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...E le sardine diventarono Compagne nel Vangelo
I tempi sembrerebbero propizi. L’attesa è stata lunga, e potrebbe durare ancora, il nostro è solo un auspicio, una visione, un’idea. Parliamo dell’impegno dei cattolici in politica. Detto in altri termini, più clamorosi e “scandalosi”, della nascita di un partito/movimento dei cattolici, nel senso più ampio del termine (d’altra parte, “cattolico” significa “universale”). Per abbracciare tutti quelli che possono in qualche modo riconoscersi nei valori del Vangelo (anche i non credenti, quindi). Quelli che vedono in papa Francesco un punto di riferimento sicuro, un gigante in un’epoca di nani.
La sensazione è che siano (siamo) tanti. La certezza è che a sinistra del PD, purtroppo, c’è soltanto una piccola galassia dispersa di sigle, che equivale in pratica al nulla. Perché quella dovrebbe essere la collocazione del “partito dei cattolici”: a sinistra del PD. Con la parola d’ordine che è il totem e tabù della sinistra da anni ( da sempre): unità.
Partiamo proprio dal concetto di unità. “L’unità politica dei cattolici”: era un mantra, molti anni fa, una specie di dogma (un po’ come la “fedeltà all’Alleanza atlantica”, cioè l’appartenenza alla NATO: ci torniamo più avanti). Significava semplicemente restare fedeli alla Democrazia Cristiana (vedi “La messa è finita” in archivio). Ecco, per misurare la traversata del deserto (che non è certo finita) ritorniamo al 1992: il criterio è il tempo trascorso per andare da Ruini a Ruini, una specie di chiusura del cerchio. Ventisette anni. Una generazione. Quindi: Ruini nel 1992, in piena Tangentopoli, con la DC allo sfascio, sempre più travolta dagli scandali, corrotta da quasi mezzo secolo di potere ininterrotto, vorrebbe continuare come se nulla fosse. Quando si dice il dono della profezia, saper leggere lo Spirito dei Tempi: la DC subisce una prima scissione, poi cambia nome, si divide ancora, quindi si spappola nella Margherita e infine sparisce nel PD. Adesso, speriamo con altrettanta capacità di visione, “don Camillo”, in un’intervista al “Corriere della Sera” (sempre più destrorso), legittima Salvini, e prende le distanze dai cattolici progressisti, cioè da papa Bergoglio, che sicuramente detesta (probabilmente ricambiato), al di là dei soliti, falsissimi, attestati di stima.
Il cardinale in pensione, comunque, si tradisce quando dice che la “demonizzazione di Salvini” potrebbe essere il preludio di una “caccia alle streghe” all’interno del mondo cattolico, perché è in atto una “polarizzazione e radicalizzazione”. Hai capito bene, don Camillo: il gioco si è fatto duro, durissimo, e i conservatori (voi, caro Ruini) giocano sporco, sono dei veri luridi, da Burke a Muller (e molti altri cardinaloni, soprattutto a stelle e strisce). Ci sono in giro dei siti “cattolici”, con tanto di definizioni formali, che dipingono Bergoglio come l’Anti Cristo. E’ pieno di leghisti, devoti di Medjugorje (e dell’Opus Dei), che dicono che il loro papa è Ratzinger, mica quel comunista di argentino. Hanno finalmente trovato pane per i loro denti. Bergoglio li conosce, e li combatte da par suo. A livello politico, sa bene che se oltre metà dei cattolici americani vota per Trump, e oltre metà dei cattolici francesi vota Lepen (per non dire di tanti cattolici “sovranisti”, polacchi, ungheresi, austriaci, croati, spagnoli, svizzeri, eccetera)significa che la Chiesa ha un problema, un grosso problema.
In Italia vale lo stesso discorso (vedi “Scomunicate Attila Salvini” in archivio): le aree ex democristiane, soprattutto quelle benestanti del Nord (il triste Veneto su tutte), sono diventate leghiste, alcune subito, altre passando per Berlusconi: più che un cambiamento politico, una mutazione antropologica vera e propria (prima ancora, un cambiamento sociale determinante: da poveri a ricchi, con un benessere adesso minacciato) . Questo papa per loro è in gran parte un estraneo, perché portavoce del “pauperismo cattolico sudamericano” (come ha sottolineato Ruini), che con il popolo delle partite IVA e delle villette a schiera, dei centri commerciali e della “figa”,c’entra ben poco . Quella è l’Italia del cemento (e delle Grandi Opere), dello sviluppo ad ogni costo, dell’ “uomo a una dimensione” (i “danée”, gli “sghei”), drogato di consumi, che s’aggrappa a un po’ di “tradizione”, al crocifisso e al presepe, per non vedere il vuoto dentro e fuori di sé. Ma la lotta “finale” per salvare il pianeta mette in clamoroso fuorigioco l’Italia dell’orrido quarto di secolo berlusconiano-leghista-sovranista. L’enciclica “Laudato Si’”può veramente diventare il Manifesto della Sinistra del Nuovo Millennio. Quale migliore fonte di ispirazione? L’enciclica (2015) ha un vero respiro mondiale (l’aspirazione “universale” appunto), unisce cinque continenti in un unico abbraccio. Non c’è paragone con nessun’altra fede, per diffusione e varietà di popoli e culture al suo interno. Il mondo cattolico ha abolito da un pezzo i confini. E’ anti sovranista per definizione, e per eccellenza; è anticapitalista e ambientalista per vocazione; dà un senso, un valore profondo alla “decrescita felice” (“abbondanza frugale nella solidarietà”) di Latouche . E soprattutto, è portatore di una cultura pacifista e nonviolenta, ha pieni titoli per contestare le armi nucleari (“immorali e criminali”), le spese militari come furto sociale, l’ignobile commercio di armi attuato dai paesi del Nord del mondo che dominano l’ONU, a partire dagli USA.
E’ il mondo cattolico che può chiedere la fine della NATO da posizioni inattaccabili (non certo la vecchia sinistra militante, che lo faceva ai tempi dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, e tutt’ora vede esponenti - piuttosto anziani, per la verità - che strizzano l’occhio a Putin, o in passato a Milosevic; oppure ad Assad, a Ortega, all’Eritrea, e perfino all’Iran, basta che si tratti di un “nemico” di Washington).
Abbandonando una volta per tutte, ovviamente, la miseria della politica “dei valori non negoziabili”, quella che vedeva gente come Quagliariello di Forza Italia dare dell’assassino in Parlamento al papà di Eluana Englaro, mentre Ruini negava le esequie religiose al povero Piergiorgio Welby. Nunca màs. Ma soprattutto rovesciando l’idea, tanto data per scontata quanto assurda in realtà, che “cattolico” debba essere sinonimo di “moderato”. Come se il Vangelo non fosse un continuo, fortissimo richiamo alla radicalità. Come se papa Francesco non attaccasse un giorno sì e l’altro pure la mentalità borghese.
L’altro “peccato originale” da cui un movimento/partito dei cattolici dovrebbe in qualche modo emendarsi è quello legato a ogni difesa del Patriarcato e alla chiusura verso il mondo LGBT. I “nostri” due punti deboli, anche se meno di quello che si pensa normalmente. Le femministe più attente si sono accorte che il mondo cattolico può essere un alleato prezioso, per quanto insolito (un “dark horse” lo definisce Giulia Blasi, della campagna “Quella volta che…” e del “Manuale per ragazze rivoluzionarie”): chiunque frequenti una parrocchia, sa bene quanto le donne siano maggioranza soverchiante. Più o meno come nel mondo scolastico. E il messaggio evangelico, nel suo rovesciare i punti cardinali della Città degli Uomini (che si potrebbe anche definire “Città dei Maschi”), nella sua opzione radicale verso quelli che non esercitano il Potere, verso i poveri e gli oppressi, gli esclusi e i discriminati, è quanto di più accogliente , inclusivo e “femminile” ci sia al mondo.
Ecco perché dovrebbe nascere un partito dei cattolici, che si potrebbe chiamare “Compagne per il Vangelo”. Così, al femminile per tutti, sull’esempio spagnolo di “Unidas Podemos” (vedi “Fascisti su Venere”). “Compagno” è una bellissima parola, è colui che condivide il pane lungo il cammino; ed è un termine sicuramente apprezzato da tutta la sinistra.
Il richiamo esplicito al Vangelo non dovrebbe scandalizzare nessuno che creda nella profonda umanità della testimonianza di Gesù Cristo; e se invece sì, ben venga. “Compagne per il Vangelo”. Il simbolo potrebbe essere, in epoca di “sardine”, proprio il pesce stilizzato che accompagnava i cristiani delle catacombe: perché in Italia, cattolici democratici e sinistra radicale, così come i pacifisti, e, prima di Greta, gli ambientalisti e i “no global”, vengono da anni di oscurità, sono (siamo) stati immersi, in apnea, troppo a lungo.
Le varie sigle della sinistra potrebbero sciogliersi senza ulteriori traumi, ché i cattolici e le donne sono più abituati a stare insieme e a comporre i conflitti. Un tale partito potrebbe puntare fin da subito al dieci per cento, o comunque ad una quota oltre ogni soglia di sbarramento. E accogliere i tanti delusi del PD e del M5S, e quelli che non votano più da tempo (più o meno il popolo delle sardine, appunto). Una leadership tutta al femminileè obbligatoria, almeno in partenza. Un nome?Noi diciamo Monica Di Sisto, docente di economia che si batte da anni contro i trattati di libero commercio. Ma siamo sicuri che, lontano dai riflettori, ce ne sono tantissime, di “Compagne per il Vangelo”, pronte a guidare il movimento. Sta per iniziare un nuovo decennio, e questo è il nostro “messaggio nella bottiglia”. Buoni anni Venti, e buon vento, a tutti.Cesare Sangalli