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Crolli (e Folli)


E’ finita un’estate indecente, l’estate che verrà ricordata per il crollo del ponte di Genova, il 14 agosto. E prima, durante e dopo il crollo, l’estate in cui il razzismo venne istituzionalizzato: non si era mai visto un ministro come Salvini (per non dire di Fontana) nella storia della Repubblica.
Non è il nuovo che avanza, come pensano in tanti: è solo il vecchio che crolla, con le sue macerie materiali e morali. Il sonno (etico) del liberismo genera mostri, lo abbiamo scritto più volte. La Lega, che non a caso è il partito più vecchio di tutti, l’unico sopravvissuto della Prima Repubblica, è l’ultimo grido (forse si dovrebbe dire l’ultimo conato) dalla savana, parafrasando il titolo di un film degli anni Settanta, cioè dell’Italia del “ghe pensi mi”, l’Italia che ora invoca lo Statoche fu “ladro”, ma solo perché tenga alla larga i più poveri, almeno quelli visibili (neri e abbronzati vari).
Il motivo è soprattutto psicologico: gli immigrati mettono in discussione le nostre certezze da quattro soldi (in senso morale), quelle costruite nel trentennio berlusconiano: noi siamo ricchi perché ce lo meritiamo, e dobbiamo tornare a esserlo (almeno quelli che si sono impoveriti), a prescindere da tutto (dalla mostruosa evasione fiscale, dalla cultura dello spreco e del superfluo, dalla devastazione dell’ambiente,dal deficit culturale, dal disagio psicologico,dalla povertà degli affetti e degli interessi: tutto questo a casa nostra, blindati; del resto del mondo non si vuole nemmeno sentire parlare, altro che “giustizia climatica”). Quindi, visto che Berlusconi non ci può riportare agli anni Ottanta, Novanta e Zero (ma c’è ancora un italiano su dieci, normalmente over 65 – almeno si spera – che ci vorrebbe credere), ci si aggrappa a Salvini: che almeno ci dia l’illusione di essere ancora “padroni a casa nostra”, quando siamo servi da anni del capitalismo internazionale (e nazionale, vedi Benetton, i leghisti servi come gli altri), a cui continuiamo a portare l’obolo e giurare fedeltà incondizionata, soprattutto nel rito domenicale dello shopping al centro commerciale (e nell’abbonamento serale a Sky& Co.).
Poi, per darsi un po’ di credibilità, ci sono perfino i deficienti che sostengono che dando addosso all’immigrato si sgomina il neoliberismo; oppure esperti nati su Facebook convinti che se torniamo alla lira, assestiamo un colpo da KO alla finanza mondiale.
Questa è tutta l’area che possiamo considerare di destra, compreso una parte che vota M5S. Poi c’è la famosa “sinistra”. Dire che è in crisi di identità è dire poco. Il crollo del ponte di Genova è stato come la caduta del famoso velo di Maya, quello che nasconde la verità (proprio come “Repubblica” ha provato lì per lì a nascondere la spudorata prostituzione a Benetton di un’intera classe dirigente, grandi giornalisti compresi) : almeno metà del PD ha sempre sostenuto l’establishment, ha fatto del PD un partito di centrodestra, di borghesi tendenzialmente soddisfatti, che non hanno grandi motivazioni a cambiare il paese (meno che mai il mondo, che per loro coincide con l’”Occidente”): stanno tutti abbastanza bene, e sono stati abituati a pensare, come noi, che il mondo capitalista/ “occidentale” saprà trovare da solo le (non molte) correzioni di cui ha bisogno. Sono ancora convinti che Steve Jobs sia stato un figo, e che la California sia il polo più avanzato (vogliamo dire “smart”? ) dell’umanità.
Il Sud del mondo (e d’Italia) gli fa un po’ plebeo, per loro l’ideale è un tipo come Obama, ma in mancanza di meglio andava bene anche Renzi; ora, però, visto che “il bomba” è in disgrazia, vada per Macron. Se si facessero il loro partito, come ha fatto il genietto di “En Marche”, farebbero un grosso favore a tutti. Potrebbero perfino finire di mangiarsi Forza Italia insieme  a Salvini dal lato opposto, e provare a resuscitare il Centro (impresa ardua, me ne rendo conto).
L’altra metà dell’area PD comincia un po’ a vergognarsi di aver in qualche modo sostenuto Renzi, ma ancora nonal livello sufficiente per fare autocritica, e quindi provare a cambiare. Per esempio, ancora non accettano di essere stati dalla parte del torto (marcio) sul referendum del 4 dicembre 2016, votando SI (a cominciare dai toscani, nell’ex feudo di Renzi). Forse cominciano a piacerei Corbyn, i Sanders e quelli un po’ più di sinistra, socialisti e “statalisti”, che loro sono stati abituati a snobbare fino a ieri l’altro, grazie anche al peggior giornalismo di tutti i tempi. E grazie al peggior giornalismo di tutti i tempi, sono stati abituati a fare a meno di qualsiasi idea forte (per non dire di qualsiasi idea); mai un contenuto vero, una posizione per cui battersi (non si tiri in ballo la legge Cirnnà delle unioni civili, per favore: una foglia di fico sul nulla). Perfino le critiche (feroci) ai grillini si fermano per lo più all’estetica, agli aggettivi qualificativi; quasi mai vanno ai contenuti.. Li possiamo definire i Folli, nel senso di Stefano del “Corriere”, uno che scrive che l’Unione Europea ha bisogno di cambiare, ma solo per arginarela spinta travolgente del populismo; infatti non spiega in che cosa dovrebbe cambiare, in quale modo, per fare cosa; si limita a invocare un salvatore (Macron, appunto), salvo poi ammettere che se è il presidente francese è al minimo di consensi nel suo paese, difficilmente potrà fare “strike” in Europa. Per la serie: non ho nulla da dire, ma ve lo dico lo stesso.
La “sinistra” dei Folli, quella che ruota intorno al PD,  è all’impasse totale; con tocchi surreali. Ci sono voluti sei mesi (!) solo per dire che il congresso si farà a gennaio. Non a caso, sta dominando la scena (?) uno degli esponenti più mediocri e incolori di sempre, Zingaretti, per palese assenza di avversari. Dice che il vuoto in politica prima o poi viene riempito, quindi possiamo sperare (per disperazione).
Infine, c’è la sinistra-sinistra, cosiddetta “radicale”. La più debole di tutto il continente, senza se e senza ma. Eppure accanita nelle divisioni. Quelli di Rifondazione litigano con Potere al Popolo (sullo statuto del futuro partito!), quelli di MDP-Articolo 1, che hanno più seggi che voti, con Sinistra Italiana, che ha avuto il torto di farci insieme l’operazione Liberi (di monopolizzare le candidature, soprattutto i maschietti) eUguali (nel disastro elettorale, un marchio di fabbrica, ormai), operazione morta prima di nascere davvero, col povero Grasso nella parte del sedotto, sconfitto, e abbandonato.
 Nel pezzo “Ghost” siamo stati troppo buoni, troppo generosi. E ingenui. Abbiamo sopravvalutato la capacità di ripensamento, conditio sine qua non della capacità di cambiamento. Si sono tutti (o quasi) accomodati nella (facile) critica al “governo più di destra” dell’Italia (non è vero: era molto più di destra quello del ’94; erano solo un po’ più moderati nel linguaggio, semplicemente perché non esistevano i “social”, e c’erano meno stranieri). Sono tutti orripilati (giustamente) dal razzismo della Lega, che estendono al M5S, i “collaborazionisti” (e certo hanno buone ragioni). Si sono già dimenticati, però, che in gran parte, perfino nella sinistra c.d. “radicale”, non hanno mai fatto un cazzo per gli extracomunitari. Altrimenti, giusto per fare un esempio, lo “ius soli” sarebbe stato approvato dal governo Letta, o dal primo Renzi; con una bella fiducia messa sul solito decreto, e via andare, ché tanto nessuno voleva tornare alle urne, meno che mai gli alleati di centrodestra (Alfano & Co.). Il “bomba” ha pure fatto rientrare dalla finestra il reato di clandestinità, che era uscito dalla porta della commissione, grazie al voto dei senatori M5S. Ma ora perfino i renziani sembrano ex “black panthers”, schierati contro il Ku Klux Klan gialloverde (ben venga, per carità: meglio tardi,e in mera funzione antigrillina, che mai).
E il M5S? La base fa finta di niente, perché, checché se ne dica, sono tanti a vergognarsi per Salvini e soci; e saranno sempre di più, in percentuale, perché i grillini destrorsi se li sta portando tutti con sé “il Capitano”, sfruttando la potenza di fuoco del suo sistema on line, “la Bestia”: la conferma della nota teoria politica per cui l’originale viene sempre preferito alla copia. A livello di verticesi tira spudoratamente a campare, con qualche segnale positivo: quello che forse è il miglior provvedimento in assoluto, il divieto di pubblicità e sponsorizzazione per il gioco d’azzardo, è quello che è stato considerato di meno. Ma è notevole anche la multa salata alle imprese che spostano all’estero la produzione dopo aver ricevuto finanziamenti pubblici. In altre parole, il meglio del M5S è la sua vocazione anticapitalista (e ambientalista), che la Lega non si sogna nemmeno di avere, a parte qualche slogan populista contro “l’Europa dei banchieri” (sì,  magari lussemburghesi, quelli che tengono nascosto il tesoretto rubato da Bossi). La sinistra dovrebbe fare semplicemente da sponda, e rimandare Salvini a fare opposizione “de destra” con Berlusconi e i Fratelli d’Italia. Ora come ora, purtroppo, non ce ne sono le condizioni. Ma di qui alle Europee, c’è praticamente il tempo di una gestazione, e quindi di un parto (doloroso, necessario). Un progetto ci sarebbe, lo abbiamo già scritto, quello di DieM 25; e ci sarebbe anche un federatore, che sarebbe un interlocutore ideale per il M5S (De Magistris). Diciamo che per ora è solo un “pensiero stupendo” (che “nasce un poco strisciando”, fra le macerie del ponte e della sinistra italiana).

                                                                                                

Cesare Sangalli

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