Il Fatto del mese

 

La Bella, la Bestia, e i rubli in Sicilia


Always moving forward”: “ci muoviamo sempre avanti”. E’ questo lo slogan della Lukoil, la più grande compagnia petrolifera russa,e una delle più grandi del mondo, seconda soltanto all’americana ExxonMobil. A muoversi avanti aveva cominciato fin da subito il presidente-fondatore Vagit Alekperov: cresciuto nel cuore dell’estrazione petrolifera sovietica, a Baku (oggi capitale dell’Azerbaigian), figlio d’arte, il giovane Vagit si specializza negli studi del settore petrolchimico, e nel 1990, a soli 40 anni, diventa il più giovane ministro della strategica Industria del petrolio e del gas dell’URSS. Siamo nell’ultimo periodo di Gorbaciov, in piena perestroika (“ristrutturazione”); e con tempismo prodigioso, un anno prima del crollo dell’URSS e del comunismo, Alekperov ristruttura eccome, unendo tutte le fasi della filiera petrolifera (produzione, trasporto, raffinazione, distribuzione), e accentrandole nelle sue mani efficienti. Così, da ultimo gerarca della nomenklatura comunista, diventa presidente della nuova azienda privatizzata ribattezzata Lukoil e quotata in borsa (lui, con il suo 20 per cento, è ancora oggi il principale azionista). Ecco la genesi di un ricchissimo oligarca, che fa affari in joint venture con gli ex nemici capitalisti americani, fino a distribuire benzina negli States, ed estende le sue attività in mezzo mondo. Le sue acquisizioni europee sono per lo più in paesi che orbitavano nella sfera sovietica (Romania, Bulgaria, Estonia, Azerbaigian…); il primo paese “occidentale” dove Lukoil fa acquisti è proprio l’Italia, o meglio, la Sicilia.
Nel 2008, Lukoil rileva da ERG, la compagnia della famiglia Garrone(già proprietaria della Sampdoria), gli impianti di raffinazione nel triangolo del petrolchimico siciliano, Gela-Augusta-Priolo. E qui entra in scena la Bella. Parliamo di Stefania Prestigiacomo, classe 1966, esponente di Forza Italia e due volte ministro nei governi Berlusconi. La Bella il petrolio ce l’ha nel DNA, si potrebbe dire. La sua famiglia infatti (il padre Giuseppe, già vicepresidente di Confindustria Sicilia, la sorella Maria Pia, e lei stessa) è titolare della FINCOE S.r.l. di Casalecchio sul Reno, che dalla provincia di Bologna controlla le ditte di lavorazione del petrolio in Sicilia COEMI, VED e Sarplast (su queste ultime torneremo dopo). Non solo: la Bella è nipote del fu Santi Nicemi, presidente democristiano della regione Sicilia negli anni Ottanta, e consigliere siracusano all’Assemblea regionale siciliana (la mitica ARS) già nel 1971. Lo zio di Stefania è protagonista del primo scandalo che lambisce la famiglia (ma saranno sempre assolti, e le inchieste su di loro archiviate): è il giro di tangenti (“scandalo ISAB”, 1973) che i genovesi Garrone avrebbero versato ai politici siciliani per avere i permessi ambientali della raffineria ISAB, proprio quella che nel 2008 passerà ai russi di Lukoil. Attenzione: nella sporca storia della raffineria c’è pure un omicidio: quello di Salvatore Gurreri, rimasto l’unico a non voler abbandonare l’area di Marina di Melilli, dove sorge l’impianto: gli altri 800 abitanti, dopo una lunga resistenza, erano stati trasferiti altrove con compensazioni in denaro. L’ostinazione di Gurreri gli costò la vita, nel 1992.
Ma la giustizia si occupò altre volte dei Prestigiacomo, per esempio per le “lesioni colpose” dovute all’attività della Sarplast di Priolo: incidenti sul lavoro, malattie gravi dei dipendenti, neonati con malformazioni da agenti inquinanti. Stesse accuse riguarderanno la VED, che produce vetroresina. In questo caso un provvedimento arriva: lo Stato impone la bonifica del sito nel 2008, si raggiunge un accordo che prevede l’investimento di 774 milioni di euro. A concludere l’accordo con la famiglia Prestigiacomo, sapete chi c’è, nuova ministra dell’Ambiente? Proprio lei, la bella Stefania. Ovviamente della bonifica non ci sarà traccia. Ma Prestigiacomo è attivissima su tutto il fronte della “dark economy”, l’impero dei combustibili fossili. E’ lei che firma l’AIA, l’Autorizzazione integrale ambientale, per la Lukoil, che ringrazia (2011). E’ lei che chiede di innalzare i livelli di emissione di CO2 (in culo all’accordo di Kyoto) all’Unione Europea, per dare una mano ai Riva che avvelenano Taranto con l’ILVA, e all’amica Emma Marcegaglia, già presidente di Confindustria, col suo inceneritore pugliese (grazie all’ottimo Gianni Lannes, giornalista freelance, per l’informazione).
Confindustria, soprattutto quella siciliana, e quella targata Marcegaglia, si dimostra un ottimo vivaio per aspiranti  carrieristi e inquinatori (alcuni dei quali passeranno da icone della legalità a indagati per mafia): per esempio, Gianluca Gemelli, rampante rotariano originario di Augusta, una delle città sacrificate all’oro nero, vicepresidente dei Giovani Imprenditorinegli anni Zero; la presidente, che diventerà la sua compagna, è Federica Guidi (mentre i confindustriali anziani  sonoguidati da Emma Marcegaglia, appunto). Ricordate lo scandalo della Tempa Rossa (sempre e solo petrolio, stavolta in mezzo ci sono la Total e l’ENI in Basilicata, cioè lo smaltimento dei rifiuti tossici nella Val d’ Agri)? Ricordate le telefonate intercettate fra la Guidi, ministra delle Attività Produttive nel governo Renzi e il suo compagno Gianluca Gemelli, che la stressava, chiedendole l’impossibile? Ricordate la famosa telefonata intercettata, quel “mi tratti come una sguattera guatemalteca?”, che insieme ad altre pesanti compromissioni indusse la ministra a dare le dimissioni? Ecco, in quella inchiesta, targata Henry John Woodcock (autentico incubo dei poteri forti) c’era anche il “traffico di influenze” fino all’”associazione a delinquere” che riguardava  il porto e impianti da realizzare ad Augusta, e coinvolgeva anche il presidente “antipizzo” di Confindustria siciliana, Ivan Lo Bello, che lanciò la carriera di Montante (vedi: “Minniti e gli 007: una carriera Montante”).
Insomma, Sicilia e petrolio, inquinamento e coperture, poteri forti e clamorosi conflitti di interessi.
Il settore si  presta agli scivoloni del potere. Veniamo all’attualità (la Bella è il passato): ora entra in campo la Bestia. Da intendere come il formidabile centro operativo sui social network creato da Luca Morisi per imporre a tutta Italia la figura del Capitano, il nuovo aspirante ducetto, Matteo Salvini. Salvini entra in campo pure lui, da ministro (degli Interni), ed entra a gamba tesa, nelle faccende del petrolio siciliano che parla russo. La storia di inizio estate è nota: i lavoratori della Lukoil di Priolo, minacciati di licenziamento, entrano in sciopero e manifestano contro l’azienda russa davanti alla raffineria. Ma il prefetto di Siracusa,Luigi Pizzi, vieta le manifestazioni senza addurre nessuna motivazione di ordine pubblico. Lo scandalo esplode quando viene pubblicata una lettera dell’ambasciatore russo Sergej Razovallo stesso Salvini, che inizia con un confidenziale “Caro Matteo…”:  dal momento che le aziende italiane in Russia possono lavorare in totale tranquillità – è il ragionamento del diplomatico – a Mosca ci si aspetta altrettanto per le aziende russe nel Belpaese. Figuriamoci: uno sbirro come Putin “richiama all’ordine” il suo emulo Salvini (che qualche tempo dopo chiederà agli italiani “pieni poteri”); e l’aspirante Grande Leader sovranista prontamente esegue, facendo pressioni sul prefetto siculo, che risponde con zelo, come ai vecchi bei tempi del Ventennio: prove tecniche di regime. Ma siccome l’Italia non è (non è ancora?) la Russia della “democrazia illiberale”, l’ossimoro creato dal mitico Vladimir, già amico dell’altro aspirante “autocrate democratico”, Berlusconi, la faccenda fa scandalo e costringe tutti quanti i protagonisti ad una immediata e goffa retromarcia. La compromissione con Mosca viene fuori poco prima dell’altro scandalo russo: la presenza del faccendiere Savoini, nella lista del ministero degli Interni alla cena ufficiale all’ hotel Metropol, e soprattutto l’intercettazione in cui l’imprenditore parla della tangente da 65 milioni di euro da versare alla Lega, proprio in un import-export di petrolio: l’ormai ex ministro dell’Interno è indagato per corruzione internazionale dalla Procura di Milano; e prima o poi sarà chiamato alla sbarra. A quel punto non ci sarà nessuna Bestia a parlare per lui. Tutt’altra classe aveva la Bella (la scuola democristiana resta insuperabile). Per quelle come lei, e per il suo mentore Berlusconi, aspettiamo con ansia (che volete, sono solo 25 anni…) la famosa legge sul conflitto di interessi: mai più imprenditori del petrochimico che diventano ministri dell’Ambiente, per esempio. Magari col nuovo governo “giallorosso” è la volta buona.

Cesare Sangalli