il figlio di Platini ai vertici della “Qatar Sports Investements”, il fondo sovrano qatariota, con capacità finanziarie enormi, guidato dallo stesso figlio dell’emiro.
Un conflitto di interessi clamoroso, quello di Platini, che mette in forte discussione la sua integrità morale. Le ricadute sulle prossime elezioni del nuovo boss della Fifa si vedranno presto.
Fra gli alti papaveri implicati nello scandalo, c’è il mitico Jack Warner, a lungo braccio destro di Blatter, partito dalla presidenza della federazione calcio di Trinidad e Tobago (!) e arrivato fino alla vicepresidenza mondiale. La prima volta che sentimmo parlare (malissimo) di Jack Warner fu a Paramaribo (Suriname) nel 1997, nel corso di una lunga intervista al padre del calciatore Ruud Gullit.
Diciamo che a pensare male dei vertici FIFA non solo ci si azzecca, ma non si fa nemmeno peccato. La scelta del Qatar era e resta scandalosa: non solo per come è stata ottenuta, e non tanto per la quasi certa impossibilità di giocare d’estate (anche se si era accennato alla demenziale idea di stadi con l’aria condizionata) . No, la vergogna che doveva impedire l’assegnazione era ed è la condizione dei lavoratori stranieri nella petromonarchia araba; gli immigrati sono gli schiavi moderni che dovrebbero costruire infrastrutture e impianti del più grande avvenimento del mondo insieme alle Olimpiadi.
L’estate scorsa, proprio nel periodo della “Confederation Cup” in Brasile e delle clamorose proteste dei brasiliani contro gli sprechi per l’organizzazione della Coppa del Mondo, fu un altro quotidiano inglese, il “Guardian”, a mettere in risalto la serie allucinante di morti sul lavoro, per le fatiche bestiali ed il caldo. Tutti immigrati di paesi asiatici poveri e deboli, come il Nepal, lo Sri Lanka, le Filippine (ma anche India e Pakistan). Lo abbiamo scritto nella newsletter di “altrevoci”del giugno 2013, parlando anche di altre gravissime violazioni dei diritti umani nel modernissimo e ricchissimo Qatar. Togliere i mondiali al piccolo regno sul Golfo Persico diventa a questo punto una priorità, anzi, un dovere morale.
Magari aiuterebbe riparlare del precedente più vergognoso di tutti, in epoca moderna: i mondiali in Argentina del 1978.
Come si legge nel bellissimo “Splendori e miserie del gioco del calcio” (“El futebol a sol y sombra”) dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano, ricordato in questi giorni sul profilo di Fiorella Mannoia, i mondiali del 1978 furono gestiti in prima persona dall’ammiraglio Carlos Alberto Lacoste.
All’epoca 49enne, massone, fascista, militare di lungo corso, Lacoste era il cognato di Videla, massima autorità della giunta militare argentina (morto recentemente, dopo aver scontato in galera gli ultimi anni per crimini contro l’umanità). Lacoste guidava il comitato organizzatore della Coppa del Mondo : una montagna di denaro pubblico che l’ammiraglio gestì a piacimento, arricchendosi in modo spudorato, con metodi mafiosi e totale impunità.
Ai giornalisti di mezzo mondo, trattati con ogni riguardo, Lacoste fece vedere un Argentina organizzata ed efficiente, secondo i dettami della società americana a cui aveva affidato la campagna di promozione. I media nostrani abboccarono in massa, non si ricorda un solo giornalista che uscì dal coro unanime di elogi, mentre a pochi metri dagli stadi migliaia di argentini venivano sistematicamente torturati e uccisi.
Carlos Alberto Lacoste nominò Grondona, bersaglio per anni degli insulti di Maradona (un uomo libero, con tutti i suoi errori, in un mondo di burattini) a capo della Federcalcio argentina.
Per i servizi resi alla comunità pallonara, Lacoste, questo spregevole individuo, morto dieci anni fa a 75 anni, fu nominato nel 1980 vicepresidente della FIFA..
Domanda: com’è possibile che con la visibilità che ha il calcio (la finale dei mondiale è di gran lunga l’evento più visto su tutto il pianeta) queste storie siano costantemente oscurate?
Vediamo se ancora una volta i ricchi e i potenti la faranno franca sulla pelle dei deboli e dei poveri, anche se, c’è da scommetterci, saranno in tanti ad usare la carta del “primo mondiale giocato in un paese del Medio Oriente”, contrapposto al mondo occidentale in chiave terzomondista.
Blatter ci campa da una vita, su questi stereotipi, e Platini (che rimane comunque
un’alternativa migliore allo svizzero) ha imparato il mestiere alla svelta.. Godiamoci gli splendori del gioco più bello del mondo, ma non scordiamoci mai le sue miserie.
Cesare Sangalli