Il Fatto del mese

 

La Banca Rasini, ovvero: Berlusconi si nasce, mafiosi si diventa
(
e gentiluomini del Vaticano)


Ora che Berlusconi è stato definitivamente sdoganato dall’establishment italiano ed europeo, in attesa della Grande Coalizione prossima ventura, che in fin dei conti è il modello che ci governa dal 1995 (governo Dini), andare nel passato e fare un po’ di memoria diventa un’operazione dirompente, con risvolti stupefacenti anche per chi scrive.
Abbiamo assistito ad un’impressionante ondata di legittimazione dell’ex Cavaliere da parte di antichi avversari (o presunti tali): da Scalfari (“fra Di Maio e Berlusconi, scelgo Berlusconi”) a Bill Emmott dell’ “Economist” (“Berlusconi può essere utile a salvare l’Italia dai populismi”), da Bersani (“lo rispetto”, ha detto a Bianca Berlinguer, forse memore della sfortuna dello slogan “smacchiamo il giaguaro” di cinque anni fa) alla più clamorosa di tutte le legittimazioni, quella di“Le Monde” (il “prestigioso Le Monde”, si diceva con un filo di ironia), che ha addirittura chiesto scusa rispetto alle accuse di mafia. E noi ripartiamo proprio da lì, facendo un salto indietro di quasi mezzo secolo (!), e di una generazione, perché parliamo di Berlusconi padre (da cui il titolo) e ricordiamo l’inizio di tutto ai tanti smemorati, o meglio, “distratti quando gli conviene” (Vasco Rossi).
Ripartiamo quindi dalla Banca Rasini. Perfino nei commenti al processo, occultatissimo, sulla trattativa Stato-mafia, che coinvolge il creatore di “Forza Italia” Marcello Dell’Utri (ormai prossimo ad essere considerato un martire della giustizia), nessuno ha mai citato la Banca Rasini, che invece è la vera scatola nera del berlusconismo (e non solo).
La Banca Rasini era una piccola ma prestigiosa banca milanese, fondata negli anni Cinquanta da un gruppo dell’alta borghesia meneghina guidato dall’aristocratico Carlo Rasini. Del gruppo di finanzieri milanesi , strana peculiarità, fa parte anche un siciliano, tale Giuseppe Azzaretto da Misilmeri, Palermo. Origini oscure, sposato con una donna parente di papa Pio XII, con un fratello che aveva probabili legami con la mafia siciliana in America, di Azzaretto ancora oggi non si sa molto, ma si sa con certezza che erauno dei tanti uomini di fiducia di Giulio Andreotti nell’isola. L’ombra del Divo Giulio è onnipresente in questa storia, come in gran parte delle storie sporche di Italia, che poi vedono sistematicamente spuntare sempre gli stessi nomi.
Nella Banca Rasini si svolge tutta la carriera di un impeccabile funzionario brianzolo, un bravo padre di famiglia, braccio destro affidabilissimo del conte Rasini : Luigi Berlusconi, il papà di Silvio. Salendo piano piano di ruolo, fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Luigi Berlusconi arriva al ruolo di direttore, proprio mentre garantisce i primi finanziamenti per l’attività edilizia del brillantissimo e dinamicissimo figlio Silvio, un vero rampante, un talento innato. E’ in questa fase che avvengono due passaggi fondamentali. Gli anni sono il 1970 e il 1973. Roba di quasi mezzo secolo fa, come abbiamo scritto in apertura.
Nel 1970, Berlusconi padre acquisisce per conto della banca una quota della “Brittener Anstalt”, una società con sede alla Bahamas,  creata in Liechtenstein da un personaggio tanto sconosciuto quanto strategico: l’avvocato di Vaduz Herbert Batliner. Classe 1928, figlio di un banchiere austriaco, ottimi studi. grande fede cattolica e gusto raffinato per l’arte, “herr” Batliner si specializza nella creazione di società “off shore”. Nel consiglio di amministrazione della “BrittenerAnstalt” a cui si associa la Banca Rasini per opera di Berlusconi padre, siedono Michele Sindona (!), Licio Gelli (!), Roberto Calvi (!) e monsignor Paul Marcinkus (!).
Ai più giovani forse questi nomi non dicono granché, anche perché sono tutti morti da un pezzo, due ammazzati (Sindona e Calvi), due nel loro letto (Gelli e Marcinkus). Ma buona parte degli italiani sa che sono i nomi del più grosso intreccio politico economico criminale della storia della Repubblica, e rappresentano il legame perverso fra  Vaticano, massoneriae ambienti politici conservatori o di estrema destra; ma sono soprattutto i protagonisti dei legami di una parte consistente degli apparati dello Stato con la mafia. Con un ineffabile, geniale regista dietro le quinte, l’eterno Giulio Andreotti, che si muove con passo sicuro e felpato nelle istituzioni controllate in gran parte dalla Democrazia Cristiana. Quindi a partire dal 1970, papà Berlusconi ha già creato la base per l’irresistibile ascesa del figlio.
L’altro passaggio, nel 1973-1974, vede l’uscita di uno dei fondatori, il conte Carlo Rasini, e l’ingresso del figlio di Azzaretto e dell’avvocato romano Mario Ungaro, amico di Sindona e Andreotti. Questo passaggio si può anche considerare l’ingresso ufficiale dei capitali mafiosi nella piccola e prestigiosa banca milanese.
Nello stesso periodo, si registra la storia vergognosa della vendita di Villa San Martino ad Arcore; ebbene sì, parliamo della reggia di Berlusconi, il simbolo stesso del suo potere, con i politici che,da anni, “vanno in pellegrinaggio ad Arcore”. Ma all’epoca Silvio Berlusconi era solo uno dei tanti palazzinari rampanti; in forte e costante ascesa, ma non certo in procinto di diventare uno degli uomini più ricchi e potenti d’Italia. L’ambizione però era già sconfinata, ci voleva una residenza all’altezza, un casa in grado di impressionare ogni visitatore: Villa San Martino ad Arcore era perfetta allo scopo. La villa era di una giovanissima nobildonna, Anna Maria Casati Stampa di Soncino, che l’aveva ereditata in circostanze tragiche: il padre, marchese Casati, aveva ucciso la seconda moglie e il suo amante, e si era poi suicidato (1970).
Essendo Annamaria Casati minorenne, si era affidata a due tutori, uno dei quali è un brillante avvocato romano di origini calabresi: Cesare Previti, che già conosce bene Berlusconi. Dal momento che la marchesina, trasferita in Brasile (dove si è sposata con un altro aristocratico), ha un certo bisogno di liquidità, anche per pagare grosse pendenze del padre con il fisco italiano, la meravigliosa villa viene messa in vendita.
Berlusconi realizza l’affare del secolo, grazie ai buoni servigi di quello che poi sarà uno dei compagni di avventura (e di corruzione) più fedeli, Cesarone Previti, appunto. Una villa (con i terreni) del valore di decine di miliardi di lire, viene svenduta per 750 milioni; e quella miseria, per di più, verrà pagata a rate, e una parte in azioni che poi perderanno quasi tutto il loro valore, cioè con carta straccia. Più che una vendita, un furto, quasi una circonvenzione di incapace.
Nella nuova reggia del palazzinaro rampante, entrano, insieme a Berlusconi, due siciliani, uno con il ruolo di bibliotecario (Marcello Dell’Utri), l’altro con il ruolo di stalliere (Vittorio Mangano). Giusto nel 1974. E proprio a partire dalla metà degli anni Settanta, fior di capitali cominciano a piovere nelle casse della Banca Rasini. Capitali di cui l’origine è poco nota, e che vengono custoditi con la più assoluta riservatezza. Nello stesso periodo, grazie ai buoni uffici dell’avvocato del Liechtenstein, il mitico Batliner, si costituiscono decine di società fittizie nei paradisi fiscali. E nello stesso periodo, guarda un po’ che coincidenze, dalla banca escono i capitali che permettono a Berlusconi di creare la Fininvest, e fondare Canale Cinque, emittente nata come Telemilano, il primo tassello dell’impero mediatico (1979).
Tutto procede per il meglio fino al blitz della polizia del 15 febbraio 1983, detto “Operazione San Valentino”: in una retata vengono arrestati alcuni boss mafiosi residenti a Milano; viene fuori che erano tutti clienti della Banca Rasini. E presto emerge che fra i correntisti, oltre ovviamente a Vittorio Mangano, ci sono perfino Toto Riina e Bernardo Provenzano.  Ma tant’è. Berlusconi sta già completando la sua scalata pirata dell’etere: nel 1984,con l’acquisizione di Retequattro dalla Mondadori e soprattutto con il decreto del governo Craxi che salva le sue tv dall’oscuramento sacrosanto, il Cavaliere è ormai il monopolista privato della tv, con tre canali nazionali: in nessun altro paese del mondo un imprenditore privato possiede tre canali operanti su tutto il territorio nazionale,con l’eccezione il gruppo TeleVisa in Messico. Il resto della storia lo conoscete tutti; ora perfino i nati nel 2000, i nuovi elettori, lo vedono imperversare sulle reti Mediaset come un incubo, e forse si pongono le prime domande su questo strano personaggio.
E il mitico Batliner, la mente sopraffina del riciclaggio “off shore”, che  fine ha fatto? E’ un distinto signore ormai novantenne, il cui nome risulta nell’esclusivissimo elenco dei “Gentiluomini del Vaticano”. Per fortuna, papa Francesco ha congelato sine die le nomine di questo club, che presumibilmente andrà ad estinguersi. Intanto è stato cancellatoAngelo Balducci (ricordate?), l’ingegnere che presiedeva le grandi opere per il Giubileo; l’espulsione dovuta alle sue imprese da corruttore, per cui è stato condannato, o forse anche per i suoi gusti non proprio da cattolico osservante (Balducci è sposato con figli), visto che si è fatto mandare uno stuolo di giovani amanti, fra cui un mitico corista nigeriano, un gigante di due metri. Pare ci sia ancora, nell’elenco,  Gianni Letta, che è un po’ il Richelieu di Berlusconi.
Fatto sta che Batliner, che ha avuto guai con la giustizia tedesca per i fondi neri della CDU di Helmut Kohl, oltre ad accuse di riciclaggio che vanno dal denaro dei narcos a quello del defunto dittatore del Togo Eyadéma, è riuscito ad incontrarenel 2006 papa Benedetto XVI in una chiesa di Ratisbona, pur essendo ricercato dalla polizia, grazie ad un salvacondotto concesso per gravi motivi di salute (ma Batliner si è poi rivelato sano come un pesce), su forti pressioni del Vaticano, e di Tarcisio Bertone in particolare. Fra le tante attività, Batliner ha aiutato Gianni Agnelli a nascondere il suo vero tesoro al fisco italiano; tesoro che la figlia Margherita sta cercando invano di recuperare.
Insomma, per essere un “professionista di indubbia moralità”, condizione inderogabile per diventare un Gentiluomo del Vaticano, l’avvocato del Liechtenstein è piuttosto disinvolto; ricorda di più l’”Avvocato del diavolo” interpretato da Al Pacino. Ma in questo gennaio 2018, mentre Berlusconi spande ottimismo e promesse da tutti i canali e continua semiclandestino a Palermo il processo sulla trattativaStato –mafia, Herbert Batliner potrebbe raggiungere la squadra di hockey di cui è proprietario a Davos, in Svizzera, proprio nei giorni del vertice economico che vede come star, per la prima volta, Donald Trump e Narendra Modi, presidente dell’India. Il fasciocapitalismo gode di ottima salute, e le mafie pure.

                                                                                                

Cesare Sangalli