Il Fatto del Mese
ALLONSANFAN
(gli orrori dell’Armée coperti dall’ONU)
Il titolo è un tributo a un vecchio film dei fratelli Taviani, che parlava di ideali (della Rivoluzione francese) e di tradimenti (nei primi moti del Risorgimento italiano): “Allonsanfan” italianizzava l’attacco della Marsigliese (“Allons enfants de la Patrie…”).
La storia che raccontiamo apre una breccia nell’insopportabile ipocrisia sciovinista della Francia, così uguale a se stessa nel tempo da annullare ogni passaggio presidenziale, ogni differenza politica, ieri fra il gollista Chirac e il socialista Mitterrand, oggi fra Hollande e il suo predecessore Sarkozy, domani, chissà, fra Hollande e Marine LePen. Una storia squallida, a lungo insabbiata dall’ONU, che, non dimentichiamolo, vede la Francia membro permanente nel Consiglio di Sicurezza, come se fossimo ancora nel 1945.
Il luogo è la Repubblica Centrafricana, capitale Bangui, uno dei peggiori cinque paesi del mondo secondo tutte le graduatorie. Un inferno contemporaneo. Il Centrafrica è una ex colonia francese molto poco ex.
Tutta l’Africa occidentale è per la Francia quello che l’America latina è (o era) per gli Stati Uniti: un retrobottega imperiale, dove si scaricano tutte le schifezze nazionali, a partire dalla gestione di capi di stato mostruosi, ma funzionali ai propri interessi.
Il Centrafrica è stato il regno di Bokassa, il tiranno cannibale che si proclamò imperatore alla fine degli anni Settanta. Il Centrafrica non ha mai avuto un presidente degno di questo nome: solo dittatori, o uomini forti, fra un colpo di stato e l’altro, fra una mezza guerra civile e un’altra. L’ultima, scoppiata nel 2013, ha preso la forma di guerra di religione fra cristiani e musulmani, anche se questa è solo una semplificazione del ciclo ferreo della violenza, che richiama sempre altra violenza.
A fare da pacieri ci hanno pensato i francesi, proprio con Hollande, che ha fatto il bis dell’intervento in Mali.
L’“Operazione Sangaris”, lanciata alla fine del 2013, doveva proteggere la popolazione dalla violenza delle milizie: dopo il terrore creato dal gruppo musulmano “Séleka”, ci sono state le rappresaglie feroci delle bande cristiane (cosiddette “anti Balaka”): tutte le violenze sono state denunciate duramente da Amnesty International.
L’intervento militare francese, subito avallato e supportato dall’ONU, non ha riportato la pace; al massimo ha ridotto la scala delle violenze. Oltre a fare spesso da spettatori delle ritorsioni dei cristiani armati contro le inermi comunità musulmane, o dei musulmani armati contro le inermi popolazioni cristiane, alcuni soldati francesi sono incappati in una pratica frequente negli ambienti maschili chiusi: la pedofilia.
Ben 14 di loro sono accusati di avere stuprato diversi bambini dagli otto agli undici anni. In molti casi si trattava di orfani. Li hanno presi con l’inganno, li hanno presi per fame, li hanno presi con la violenza, quando rifiutavano di dare i loro corpi. I militari hanno sodomizzato i bambini, li hanno costretti o convinti a praticare sesso orale, li hanno trattati come piccole bestie non degne di rispetto, meno che mai di tenerezza. Una galleria dell’orrore lunga sei mesi (almeno per i fatti oggetto di inchiesta), dal dicembre 2013 al giugno 2014.
E ora la parte “allargata” della storia, la parte politica.
La missione ONU che affianca i francesi (ci sono anche 5 caschi blu africani implicati in casi analoghi) è a conoscenza dei fatti dall’estate scorsa, non ci sono dubbi al riguardo. Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi: non si può praticare sistematicamente la pedofilia nel campo profughi vicino all’aeroporto di Bangui senza che qualcuno se ne accorga. Inoltre, molti dei bambini denunciano la violenza subita, con dettagli e descrizioni precise dei fatti e dei colpevoli. La verità emerge in tutta la sua nefandezza.
Ma nonostante comincino a circolare i dossier nelle varie segreterie, nessuno pensa di aprire un’inchiesta.
Si rimanda di mese in mese, si temporeggia, finché un dirigente dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, lo svedese Anders Kompass, esasperato dalla totale inerzia dei suoi superiori, porta il fascicolo alla magistratura francese perché agisca di conseguenza. La notizia degli abusi sessuali arriva al “Guardian”, che puntualmente la pubblica. Scandalo internazionale (si fa per dire, gran parte del pubblico non ne sa assolutamente niente).
.Il governo francese, solo a questo punto, esprime indignazione, e dichiara solennemente che i colpevoli saranno puniti “in modo esemplare”. Una retorica alquanto sospetta.
Dovremmo credere, in pratica, che chi dirige l’esercito e i servizi segreti non si è mai accorto di nulla, nemmeno della denuncia di Kompass alla magistratura.
Di sicuro l’omertà ha sempre funzionato bene, negli alti ranghi di Parigi: chiedetelo agli attivisti di “Greenpeace”, quelli della “Rainbow Warrior” affondata dagli 007 francesi in Nuova Zelanda (1995): nessuno doveva ficcare il naso negli esperimenti atomici di Parigi a Mururoa, nella Polinesia francese.
Un attentato internazionale con omicidio ha fatto scandalo per un’estate, vent’anni fa, e poi è sparito, come molte altre storie compromettenti (da ultimo, gli affari di Sarkozy con Gheddafi) E’ compatta, la Francia, quando si tratta di difendere l’orgoglio nazionale.
In effetti, anche per gli abusi sessuali sui bambini non si scompone veramente nessuno. Anzi. Il povero Anders Kompass, che ha fatto quello che doveva fare secondo coscienza, viene sospeso come fosse uno spione, e parte un’indagine interna sul suo operato. Ma intanto la macchia dello scandalo si allarga, e dà un segno di vita anche il governo del Centrafrica, che apre un’inchiesta.
Dopo il ricorso di diverse associazioni e una forte pressione internazionale, l’agenzia dell’ONU deve fare dietro front, e rimettere immediatamente al suo posto il funzionario svedese che aveva infranto l’omertà, il “whistblower”, come si dice in gergo .
Adesso finalmente ci si comincia a chiedere dov’erano tutti quelli che hanno fatto finta di niente. Nonostante i reiterati tentativi, nonostante i solleciti arrivati finalmente anche dalla Francia, la pratica giaceva negli uffici di chi è pagato per tutelare i diritti umani. Hanno “sottovalutato la faccenda”, perché “erano impegnati dai problemi di budget in una fase di taglio delle spese”, come ha dichiarato la vice dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, l’italiana Flavia Pansieri, qualche settimana prima di rassegnare le dimissioni.. Per quello che si sa, il dossier degli abusi sessuali dei soldati francesi stava sulla sua scrivania dall’estate 2014. Il tempo per una sbirciatina c’era. Pansieri, classe 1951, funzionaria di lunghissimo corso (dal 1983), era al top di una brillante carriera internazionale. Ma sul dossier della pedofilia dei militari francesi si è bruciata, dopo che aveva cercato di scaricare l’uomo della fuga di notizie. Ufficialmente si è dimessa per motivi di salute. E’ evidente che era semplicemente indifendibile, ma è altrettanto chiaro che ha fatto da capro espiatorio ( forse il gesto delle dimissioni le sarà “risarcito” con altro incarico).
“Per quello che abbiamo constatato negli ultimi anni, più sono importanti le rivelazioni di chi lavora all’interno del sistema ONU, più sono feroci le rappresaglie nei suoi confronti”, dichiara Bea Edwards dell’associazione GAP, una ONG che, in nome della responsabilità dei governi (GAP sta per “Government Accountability Project”), cerca di proteggere le fonti, gli Snowden della situazione.
Purtroppo, gli abusi sessuali dei “peace keepers” stanno diventando una prassi: gli ultimi casi hanno riguardato Haiti, il Congo RDC, il Sud Sudan. Rimuovere la verità su questi crimini è il metodo più sicuro perché i crimini si ripetano, lo si è visto ampiamente con la Chiesa cattolica riguardo alla pedofilia, ma il principio vale in qualsiasi situazione.
Da questa storia, che è ancora molto lontana da una conclusione, escono male tutti, tranne l’informazione giornalistica (complimenti al “Guardian”, già citato in questa rubrica per l’inchiesta sugli schiavi dei Mondiali in Qatar, vedi “FIFA e arena”). Gli stessi giudici francesi si sono attivati ufficialmente solo dopo che la notizia è apparsa sul quotidiano inglese. E a quattro mesi dallo scandalo internazionale, non è stato preso ancora nessun provvedimento: sembra che solo due dei 14 soldati siano stati individuati.
“Altrevoci”, per quello che conta, non lascerà cadere questa e altre storie nel dimenticatoio.
Cesare Sangalli