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Tunnel of love
(qui si fa l’Italia, e l’Europa, o si muore)
Se siete nel 64 per cento di italiani favorevoli al TAV, secondo un sondaggio presentato da Bruno Vespa (e quindi con ogni probabilità falso come lui) è arrivato il momento di cambiare idea. Perché sul tunnel e sul treno tanto amato dall’establishment (da qui il titolo, omaggio ai Dire Straits, festival di Sanremo 1981) si gioca la politica nazionale (con forti riflessi sull’Europa).
Ormai la questione va ben oltre il merito: l’analisi costi/benefici ha infatti confermato con zelo quello che era abbondantemente noto da anni: il Tav è opera costosissima, inutile, ad alto impatto ambientale, a bassissimo tasso democratico (le comunità coinvolte sono state trascurate e perseguitate; in buona parte, sono le stesse persone che sfidano i gendarmi francesi assistendo e accompagnando i migranti oltre confine; quindi due volte eroici).
No, la decisione è politica, come è stato ripetuto dai corifei pro TAV (tutti i quotidiani, tranne “Il Fatto” e “Il manifesto”); perfetto, diciamo noi. Si può vedere facilmente dov’è la destra e dov’è la sinistra; meglio ancora, dov’è l’establishment e dov’è il popolo, che non corrisponde alla massa disinformata, manipolata, portata dai potenti a rispondere per mera reazione, come la rana di Galvani alla scossa elettrica (chiedete a Zagrebelsky, il paragone è suo, e la sua lezione risale all’avvento di Berlusconi), ma a uno dei tre elementi che formano lo Stato (con il territorio e la sovranità, quella sancita e regolata dalla Costituzione).
Il TAV, col suo falsissimo tunnel, fa chiarezza come non mai in politica, a solo saper guardare attentamente. E l’Italia si ritrova, ancora una volta e suo malgrado, in “pole position” rispetto all’Europa. Non ci dimentichiamo che siamo stati i primi, per non dire gli unici (all’epoca), a rinunciare all’energia nucleare. In anticipo di un quarto di secolo su tutti, altro che storie. Noi siamo stati molto migliori, politicamente, di Francia, Germania, Regno Unito, anche se può suonare assurdo, visti tutti i nostri problemi. E possiamo tornare a esserlo, migliori. Magari siamo un po’“somari”, ma siamo dei “somari creativi”, degli anarchici audaci, che in modo strano riescono a buttare il cuore oltre l’ostacolo dei propri limiti., senza ascoltare i “dotti, medici e sapienti” del “Burattino senza fili” di Bennato, quelli che per anni hanno dipinto la scelta nucleare come necessaria, inevitabile, fondamentale per la “modernità” e lo “sviluppo”, salvo poi sparire, subito auto-assolti anche se erano coinvolti (eccome).
Se piegheremo l’establishment sul TAV (ci stiamo riuscendo), la strada è segnata. Segnata politicamente, proprio come testimoniato dai due giornali “di riferimento” (il “Fatto” e il “manifesto”),perché l’opposizione al TAV unisce intanto come una piccola falange macedone (miracolo)le sinistre minuscole che normalmente si dividono su tutto; e le schierano decisamente al fianco del M5S, il movimento più “futurista” di tutti in quanto ad ambiente, pur con tutte le note contraddizioni.
Toninelli & Co., i dilettanti allo sbaraglio, fra una gaffe e l’altra hanno sfidato lo status quo sulle concessioni autostradali, in culo a Benetton (Luciano, stai sereno: è solo l’inizio; speriamo di vederti tornare agli anni Settanta, quando eri solo maglioni “pop”: farebbe bene anche a te e alla tua famiglia).
Hanno sfidato tutto e tutti sulle Olimpiadi di Roma (e pure sullo stadio della Roma, con qualche cedimento), in culo a Montezemolo (Luca stai sereno, è l’ora della pensione anche per te)& Company.
Si sono impegnati contro le trivelle in mare, sfidando l’ENI e le multinazionali del petrolio.
Ora sono di nuovi soli contro tutti (a parte la minuscola sinistra, appunto) sul TAV. E’ quasi imbarazzante vedere fianco a fianco Confindustria e sindacato, a millantare insieme (Boccia da un lato e Furlan della CISL) le stime falsissime in termini di occupazione che il TAV porterebbe; vederli insieme a preferire un’economia dopata e devastante, pur di creare ancora un po’ di “sviluppo senza progresso”, come lo avrebbe definito Pasolini. E insieme a loro, le signore dell’alta borghesia, con la targa del Rotary, pronte a schifare, dall’alto del loro censo e della loro ignoranza crassa, i valligiani e le loro sacrosante ragioni.
Fa specie sentire i proclami dell’ “ultrà del TAV” , come si è autodefinito, Sergio Chiamparino, l’uomo dei dissesti finanziari di Torino, l’uomo della Banca San Paolo, una delle più zozze in assoluto, il quale Chiamparino è pure per l’autonomia finanziaria differenziata, cioè la secessione dei ricchi (ci torniamo più avanti).
Fa ribrezzo vedere i leghisti in piazza a fianco del PD, il PD del Nord ovviamente, quello che Cacciari voleva separato dal PD nazionale, una decina di anni fa (e ci credo, lui è stato un sindaco di Venezia da schifo, avallando la stessa megalomania truffaldina del TAV rappresentata dal MOSE, soldi a catena per i soliti noti; e navi da crociera davanti a Piazza San Marco). E fa sincera pena vedere il neosegretario CGIL Landini rinnegare se stesso, per cercare di non opporsi ad un progetto nel quale non ha mai creduto, costretto a mordersi la lingua per l’unità del sindacato (dei pensionati).
Sui giornalisti, non vale nemmeno la pena spendere troppe parole. Sono gli stessi di dieci anni fa, quelli descritti in “Carovana di carta” (in archivio). Salutiamo la trombatura di Mario Calabresi, pessimo direttore di “Repubblica”; però non sembra di vedere all’orizzonte una qualche novità di linea editoriale. Forse quando scenderanno a 100mila copie al giorno, si chiederanno cosa fare per tornare ad essere il giornale del popolo progressista.
In tutto questo, la penosa Francia attuale, dove a essere generosi si salva il 30 per cento degli elettori (quelli di Hamon, di Mélenchon, e pochi altri), fa finta di essere preoccupata; e l’Unione Europea dei farisei, dei sepolcri imbiancati che non riescono nemmeno a vietare il glifosato, tanto per dire quanto sono servi delle multinazionali (in questo caso, del mostro Bayer-Monsanto), fa altrettanto.
Attenzione: il tema del TAV e quello ancora più scottante della secessione fiscale chiesta dalla coppia di regioni leghiste (di merda) Lombardia e Veneto (con l’aggiunta un po’ più moderata, quindi ancora più vigliacca, dell’Emilia ex “rossa”) dovrebbe aprire gli occhi sulla vera natura di Lega e sovranisti vari, se non fosse già chiaro.
Tutti i sovranisti sono alleati dell’establishment, anche se fingono il contrario. Sono degli impostori, tanto quanto lo furono storicamente tutti i fascismi rispetto al sistema capitalista, alla società oligarchica. Hanno semplicemente adottato una retorica da quattro soldi, che fa presa anche sui poveri, in realtà sui piccoli borghesi impoveriti. Si sentono popolari quanto può essere popolare il razzismo: ci vuole così poco. Si vorrebbero dare un taglio sociale, come quel pagliaccio di Fusaro, nuovo guru della nuova destra, ma sono gli stessi che propongono la “flat tax”, e, appunto, l’”autonomia fiscale”, che ripete semplicemente l’egoismo su scala regionale: i soldi nostri ce li teniamo noi. Eppure, ci sono lavoratori dipendenti, casalinghe, giovani precari, piccoli artigiani e commercianti in sofferenza anche nel Lombardo-Veneto. Proprio come ci sono tedeschi che soffrono i tempi duri, e che pure sono continuamente tentati di fare la stessa cosa (perché pagare per il Sud d’Europa, e per l’Est, perché dare soldi a chi non lo “merita”?).I populisti inglesi, su questo tema (con l’odio per gli immigrati che ne è la faccia speculare) ci hanno fatto la “Brexit”. Invece di rendersi conto di vivere nello Stato più liberista d’Europa, che chiedeva, per bocca dei conservatori, ancora meno vincoli (!) a Bruxelles; invece di ribellarsi al capitalismo finanziario globalizzato che hanno lasciato prosperare a casa loro, dalla Thatcher in poi; hanno volto lo sguardo altrove, all’Europa (che ha avuto la colpa di somigliare sempre di più all’Inghilterra, invece di fare il contrario) e ai migranti, europei e non (dai polacchi ai pakistani).
E’ un gioco così meschino e vigliacco che una sinistra appena degna di questo nome potrebbe ribaltarlo in un amen (si fa per dire, dopo decenni di quest’andazzo è difficile fare marcia indietro). Il rischio forte è quello di dover bere l’amaro calice fino all’ultima goccia, cioè di dover asssistere,dopo le elezioni di maggio, all’alleanza fra ultradestre e moderati (modello Austria, o modello Andalusia, ma ci rientrano anche i paesi del gruppo di Visegrad, guardate come sta tranquillo Orban nel gruppo dei Popolari Europei, accanto a Merkel e Berlusconi); il rischio è quello di dover toccare davvero il fondo,anzi scavare la fossa, prima che la gente capisca che quella che sovranista è la più ipocrita proposta di cambiamento che si sia mai vista nel dopoguerra.Oppure no. Oppure la vittoria sul TAV potrebbe fare il miracolo, almeno in Italia: i ciechi vedono, i muti parlano, i sordi odono. Mancano 100 giorni all’alba. Meglio cominciare a vincere subito, a maggio, che non fra cinque anni. Cominciamo a dire con forza,e a grande maggioranza, che il TAV è una boiata pazzesca. Il resto verrà da sé, un passo alla volta.
Cesare Sangalli