W l'Italia ... fra memoria e attualità ...

 

W l’Italia, l’Italia sulla Luna


E’ finito il 2018,  è cominciato il 2019,e quello che segue è un inno all’ottimismo. Dice: ma come si fa a essere ottimisti, in questo periodo di malessere generalizzato, di “sovranismo psichico”, come lo ha definito il Censis, per descrivere un paese di gente incattivita, impoverita, isolata, arrabbiata, preoccupata? E’ un ottimismo dovuto alla Storia, a partire dal titolo di questo articolo. Un omaggio a Francesco De Gregori, a cui dobbiamo anche il nome di questa rubrica: una delle canzoni più commoventi di sempre, canzone che quest’anno compirà 40 anni: “L’Italia metà dovere, e metà fortuna: viva l’Italia, l’Italia sulla Luna”.
Già, nel 2019 sarà passato mezzo secolo dall’uomo sulla Luna, 20 luglio 1969, poco prima della data di Woodstock, lo zenit dei “favolosi anni Sessanta”. In fatto di anniversari, nel 2018 abbiamo celebrato (non abbastanza), i 70 anni della Costituzione italiana; e i 70 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Dei due documenti fondamentali, quello italiano precede di quasi un anno quello dell’ONU. Lo possiamo dire senza sbagliarci: nessuno, nel mondo, ha fatto meglio dei padri costituenti italiani.
Intanto, la Costituzione italiana era fondamento giuridico vincolante, mentre la Dichiarazione Universale, per sua natura, è più un manifesto, una dichiarazione di principio, per quanto alta e nobile. La Repubblica italiana era tutta da costruire; e non si può dire, a 70 anni di distanza, che la nostra Costituzione sia stata attuata. In realtà, era una porta sul futuro, una base per un continuo “work in progress”, una realtà sempre perfettibile, una sfida continua a creare un mondo più giusto, più umano, più armonioso, più bello.
Valutando gli ultimi decenni, quelli da “terra dei cachi”, è sempre più evidente che non solo si è smesso di tradurla in realtà, la nostra bellissima carta costituzionale: si è cominciata a tradirla sempre di più; ora in maniera plateale, spudorata, chiudendo i porti alle navi del soccorso, rinunciando a salvare chi affoga in mare, negando i permessi umanitari (quindi rinunciando all’umanità); ma soprattutto, criminalizzando e schifando gli ultimi, i più poveri.
La solidarietà, fosse ispirata al Vangelo, o all’ardente desiderio di uguaglianza e di giustizia dei comunisti e dei socialisti, con un pizzico di rigore morale e austerità liberale e repubblicana, permea infatti l’Italia creata a tavolino da chi era uscito dalla guerra e dal fascismo, e voleva costruire una casa comune nuova, partendo dalle fondamenta. La solidarietà, nella nostra Costituzione, è un dovere, non un “optional”; l’umanità della Nazione è scritta nelle sue tavole della Legge. Ed è una Nazione (la maiuscola è una provocazione ai “sovranisti”) umile e coraggiosa nel cercare la pace universale, nel riconoscersi fin dal principio parte di un mondo più grande, di “un altro mondo possibile”, quale doveva essere quello uscito dalla più terrificante carneficina mai vista nella Storia. Era la base giusta al momento giusto, la Costituzione è davvero l’astronave che poteva portare l’Italia sulla Luna. E invece. L’Italia che “ripudia la guerra” non riesce nemmeno ad aderire allo storico trattato che ha messo al bando le armi nucleari (7 luglio 2017: una data fondamentale, non ve l’ha detto nessuno). Ed è diventata così meschina che non riesce a smettere di vendere bombe ai fascisti sauditi, nemmeno vedendo le immagini degli innocenti presi di mira, immagini che gridano vendetta a Dio.
Ma per quanto ci siamo ridotti male, resi miserabili nella ricchezza (molto prima della crisi del 2008, a scanso di equivoci), nessuno è riuscito a stravolgere la nostra base, che sta lì, salda come non mai, eterna linea Piave contro gli avventurieri, gli apprendisti stregoni, i farisei, i mercanti del tempio; sta lì a rendere ridicoli e velleitari, alla fine, i Craxi, i Berlusconi, i Renzi, i Salvini; a dare speranza alle nuove generazioni, che la renderanno più viva e attuale. E’ solo questione di tempo (speriamo non troppo), non fosse altro perché l’egoismo di troppi decenni (anni Ottanta, Novanta, Zero e Dieci) consegna ai “millennials” un mondo senza futuro, come ha detto la quindicenne Greta Thunberg alla Conferenza sul clima di Katowice, squarciando l’ipocrisia ufficiale come il bambino di Andersen gli invisibili vestiti nuovi dell’Imperatore.
Ecco, proiettata su scala europea, la nostra Costituzione,( in linea con il sogno di Altiero Spinelli, con il Manifesto di Ventotene che descrive un’Europa unita, solidale, democratica, contraria a tutti i fascismi e a tutti i nazionalismi, veleno del Novecento), dà una lezione morale ai grandi malati costituzionali del continente: la Francia, il Regno Unito, la Spagna.
Non si farà mai un’Europa degna di questo nome con la palla al piede dell’eterno sciovinismo francese, che è di sistema, mica solo di Marine Lepen (troppo facile, troppo comodo). I presidenti francesi si sentono in qualche modo gli eredi dei re e dei napoleoni, di chi muoveva guerra in tutto il pianeta in nome della superiorità transalpina: via via più meschini, più ridicoli, inadeguati perfino come maschi, involontaria parodia del Patriarcato: l’ometto Sarkozy, che sembra una caricatura alla Alberto Sordi accanto alla sua “première dame” Carla Bruni, il fedifrago, bugiardo, inconcludente Hollande; e infine, il “toy boy” di Brigitte, Macron.Inutile prendersela con loro: la crisi è di sistema: come può andare avanti nel XXI secolo la Quinta Repubblica creata da un militare (De Gaulle) per evitare il golpe di una manica di soldati torturatori, colonialisti, fascisti e razzisti (fra i quali, nei ranghi inferiori, c’era pure Jean-Marie Lepen, lurido sbirro in Algeria)? Come possono pensare in termini mondiali quelli che non hanno mai messo in discussione il loro primato (ladro) sull’Africa, la superiorità nei confronti dei “petits nègres”?
Il RegnoUnito sembra meglio, ma non lo è. Al di là della retorica, e del culto della memoria, “Elisabetta l’ultima” porterà via con sé gli ultimi splendori, sempre più ipocriti, della Corona inglese. Nell’anima,almeno quelli della Brexit, nostalgici dell’Impero, l’epoca in cui indiani, pakistani, africani e arabi facevano i lacchè senza discutere; ultimi a integrarsi in Europa (col cappello in mano, vista la crisi), non hanno ancora deciso se stare con gli Stati Uniti a fare i vice dei padroni del mondo, odiati da tutti (perché è Trump l’immagine più vera dell’imperialismo capitalista; Obama era solo una maschera, una cosmesi); o guardarsi finalmente allo specchio, capire che da soli sono un paesello insignificante, e finalmente ritornare in Europa non col cappello in mano, come nel 1973, ma con l’orgoglio nel culo, tanto per esprimersi in modo “british”.
La Spagna che non riesce ancora a seppellire Francisco Franco e la monarchia dei Borboni, che non ha ancora capito che razza di nazione è, tanto da sbattere in galera i leader progressisti catalani, nell’indifferenza di un’Europa senz’anima, sta solo facendo finta di niente, ma si dovrebbe accomodare sul lettino dello psicanalista politico. Di sicuro ha una classe dirigente molto migliore di quella italiana, ma l’Italia ha, appunto, una solida base storico-politica, la Resistenza antifascista, e quella gli amici spagnoli non se la possono dare, come don Abbondio non si poteva dare il coraggio.
Resta la Germania, l’abbiamo tenuta per ultima perché tutto sommato avrebbe dei buoni fondamentali (si fa per dire: hanno impiegato anni a metabolizzare i giusti sensi di colpa, quelli di chi non seppe ribellarsi nemmeno un po’ alla follia nazista); però i tedeschi sono sempre tentati dalla meschinità, quella dei contabili dell’Europa; sono come l’impiegato di De André, “senza la paura si fidano poco”. Poverini, è anche per colpa dei loro media, che da decenni li fanno sentire come gli unici (o quasi) che lavorano in tutto il Continente, circondati da gente che è pronta ad approfittare di loro e del loro benessere. Sembrano quei secchioni che si schierano sempre dalla parte dei professori, e non ti aiutano mai, perché “ce la devi fare da solo”. Grazie alle politiche della UE degli ultimi dieci anni, sono fra i pochissimi ad avere guadagnato, in generale. Ma se si va un po’ in profondità, si vede che sono anche loro logorati dalla precarietà, sfiancati dalla globalizzazione, e più preoccupati di altri dalla questione ambientale, dall’ingiustizia climatica.
Insomma, sono tutti più in crisi di noi, anche se magari non sembra. Per l’Italia si tratta solo di smaltire l’ultima sbornia per l’ultimo capetto, Salvini, e poi tornare a fare politica secondo lo spirito costituzionale, dopo una piccola pausa (solo trent’anni abbondanti, possiamo recuperare); le elezioni europee saranno un toccasana, anche perché ci ricorderanno che dobbiamo rifare la legge elettorale, come dicono Paolini e Besostri sul “manifesto”, e tornare finalmente al sistema proporzionale, l’unico che rispetta veramente lo spirito della Costituzione. Per gli anniversari dell’estate, quelli dell’Apollo 11 e di Woodstock, ce la possiamo fare. W l’Italia, l’Italia sulla Luna.

                                                                                                

Cesare Sangalli

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