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L’etica di Paperino
A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, incredibile ma vero, abbiamo un governo di (centro) sinistra in Italia. La migliore celebrazione di quell’evento storico è il manifesto-tweet del PD, uscito per l’occasione: “Potete costruire muri, ci troverete ad abbatterli”. Ovviamente i giornali di destra si sono scandalizzati: segno buono, colpiti e affondati. Applausi a chi ha avuto l’idea. Rilanciando sul crollo del comunismo e sulle politiche anti migranti, il PD ha gettato il cuore oltre l’ostacolo.
Questo dovrebbe essere l’atteggiamento da tenere nei prossimi mesi (anni): fregarsene dei sondaggi, dei piccoli calcoli elettorali, dell’Umbria, della Calabria e dell’Emilia (non ci sono più “feudi rossi”, non si può più campare di rendita), delle analisi e dei commenti, sparsi con generosità da tanti che ricordano moltola gente di De André , quella “che dà buoni consigli perché non può più dare il cattivo esempio”. Il discorso vale anche per il M5S, ma il PD (la sinistra) alle sconfitte, e pure alle disfatte, c’è abituato, ha un allenamento (abbonamento?) storico, che potrebbe consentirgli di abbracciare l’”etica di Paperino”.
Paperino è di gran lunga il più simpatico dei personaggi creati da Walt Disney perché incarna l’esatto contrario dello “spirito americano”, è un perdente per antonomasia, eternamente innamorato, eternamente squattrinato, un vero “drop out”, che passa in un attimo dal divano in cui si crogiola nei sogni alla più mirabolante delle avventure: il cuore oltre l’ostacolo, appunto, senza mai un calcolo, senza mai cercare un tornaconto, per il gusto del divertimento, che poi è quello dei suoi lettori.
Dalla caduta del Muro, il segretario più Paperino che ci sia, Achille Occhetto, quello che ha fatto la svolta che nessuno osava fare, è stato ad un passo dalla vittoria (nel mitico 1993, quando viaggiava col vento in poppa), ma poi se l’è vista scippare da Gastone-Berlusconi, il fortunato, il vincente pieno di sé, nel funesto 1994.
Le successive vittorie di Prodi erano, in realtà, pareggi truccati: nel 1996 dalla fuoriuscita della Lega dalla coalizione di centrodestra; nel 2006 dalla manciata di voti in più raccattati dagli italiani all’estero, e trasformati dal maggioritario in (debolissima) maggioranza. Idem la celebre “non vittoria” di Bersani nel 2013. Trent’anni di sconfitte, con qualche piccola eccezione qua e là (non citiamo nemmeno la vittoria di Renzi, alieno di centrodestra, autentico Gastone della politica, alle europee del 2014).
Il Movimento 5 Stelle c’è nato, con l’etica di Paperino: irriso da tutti nei primi anni, con pochi mezzi, senza apparato, senza radicamento, cresciuto raccogliendo soprattutto i voti di chi si sentiva tagliato fuori dal gioco, i perdenti di sempre (giovani, disoccupati, operai, donne, il Sud) . Paradossalmente, è stata la vittoria a nuocergli, la prova di governo. Anche per loro è spuntato un Gastone di destra, un fortunato sbruffone come Salvini, che se li è mangiati un po’ alla volta, ma che poi si è punito da solo per la sua presunzione, come nei racconti Disney.
Il nuovo governo Conte è già attaccato da tutti, dopo solo un paio di mesi, e con l’onere di una finanziaria che nessuno si voleva intestare. Il M5S di veri amici nei media non ne ha mai avuti. Per il PD, vale la fulminante battuta di Fiorello nel nuovo show: “Alla Croce Rossa si dice: è come sparare sul PD”. La cosa che più dà fastidio è che i supercritici si limitano a sottolineare l’ovvio (le liti quotidiane, le incertezze sui provvedimenti, gli attacchi dell’opportunista Renzi, gli smarcamenti del vacuo Di Maio), e a fare congetture su un eventuale nuovo governo, sulle tattiche giorno per giorno, senza mai prospettare un vero tema, senza mai fare una battaglia culturale sui contenuti, ormai completamente incapaci di andare oltre il gossip politico.
Ma Zingaretti e Conte sono grandi incassatori. Hanno preso la disfatta dell’Umbria in stile Blues Brothers, scrollandosi le macerie di dosso come Jake e Elwood dopo l’ esplosione del palazzo in cui abitavano. Il loro stile è già una rivoluzione, nell’era degli “sboroni”, dei twittatori seriali, delle balle su Facebook, delle abolizioni della povertà con i selfie.
Ora, la situazione è pessima, la maggioranza è fragile, la destra compatta come una falange macedone, i margini di manovra, a livello economico, molto ristretti. Eppure, di Conte e di Zingaretti, e di conseguenza del PD e del M5S (e di LeU), sappiamo tutti che ci si può fidare. Sono (siamo) persone perbene. Noi, che eravamo ventenni negli anni Ottanta, che abbiamo visto il mondo cambiare completamente senza avere mosso un dito, nel 1989 e dintorni. Noi, generazione di ignavi, di chi non è mai sceso in piazza, almeno in gioventù, almeno la gran parte, perché c’era poco per cui scendere in piazza, o almeno così ci sembrava. Noi, fratelli minori e disimpegnati dei mitici sessantottini, noi che siamo arrivati tardi in tutto, sempre abbastanza fuori tempo, sempre abbastanza fuori fase. Siamo diventati cinquantenni quasi senza accorgercene, e continuiamo a navigare a vista con le nostre famiglie incasinate, con i nostri figli fragili per i tanti nostri errori in buona fede, eppure stranamente attrezzati per il futuro, quasi come Qui, Quo Qua con Paperino, appunto. Non siamo né autorevoli, né autoritari. Procediamo per prove ed errori. Andiamo random verso il futuro. Non è facilissimo ammetterlo, ma questo è il governo che ci rappresenta di più. Indeciso a tutto. Però ancora a galla, in questo mare magno. Più resistente di come sembra. Probabilmente migliore di come viene rappresentato. In fin dei conti, siamo stati la generazione meno conflittuale di tutte, in gioventù. Gli estremismi erano fuori moda, anche perché vedevamo chiaramente come avevano svoltato i “rivoluzionari”. Se fossimo appena coerenti, chiederemmo almeno la legalizzazione della cannabis, che con noi è stata ampiamente “normalizzata”, non era nemmeno più una vera trasgressione, noi possiamo anche farci le canne coi nostri figli e nipoti.
Tutto sommato, siamo più avanti di questa regressione paurosa. Migliori del bullismo di questi tempi malati. Non abbiamo certo un passato da odiatori, anche se una parte di noi lo è diventata, nonostante abbiamo scoperto i “social” da adulti e vaccinati, noi che siamo l’ultima generazione analogica, o per dirla con Concita De Gregorio (una coetanea, come Marco Travaglio) siamo “l’ultima generazione che ha avuto un futuro e la prima che non l’ha avuto più”.
E’ l’ultimo treno? Probabile. Difficile immaginare Conte, Zingaretti, e compagnia cantante di cinquantenni ancora in “pole position” fra dieci anni. Ma possono (possiamo) ritirarci lasciando una firma, un’impronta, spingendo i “millennials”, che sono già migliori di noi, verso il Futuro.
Noi non siamo cresciuti con il mito della vittoria. Facciamo passare quest’orrida nottata fascistoide, e consegniamo la vecchia buona Italia repubblicana in condizioni decenti a chi ci segue. Approfittiamo di questa inedita maggioranza parlamentare per far passare un po’ di provvedimenti che aspettano da troppo tempo, come una legge sul conflitto di interessi o una riforma del sistema televisivo (una TV che i millennials non guardano molto poco, ma che conta ancora parecchio, in un paese anziano che legge pochissimo); o come lo “ius soli” e/o lo “ius culturae”. Cauteliamoci dai Gastoni della politica, i vincitori del “qui comando io”, con una legge elettorale proporzionale, meglio se senza soglie di sbarramento, per dare rappresentanza ai Paperini della sinistra “radicale” (fra cui chi scrive). Aboliamo il numero chiuso nelle università. Tagliamo finalmente le spese in armamenti, magari per finanziare il servizio civile obbligatorio, come accesso ad un reddito di cittadinanza universale, riservato alle nuove generazioni (ma qui Paperino sta già sognando a occhi aperti).
Se proprio il destino è quello di essere sconfitti, tanto vale osare fare qualcosa di bello e giusto, fregandosene del consenso. Hai visto mai che magari un po’ di gente si stanca di votare Gastone, Gambadilegno, Rockerduck, i maschi (o le maschie) alfa, soprattutto se dovesse vedere una Rosy Bindi-Nonna Papera presidente della Repubblica nel 2021. Andate avanti tranquilli, Conte e Zingaretti: l’etica di Paperino, alla fine, è sempre vincente.Cesare Sangalli