Il Fatto del Mese

 

Un calcio Diabolik (fascista, criminale, ammanicato)


Parliamo ancora di calcio. L’onda lunga dei mondiali in Brasile non si è esaurita: in questi giorni si cerca di “rifondare” per l’ennesima volta il football made in Italy.
Fra un pronostico sul nuovo allenatore della Nazionale e l’allucinante sparata razzista del candidato alla presidenza della FGCI, Tavecchio (che la dice lunga sulla classe dirigente italiana, in continuità totale con le terrificanti cazzate di Matarrese – vedi “Stadi chiusi e bocche aperte” in archivio -), c’è una notizia che è passata via fra le altre: il sequestro del patrimonio del capo ultrà della Lazio Fabrizio Piscitelli, detto “Diabolik”.
Una notizia non sensazionale, in un paese come l’Italia: Piscitelli era già in carcere da qualche mese per traffico internazionale di droga. In pratica si è scoperto che il tipo era piuttosto benestante, anche se risultava povero in canna: anche qui, niente di inedito, nella terra con la più alta evasione fiscale dell’Europa occidentale.
A rendere particolarmente interessante la notizia sono i risvolti, sia generali che particolari. E’ sui risvolti che i media italiani risultano quasi sempre deficitari. Basta un giro su Internet per vedere che la notizia è apparsa in maniera quasi identica un po’ su tutte le testate (dal “Corriere” al “Fatto”), tanto nella versione cartacea che su quella “on line”.
Ma cercando un po’ meglio, incrociando nomi che sembrerebbero non collegati fra di loro, emerge la mostruosa “normalità” italiana. Ripartiamo da “Diabolik” Piscitelli. E’ considerato il fondatore degli “Irriducibili” (1987), il gruppo più violento della curva laziale, da sempre vicina agli ambienti di estrema destra (come la maggior parte delle curve italiane).
Nella versione ufficiale, Piscitelli e soci si arricchiscono con il mercato dei gadget del tifo. Però salta fuori che il sito degli Irriducibili venne registrato a suo tempo da Stefano Andrini, un nome che non dice molto fuori da Roma. Mentre è un po’ più conosciuto quello di Gennaro Mokbel, faccendiere ed estremista di destra, in carcere per la colossale truffa Telecom-Fastweb, non fosse altro perché qualche settimana fa hanno ucciso in un agguato il suo cassiere, Silvio Fanella, e scoperto una parte (spettacolare) del suo tesoro.
Ecco che il puzzle comincia a comporsi. Andrini è un ex picchiatore fascista, condannato per tentato omicidio molti anni fa. Incredibile ma vero, fu nominato dall’amico Gianni Alemanno a dirigere l’Ama, la municipalizzata dei rifiuti di Roma, che è diventata, con altre municipalizzate (come l’Atac, trasporto pubblico) un ricettacolo di ex (?) fascisti ad alta propensione criminale (povero Ignazio Marino, chiamato a governare la Città Eterna).
Andrini porta voti a Di Girolamo, ex senatore di AN, con residenza fittizia a Bruxelles, e lo fa eleggere con l’aiuto del fu Mirko Tremaglia, l”eroe” del voto agli italiani all’estero.
Di Girolamo garantisce il riciclaggio di denaro procurato da Mokbel: quello della truffa Telecom-Fastweb, ma anche quello della ’n drangheta, che considera il politico “uno schiavo” (il termine è di Mokbel).
Dal canto suo, Fabrizio “Diabolik” Piscitelli è legato al boss della camorra residente a Roma Michele Senese. Nel giro vorticoso si segnalano anche contatti con esponenti della Banda della Magliana e con Dell’Utri. E fra i politici collegati, c’è Augello, grande sostenitore di Renata Polverini. Si potrebbe citare anche l’avvocato Colosimo, difensore dell’imprenditore romano Danilo Coppola, uno dei “furbetti del quartierino”. Ma a questo punto rischiamo di perderci nell’elenco dei nomi e dei collegamenti.
Andiamo quindi al risvolto generale, ripartendo dal calcio. Gli ultrà sono un naturale serbatoio di voti, nonché manovalanza usata a scopi politici, soprattutto a Roma. La destra (AN, PDL) se ne serve spudoratamente. Gli ultrà alimentano un circuito che è palesemente contiguo alla criminalità organizzata. La loro impunità (ricordate il derby Roma-Lazio sospeso, pensate alla trattativa con “Genny ‘a carogna” nell’ultima finale di Coppa Italia) deriva in primis dall’impunità dei referenti politici, che hanno agganci solidissimi nelle forze dell’ordine. Un intero pezzo dello Stato.
Ecco perché il calcio italiano non cambia mai, ecco perché è come se godesse dell’extraterritorialità, a scapito di tanti tifosi e a scapito di tanti cittadini che al calcio sono poco interessati (per esempio, la stragrande maggioranza delle donne). Questa è l’anima profonda del pallone italico: fascista, criminale, protetta dal Potere.
Cesare Sangalli