W l'Italia ... fra memoria e attualità ...
Scomunicate “Attila” Salvini(e mandatelo all’opposizione)
L’analisi più corretta del voto italiano (quello europeo è stato assai diverso) l’ha fatta, paradossalmente, il comunista folcloristico Marco Rizzo, e l’ha fattaPRIMA del voto. Intervistato, non a caso, da un giornalista destrorso come Franco Bechis, Rizzo viene sintetizzato nel titolo del filmato su Youtube con queste parole: “La sinistra è papista e gretina”. Giusto, giustissimo, quasi geniale. Lui voleva essere sarcastico, nei confronti della sinistra;tanto che il concetto del sedicente comunista sarebbe potutotranquillamente comparire a nove colonne su “Libero”: “LA SINISTRA E’ PAPISTA E GRETINA”.Rizzo ha perfettamente ragione, ma in positivo. Certo, con tutti i problemi che questo comporta.
Il primo problema, clamoroso, lo abbiamo visto allo spoglio dei voti: 34 per cento alla Lega, 6 per cento a Fratelli d’Italia (cioè un inquietante 40 per cento fascistoide); a fronte del miserabile 1,7 per cento della Sinistra, più un 2,3 per cento dei Verdi (su PD e M5S torniamo più avanti). In altri termini, per ogni povero “papista e gretino”, ci sono dieci potenziali fascisti/razzisti (ovviamente loro negano, ma noi sappiamo che lo sono, almeno potenzialmente, e in molti casi inconsapevolmente). A questa maggioranza relativa non importa assolutamente niente dell’ambiente; ed è evidente che se ne fregano alla grande dei richiami del papa.
Dieci contro uno: scioccante, mai successo in 73 anni di Repubblica (buon compleanno). In realtà le proporzioni non sono così schiaccianti (per la sinistra), ma il trauma serve ad inquadrare bene il problema, a fare un’analisi corretta della situazione politica italiana.
Salvini è “solo” il prodotto estremo del berlusconismo. E’ il “ghe pensi mi” del Nuovo Millennio, l’ennesimo Uomo della Provvidenza/“guappo di cartone” (copyright Marco Travaglio),nella versione cattiva, perché ora non si può davvero dire “ i ristoranti sono pieni, non si trova posto sugli aerei”, come Berlusconi, incredibilmente, faceva ancora nel 2009, a crisi conclamata. La crisi c’è (da un decennio, ormai), e si sente, ma occhio alla trappola in cui sta cadendo la pseudo sinistra dell’ autocritica (apparente): “abbiamo trascurato le periferie”, “abbiamo perso gli operai”, “non abbiamo più un popolo”, “siamo diventati il partito dell’élite”. Se si guardano le cose fino in fondo, non inseguendo i “like”, i “retweet”, i sondaggi, le battute vincenti per le ospitate dei “talk show”, sono tutte cazzate. Non perché il PD, e prima l’Unione, e prima ancora l’Ulivo, non si siano abbondantemente venduti (i vertici) o adattati (la base) al neoliberismo imperante. Ma semplicemente perché lo hanno fatto praticamente tutti, a partire dal famoso “popolo sovrano”, con le destre in testa. Una massa di ipocriti, che in questo preciso momento rappresenta più o meno (facciamo forse torto ad un pezzo di PD) il 70 per cento dell’elettorato. Tutti votati al capitalismo (e alla globalizzazione capitalista), giusto con qualche distinguo, qualche variante, qualche sfumatura diversa, da almeno vent’ anni. Slogan a parte, ovviamente (tipo quello “contro l’Europa dei banchieri” della Lega che porta i soldi in Lussemburgo).
Difficile fare la sinistra in un paese simile, un paese che agli inizi degli anni Novanta era ricco, soddisfatto e ignorante. Qualcuno scrive adesso che la classe operaia, centrale nel partito comunista, non è più la stessa, sia perché minoritaria, sia per aver subito una mutazione antropologica. Bella scoperta: l’Italia è un paese post industriale dal 1981, come registrato dal censimento dell’epoca. La (stragrande) maggioranza delle persone non lavorava più in fabbrica, e nemmeno nei campi (dal 1961): altro che falce e martello; diciamo telefono e computer.
L’Italia del 1991 (altro censimento) è un paese di proprietari della prima casa (e in moltissimi casi della seconda) al 70 per cento (e la percentuale continuava a crescere); ed è un paese di risparmiatori, cioè di proprietari di azioni, obbligazioni, BOT, prodotti assicurativi. Andiamo avanti: è un paese che, a tre anni dalla caduta del muro di Berlino, e dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la fine della Guerra Fredda, il crollo del comunismo; insomma, dopo un mutamento epocale, ha la faccia tosta di andare al voto con l’ipotesi di Andreotti presidente della Repubblica (!) e Craxi premier (!),un’ipotesi accettata da intellettuali e popolo, élites e masse, tranne che dai post-comunisti di Occhetto, da “Cuore”e da Raitre. Giusto i primi exploit della Lega Nord alle elezioni di aprile, i primi segnali di Tangentopoli e la strage di Capaci impedirono che si realizzasse la sciagurata ipotesi. L’Italia era allora (ed è ancora) il paese dell’evasione fiscale di massa, dei condoni e degli abusi edilizi generalizzati, del cemento dovunque e dell’inquinamento totale, con lo smaltimento dei rifiuti affidato in buona parte alle mafie.
La Lega rappresenta, in larghissima parte, proprio quel paese lì, che fa pure finta di essere proletario, quando è solo gretto: non vuole accogliere nessuno, né tantomeno porsi una domanda sulla giustizia nel mondo (ma è pronto a sfruttare gli stranieri);non vuole pagare le tasse (ma è pronto a svenarsi per i servizi privati); è ipermaterialista (ma fa finta di essere cattolico);si riempie di prodotti stranieri, compreso lo smartphone ultimo grido coreano o cinese (ma pretende di essere patriottico). Questoblocco sociale di destra, orasalviniano, non ha la più pallida idea di futuro, ha solo tanta paura, e quindi è pronto a scaricare tutte leansie e le frustrazioni (che sarebbero comprensibili di fronte alla complessità della sfida) su un capro espiatorio (cioè l’Europa in alto e gli stranieri in basso).
Ora,mettere la società davanti allo specchio, e pretendere di aver consenso, è un tantino difficile. Quando un certo tipo di sinistra (assolutamente minoritaria) ci ha provato, nel 1999-2001, con i cosiddetti “no global” (“altermondialisti”), è stata brutalizzata dalle forze dell’ordine, relegata nella sfera dell’ordine pubblico, angariata e calunniata col plauso o l’indifferenza della maggioranza (quella perfettamente descritta da De André nel suo testamento, “Smisurata preghiera”).
E’ scomodo, lo vediamo anche oggi, stare con i No Tav, i No Tap, i No Triv, o ieri con i No Dal Molin (ricordate? La base americana di Vicenza), o contro le grandi navi a Venezia, o contro l’ILVA di Taranto. E’ scomodo perfino contestare gli F35, visto che una parte è fabbricata in Italia (e quindi “crea sviluppo”); o le bombe vendute all’Arabia Saudita, o la finale di Supercoppa esportata a quel regime criminale (e ci stavano provando anche con la Scala).
Ci vogliamo rendere conto una volta per tutte di quanto sia difficile opporre un minimo di dignità all’adorazione incessante, implacabile, della Concretezza, del dio Denaro, del Sacro Egoismo vezzeggiato da mezzo secolo di pubblicità invadente, di marketing astutissimo, raffinato, quasi diabolico?Un paese del genere può mai ascoltare papa Francesco, può mai andarsi a leggere la “Laudato Si’” (bravo Marco Revelli che l’ha citata sul “manifesto”, dopo che la disfatta ha ammutolito tutti quanti), può mai partecipare ai “Fridays for future” se non con un po’ di “millennials” e un po’ di insegnanti, cioè gente che ha stimoli culturali per sfuggire(solo un po’) alla dittatura mentale della santissima trinità Maria De Filippi-Barbara D ’Urso-Mara Venier, o alla Trimurti “reality”- “talent”- “quiz show”; oppure(sui maledetti smartphone) al regime di “influencer”, “youtuber” e cazzari vari?
E’ dura, durissima, fare la sinistra in Italia. E certo non ci può riuscire chi è abituato da anni a stare nelle varie amministrazioni, a campare di politica restando in qualche modo nei palazzi del potere: non si può essere di lotta e di governo. E’ sostanzialmente per questo che la parte a sinistra del PD non riesce a fare almeno come il partito radicale degli anni Settanta-Ottanta, che anche se piccolo, riusciva ad imporre i suoi temi all’agenda politica. E’ ciò che si dovrebbe tornare a fare: battersi con coraggio, sfrontatezza, intelligenza, platealità, su due, tre, quattro temi al massimo. Come in qualche modo hanno fatto quelli del Movimento Cinque Stelle (che si chiama così perché proponeva cinque temi di base), facendo tutto il casino possibile. Non si può accelerare col freno a mano tirato: non puoi pretendere di fare un discorso alternativo al liberismo e al sovranismo in Europa, e al tempo stesso appoggiare Chiamparino del fronte Sì Tav in Piemonte (abbiamo visto come è andata a finire).
Ora, per quanto Salvini sia un pallone gonfiato, il blocco conservatore (fasciocapitalista) che rappresenta è tostissimo, e fa paura (per quanto destinato al declino nel medio periodo). L’emergenza va gestita con la dovuta spregiudicatezza, facendo il prima possibile un governo M5S-PD, perché è assurdo concedere al leader della Lega tutto questo potere e, soprattutto, tutta questa visibilità, quando ha solo il 17 per cento dei parlamentari. Lo mandassero (a calci in culo) all’opposizione col vecchio Berlusconi; e poi vediamo di nascosto l’effetto che fa.
La sfida generale, quella sull’egemonia “culturale”, è assai più difficile, e la dovrebbero combattere innanzi tutto i cattolici, ché troppo a lungo hanno rimandato il “redde rationem”: i veri traditori siamo noi, a ben vedere, molto più della povera sinistra laica. Basta pensare che giusto trent’anni fa, alle elezioni europee del 1989, la Lega nascente aveva la percentuale (minuscola) della Sinistra attuale; e la Democrazia Cristiana la percentuale che oggi ha Salvini. Il passaggio è evidentissimo, quasi in fotocopia (Veneto su tutti), passando ovviamente per Berlusconi. Ma nessuno si è posto veramente una domanda. Un vero dibattito non si è MAI fatto, nell’ambiente cattolico (a sinistra, al contrario, ne hanno fatti troppi). E’ lì la chiave del rebus italiano.
Conclusione obbligatoriamente proiettata sull’Europa, sempre con riferimento a trent’anni fa: l’Italia fu l’unico paese in cui si svolse anche un referendum consultivo sulla natura dell’Europa (e si sa che gli italiani danno sempre il meglio ai referendum). Il quesito era il seguente: “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?”. Il popolo sovrano rispose SI, all’88 per cento, in una elezione a cui aveva partecipato l’81 per cento della popolazione.
Cesare Sangalli