Il Fatto del Mese

 

Allonsanfan 2, la vergogna continua


Lo hanno rifatto. Dopo che 14 militari francesi avevano per mesi abusato di bambini dagli 8 ai 13 anni in Centrafrica, scandalo scoppiato con un anno di ritardo (vedi articolo precedente), c’è un nuovo caso di pedofilia che coinvolge due soldati dell’ “Armée” di stanza a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso.
I due militari, 36 e 38 anni, sono stati accusati di avere compiuto atti di libidine su due bambine di 5 e 4 anni (!).
In questo caso, i fatti sembrano già acclarati: ospiti di una signora franco-burkinabé che gestisce un centro con piscina, i soldati francesi (ma di origine africana) hanno approfittato della conoscenza per “giocare” nell’acqua con le due figlie della donna, pensando bene di riprendere tutto con una videocamera.
Quando se ne sono andati, hanno dimenticato il filmato, che è stato visto dalla signora. Pronta la denuncia all’ambasciata francese, a cui è stato consegnato il materiale (ben 45 minuti di video),e pronta anche la reazione del ministro della difesa Jean-Yves Le Drian: “non perderemo tempo”. I due soldati sono stati immediatamente rimpatriati, uno dei due è stato imprigionato, l’altro denunciato a piede libero.
Secondo i media del Burkina Faso, il velocissimo rimpatrio serviva soprattutto a sottrarre i due militari alla magistratura locale. Secondo alcuni siti della destra vicina a Le Pen, il ministero della Difesa avrebbe dato ordine di non rivelare né la nazionalità (africana), né la religione (islamica) dei due militari, per non alimentare polemiche a sfondo etnico o religioso. Tutti quanti sembrano già essersi dimenticati del gravissimo precedente in Centrafrica, sul quale è bene ritornare, come ci eravamo ripromessi.
Subito la (non) notizia: non c’è stata fin qui nessuna conseguenza concreta dello scandalo. A tutt’oggi, non si conosce neppure l’identità degli accusati, né sono stati ascoltati i testimoni, a partire dai bambini stuprati, che permetterebbero di individuare gli autori dei crimini. Quello che è certo, dalle testimonianze, è che sono coinvolti militari di pelle bianca (e probabilmente di religione cristiana), visto che a molti in Francia piacerebbe scaricare la colpa sui soliti “selvaggi” accettati con troppa leggerezza nell’esercito, come forse in Africa si preferirebbe pensare che la perversione è roba da “bianchi”, da potere coloniale decadente.
Non c’è differenza fra maschi di varie etnie e religioni, nell’approfittare del potere per soddisfare le proprie voglie a spese di piccoli innocenti, maschi e femmine che siano. La sola differenza, purtroppo, che emerge abbastanza chiaramente sta nel trattamento riservato ai responsabili.
Per quanto riguarda infatti alcuni caschi blu africani della missione ONU in Centrafrica che si sono macchiati degli stessi crimini dei colleghi francesi, i provvedimenti hanno avuto ben altra rapidità: già individuati e arrestati gli autori degli abusi, e rimosso il comandante della missione dell’ONU in Centrafrica (MINUSCA), il generale senegalese Babacar Gaye, sostituito, per richiesta esplicita del segretario generale Ban Ki Moon, non da un militare, ma da un civile, il funzionario ONU originario del Gabon Parfait Onanga-Anyanga.
Determinante è stato un rapporto di Amnesty International, che non riguardava solo casi di violenza sessuale, ma anche alcune uccisioni indiscriminate di minorenni. Il dossier dei gravi comportamenti dei militari ONU è già abbastanza corposo: ci sono state ben 480 denunce dal 2008; gli ultimi fatti riguardano le missioni in Liberia e ad Haiti.
Ma sui 14 “orchi” francesi l’omertà, nonostante le dichiarazioni roboanti (e tardive) di Hollande e compagni, sembra prevalere alla grande. Fra le poche eccezioni, il canale televisivo transalpino “France 2”, che ha mandato un inviato addirittura in Cambogia, per parlare con Gallianne Palayret, la donna che per prima ha denunciato lo scandalo.
Gallianne, 34 anni, era a Bangui, capitale del Centrafrica, per conto dell’Alto Commissario dei diritti umani, agenzia dell’ONU come l’UNICEF (che ha avuto critiche per la mancata reazione). Nella primavera del 2014, fu avvicinata da un operatore di una ONG che aveva ascoltato le conversazioni di alcuni bambini. Gallianne cominciò a sentirli uno ad uno,e si convinse presto che i loro racconti erano assolutamente sinceri. “Ricordo un bambino di otto anni che mi disse di aver toccato i genitali di un soldato di averlo masturbato. Aggiunse che alla fine il soldato gli aveva fatto la pipì in bocca. Lui non sapeva distinguere, non capiva bene cosa era successo”. Testimonianze dettagliate, racconti precisi, voci che ad un certo punto si spezzano in un pianto, perché subentra qualcosa dentro, qualcosa di buio e di sporco, di cui la vittima si sente colpevole: questa è l’essenza della violenza sessuale. Praticare sesso orale o accettare di essere sodomizzati in cambio di una razione alimentare non può non lasciare conseguenze profonde, in molti casi per tutta la vita. Dove non arriva la persuasione, ci sono le minacce e la forza fisica. Spesso tutte e tre le cose insieme.
“Non passa giorno –dice Gallianne - senza che io pensi a quelle vittime, nella speranza che possano ottenere giustizia”. Lei il suo dovere l’ha fatto. Ha trascritto le testimonianze in un registro dalla copertina rossa che tiene ancora con sé: Poi si è rivolta direttamente alle autorità militari presenti a Bangui. Era il maggio 2014. Nonostante le ampie rassicurazioni fatte dagli uomini in divisa, ancora oggi la magistratura francese sostiene di aver avuto notizia degli abusi solo diversi mesi dopo. Quindi l’esercito coprì la storia, non sembrano esserci più dubbi al riguardo.
In ogni caso, come abbiamo scritto nel primo articolo, niente si è mosso fino alle rivelazioni del funzionario ONU Kompass pubblicate dal “Guardian”. E nonostante le dichiarazioni di inflessibilità del governo francese e del presidente Hollande, solo questa estate i magistrati francesi sono stati a Bangui ad interrogare finalmente le vittime e i testimoni. Gallianne non è stata ancora ascoltata.
Sentiti al riguardo dal reporter francese di “France 2”, i militari che hanno accettato di parlare risultano evasivi, si appellano alla presunzione di innocenza, al garantismo che copre tutti i cittadini francesi, arrivando a sostenere che “l’esercito è un pezzo della società francese; e non si può pensare quindi che sia immune dalle devianze della stessa società”. Ci si può scandalizzare per queste risposte, ricordandosi però che sono praticamente identiche alle argomentazioni di Joaquìn Navarro Valls, già portavoce di papa Giovanni Paolo II, che le scrisse pari pari su “Repubblica” qualche anno fa.
A fine novembre il pontefice si recherà in Centrafrica. Vedremo se per quell’epoca qualche minimo provvedimento verrà preso. Speriamo che l’attenzione mediatica serva a fare luce su questo episodio, e sulla sporca “guerra civile” (una guerra per bande) centrafricana.
Cesare Sangalli