Il Fatto del Mese
La giustizia? “Desaparecida” (fra parrocchie e P2)
Dietro il volto pacioso di un distinto signore di 65 anni, seduto su una panca di una sacrestia, si può nascondere un criminale di stato. E dietro una notizia che più ignorata non si può (a parte “il manifesto”, il “Corriere della sera” on line, “Dagospia” e pochi altri) ci possono essere risvolti incredibili, anche perché la storia dell’Italia contemporanea è un groviglio in cui i protagonisti ritornano in continuazione, come in un incubo: succede, quando non si va mai fino in fondo con certe vicende.
Il distinto signore è Carlos Luis Malatto, argentino di chiare origini italiane; la parrocchia è quella di Cornigliano (Genova) gestita dai padri Scolopi. Carlos Luis Malatto è stato uno spietato torturatore negli anni Settanta, da militare al servizio della dittatura (1976-1983). In Argentina lo attende un processo con inevitabile condanna, dal momento che ci sono decine di testimoni concordi nell’accusarlo. Lui ha trovato rifugio in Italia da svariati anni. L’Argentina ne ha chiesto l’estradizione, i giudici del Tribunale d’appello dell’Aquila l’avevano concessa, la Cassazione l’ha invece respinta, perché “non sussistono le condizioni”. Ci voleva un avvocato esperto per ottenere questa decisione: è l’esimio docente di diritto internazionale Augusto Sinagra. Il nome forse l’avete già sentito: Sinagra è il legale di Licio Gelli, il fondatore della loggia massonica P2.
Scorrere l’elenco degli iscritti alla P2 è un buon ripasso delle connessioni all’italiana. La categoria di gran lunga più rappresentata nella lista è quella dei militari e forze dell’ordine, ben 208 persone (in confronto, anche i politici erano “solo” 67). Gelli, fascista in gioventù, aveva ottime entrature nella giunta dei militari che governò l’Argentina con il terrore. E in Italia tesseva la sua tela di ragno con tutti gli alti gradi militari eversivi, dal golpista Vito Miceli al depistatore (della strage di piazza Fontana) Maletti, fino al generale Santovito, capo dei servizi segreti. negli anni Settanta, e al generale dei Carabinieri Romolo Dalla Chiesa, fratello di Carlo Alberto.
Un grumo di potere mai sciolto, in Italia. Altrimenti non avremmo avuto i fatti del G8 di Genova del 2001, e soprattutto non staremmo ancora aspettando l’introduzione del reato di tortura. E’ proprio per l’ assenza di questo reato che l’anno scorso c’è stata un’altra estradizione negata, quella del prete argentino don Franco Reverberi, che secondo accuse documentate assisteva alle torture per estorcere informazioni ai prigionieri politici. Ora se ne sta tranquillo nella parrocchia di Sorbolo, provincia di Parma. Per i tribunali italiani, le accuse argentine sono per reati da considerare “prescritti”.
Qualche mese fa abbiamo ricordato l’incredibile storia di Juan Alberto Lacoste, il generale che mise le mani (insanguinate) sui Mondiali in Argentina del 1978, e fu a lungo vicepresidente della FIFA (!). Anche in questo caso, la memoria viene rinfrescata scorrendo l’elenco della P2, che comprende il nome di uno storico, rispettatissimo dirigente delle Federcalcio e dell’UEFA, l’insospettabile Artemio Franchi , ovvero Siena e Firenze (lui negò sempre, ma l’ombra massonica rimane).
Di sicuro, e questo lo sanno tutti, erano piduisti Silvio Berlusconi e Maurizio Costanzo. Iscritto risultava anche il socialista Enrico Manca, a lungo presidente della RAI (lui però negò l’affiliazione,e i tribunali gli dettero ragione- certo, a difenderlo c’era Cesare Previti, che è tutto dire -). D’altra parte, uno dei primi obiettivi del famoso piano “Rinascita” era “rompere il monopolio della RAI”. Forse nemmeno Licio Gelli immaginava che il duopolio Rai-Mediaset sarebbe durato così a lungo.
Sulle forze dell’ordine l’omertà del giornalismo italiano, televisivo e non solo, raggiunge livelli spettacolari: neanche dopo le sentenze definitive di colpevolezza degli alti gradi di polizia, Digos e corpi speciali, qualcuno s’è azzardato ad offrire una ricostruzione dei fatti, per cui “la più grande violazione dei diritti umani in un paese della UE dal 1946” (Amnesty International) è solo una storia dimenticata, sulla quale ognuno può esprimere liberamente la sua opinione.
Ma per un paese, l’Italia, che non vuole fare i conti col suo passato, ce n’è un altro, l’Argentina, dove il passato condiziona positivamente le scelte della politica odierna.
Cristina Kirchner, “la presidenta”, ha chiamato a Buenos Aires il giudice spagnolo Baltasar Garzòn come coordinatore internazionale dei diritti umani. Garzòn è famoso in tutto il mondo per il mandato d’arresto a Pinochet nel 1998.
In realtà ha indagato a lungo anche sui generali argentini e sui crimini del franchismo. Garzon ha avuto a che fare con Berlusconi, per “Telecinco”, e con la corruzione del Partido Popular spagnolo, quando Aznar andava per la maggiore.. Recentemente ha assunto la difesa di Julian Assange, il divulgatore di “Wikileaks”.
Insomma, si è fatto molti nemici, e forse ha pure commesso errori: ma la condanna a undici anni di sospensione dal ruolo di magistrato per intercettazioni sa molto di vendetta della classe politica . Un po’ come nel caso di De Magistris, che ha subito una condanna assurda (il pm aveva chiesto l’assoluzione) per aver osato indagare gli allora intoccabili (Mastella, Comunione e Liberazione, lo stesso Prodi). Lasciato solo, accusato di protagonismo, sbeffeggiato non appena è caduto in disgrazia. Come Garzòn, appunto.
Qui non si tratta di santificare qualcuno: è solo riconoscere il coraggio di un giudice che ha saputo sfidare l’establishment internazionale, a partire dall’ineffabile Regno Unito guidato da Tony Blair., che gestì il caso Pinochet con enorme imbarazzo.
Anche Cristina Kirchner non è certo immune da critiche (e i soliti ben informati hanno già visto una presunta relazione sentimentale fra la “presidenta” e Garzòn). Kirchner sarà pure populista, vanitosa, ambiziosa, erede fortunata della politica del marito. Ma sta portando avanti con determinazione l’operazione verità nel suo paese, un’operazione iniziata dopo gli anni della rimozione totale di Menem. Il Cile della più considerata Michelle Bachelet non riesce a fare altrettanto, anche se qualcosa si muove pure a Santiago. Per l’oblio totale, le prescrizioni, il silenzio, il mistero, c’è sempre l’Italia.
Cesare Sangalli