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Novelle per un anno
(omaggio a Joseph Tusiani)


Joseph (Giuseppe) Tusiani, nato a San Marco in Lamis (Foggia) il 14 gennaio1924 e morto a  New York l’11 aprile 2020, “poeta dei due mondi”, ha scritto in italiano, inglese, latino e nel dialetto garganico del suo paese di origine.
Più famoso negli U.S.A, dove insegnò e passò tutta la sua vita da adulto, che in Italia (anche se tornava ogni anno nella sua amata terra foggiana), primo e unico americano a vincere uno dei massimi riconoscimenti per la poesia in Inghilterra (il Greenwood Price, 1956), accademico di enorme sapere, Tusiani è il simbolo del miracolo della cultura umanistica, che unisce il dialetto paesano al latino classico, la povertà misconosciuta del Sud alla gloria americana, ispirato sempre da una grande fede e una grande amore per la vita.

Conferenza su Joseph (Giuseppe) Tusiani “Novelle per un anno” (tenuta da Maria Pia Fusco, San Severo 2019)
(…) “Novelle per un anno”, ultima fatica di Giuseppe Tusiani, a mio avviso, richiede un altro tipo di attenzione: l’attenzione di scavare nell’intimo come mai prima d’ora con le altre opere.
Vi chiederete perché questo? Il perché lo diremo in appresso ; ora basti sapere che l’autore ha dettato tali carmi e , così come Omero dettò l’Odissea, e…senza scadere in scomunica, Cristo dettò i vangeli, anzi, non li dettò neppure, semplicemente parlava. Ecco, la “Parola”.  Quando si ha padronanza della materia, parlare equivale a scrivere, dettagliatamente. I grandi oratori affermano che, se non si sa parlare, difficilmente si scriverà bene. Lo conferma Giuseppe Tusiani che, insignito dello status di “poeta antico”, ne dà prova concreta dettando le sue poesie. Gli antichi padri citavano: “Rem tene verba sequentur” (Cicerone De oratore); avendo padronanza della lingua, le parole fluiscono spontanee. Premesso questo, teniamo a focalizzare la vostra attenzione su una quaestio: anno 2019 siamo nel 500° anno leonardiano, il più grande genio di tutti i tempi (Leonardo muore nel 1519). Lionardo da Vinci. Stupiti? Vi state chiedendo: “Ma cosa importa a noi di Leonardo, se si deve illustrare l’opera di Giuseppe Tusiani?” Capirete presto perché ho osato citare Leonardo in rapporto al nostro Giuseppe Tusiani.
Leonardo nasce ad Anchiano, nel cuore della Toscana, il 15 aprile 1542 e lascia questa vita terrena nel castello di Cloux (ospite del re Francesco I) in Amboise il 23 aprile 1519. Leonardo chiese per la sua anima 33 messe (numero strano, vero?); e per il suo corpo solenni funerali; nonché di riposare (caso strano) nella chiesa di San Fiorentino (il legame con la seconda madre, la sua terra di Toscana, come un cordone ombelicale, non si è mai reciso). Il grande genio ha dato tributo alle sue due madri: Caterina, e la loro Toscana.  Caterina, la madre che lo ha partorito, allattato e nutrito, gli insegno l’amore per la natura, le piante, gli animali; in una parola, il rispetto per il Creato, e per tutto ciò che è debole e indifeso. A lei Leonardo darà il più grande omaggio che un essere umano abbia mai dato alla propria madre.  Caterina, una popolana di bell’aspetto, dà alla luce Leonardo da un incontro amoroso con ser Piero Da Vinci, notaio in Vinci. Tale relazione, per quei tempi , non poteva aver seguito: un notabile non poteva sposare una popolana. Fu così che, in età adolescenziale, Leonardo venisse strappato dalle cure di Caterina, per essere affidato ad Albiera degli Amadori, la moglie di ser Piero Da Vinci. Possiamo immaginare, senza difficoltà alcuna, che Leonardo soffrì moltissimo tale distacco; ma non dimentica, il grande genio, gli insegnamenti portigli dalla madre Caterina, di cui serberà con sé un ricordo vivissimo e un affetto filiale immutato. Il tempo passa; Leonardo va a bottega dal Verrocchio; non tarda a mettere in mostra le sue doti artistiche; frequenta i palazzi delle più importanti signorie. Finché una sera, a palazzo Gonzaga*, si presenta davanti al genio di Vinciuna dama il cui nome rispondeva a Lisa del Giocondo, chiedendo al maestro con garbo un ritratto della sua persona. E’ la folgorazione! Leonardo la guarda, la studia, ne osserva le fattezze, le movenze. “Sì, sì, si!”, grida in cuor suo “E’ lei! E’ lei!”. Madonna Lida ha le stesse sembianze della madre Caterina, gli stessi capelli corvini, gli stessi occhi, la stessa età di quando l’ha partorito. Il genio di Vinci esclama: “Signora Lisa, subito all’opra!”. Lisa è sbigottita dalla pronta accoglienza del suo desiderio da parte del maestro; ma ahimè non sa che ella sta solo prestando le sue sembianze a colei che dopo la Sanissima Vergine è la donna più amata del mondo dal grande genio. Ed ecco la Gioconda. Or dunque, se i perbenisti  del tempo volevano si dimenticasse colei che aveva dato la luce a  Leonardo, questi erano ora definitivamente sconfitti, la popolana che doveva rimanere nascosta, la donna di cui si doveva dimenticare perfino l’esistenza, sarà la donna, dopo la madre del Cristo Risorto, più celebrata al mondo; la più vista, la più visitata, la più desiderata, la più rubata, la più blindata. Non c’è parte del globo terrestre che non celebri, con le dovute onranze, la Gioconda. Non c’è museo che non se la contenda anche per un solo giorno. Non c’è studioso d’arte che non abbia il folle desiderio di possederla. Uno dei musei più visitati al mondo, il Louvre, ha in tutto il suo museo, una sola freccia, dagli interrati all’ultimo dei piani, che indica un solo quadro in qualsiasi parte del museo ci si trovi. L’unico quadro blindato, piantonato h24, con spessi vetri antiproiettile e cordoni di protezione: la Gioconda. E non c’è bisogno di dire di chi sia la firma: il globo lo sa, la Gioconda uguale Leonardo. Il quadro che il mondo ci invidia è un olio su tela. La donna dipinta da Leonardo porta sul capo una specie di tulle trasparente: era questo il copricapo delle puerpere (Caterina aveva appena partorito Leonardo). La dama in questione non porta gioielli di alcun genere (la madre era una popolana, non portava abitualmente gioielli, non vi sono stemmi che la identifichino: è una polana). Ma c’è un punto focale nel dipinto, che identifica lei e colui che l’ha dipinta: il favoloso paesaggio toscano campestre, quella natura che Caterina impartì a Leonardo di rispettare, e che il genio dei geni avrà sempre come punto fermo, tanto da dire: “La natura è, nella vita e nell’arte, la Maestra dei Maestri”. Fantastico Leonardo.
Giuseppe Tusiani nasce in un umile paese sulla montagna del Sole (San Marco in Lamis, provincia di Foggia). In un umile casa (Lapadula) da umile madre. Anche per lui la madre è e sarà un punto fermo nella sua vita, insieme alla sua amatissima nonna. La madre come nessuno legge nel cuore di questo suo figliolo, e legge (lei analfabeta) che non sarebbe mai stato un carpentiere; lo sa, lo avverte, lo conosce, gli legge nel cuore. Ma come tutti coloro che ci conoscono profondamente, indi ci amano smisuratamente, tace. Non gli palesa quello di cui lei stessa ha paura. Lo conosce; sa che è dotato di un ingegno fuori dal comune. Così come la madre del genio di Vinci, la madre di Giuseppe Tusiani è una popolana. Come la madre del grande Leonardo, è analfabeta. Come la madre del genio dei geni, non porta abitualmente gioielli; né è avvezza ai “picchetti di onore”. Il suo unico ruolo è amare e capire. E capisce molto presto che il suo Giuseppe dovrà, badate bene, dovrà non potrà, ma dovrà studiare, perché? Perché un pesce messo fuori dall’acqua muore. La madre capì quello che Giuseppe Tusiani capisce forse soltanto adesso. Scrive infatti in una delle sue poesie: “No, non è il girello che mi tiene in vita; né i farmaci; né le cure costose; no, è la poesia che mi tiene in vita”. Sì, la sua madre lo capì quasi un secolo fa. Così come la madre di Leonardo soffrì nel vedersi divellere il suo figliolo suo amato, ma acconsentì pur nel dolore che ciò avvenisse, a che il grande Leonardo potesse formarsi nelle migliori botteghe d’arte e potesse dar sfogo al suo genio; così la madre del nostro Tusiani non vietò alla sua amata madre, nonna del poeta, di non dar seguito all’operazione delle cataratte, affinché tale somma potesse essere destinata agli studi del suo Giuseppe. Pur soffrendo moltissimo al pensiero che la nonna dell’autore, facendo tale scelta, sarebbe rimasta cieca per sempre; percepì, però, in maniera compiuta, che sua madre avrebbe sofferto ancora di più se si fosse operata, perché in tal modo avrebbe tarpato le ali a chi amava. E solo in virtù di ciò, la mamma dell’autore acconsentì che la nonna di Giuseppe Tusiani non si operasse.
Quante analogie, fra le due madri! L’amore è davvero “la forza che move il mondo e l’alte stelle”. L’amore, così come l’arte, la musica, la poesia, non si comprano e non si vendono, perché sono doni donati da “Colui che tutto muove”, per tanto non hanno prezzo, non sono sul mercato. Eppure, ciò che nessun magnate può comprare, ci condiziona tutta l’esistenza, dalla culla alla tomba. L’amore che Giuseppe Tusiani mette nelle sue opere. Amore per le parole, per il Creato, per il sentire. Attraverso la poesia, Giuseppe Tusiani tesse relazioni, parla all’uomo dell’Uomo. Piange e ride per tutti, è per questo che ci rispecchiamo nei suoi versi; ci accorgiamo di debolezze e rancori; ci ravvediamo sulle nostre acredini. Sì, è un bell’insegnamento. Non a caso insegnare equivale a lasciare un segno, e scrutare nelle pieghe dell’animo umano. Così come Socrate aiutava a partorire idee, e avvolgerle verso il bene, Tusiani ci aiuta a partorire noi stessi. Per questo ed altro ancora, profondamente grazie, professor Tusiani
Maria Pia Fusco
A QUESTA ETÀ

A questa età mi chiedo se domani
io sarò qui a domandarmi ancora
quale amico destino mi ha tenuto
legato a un nuovo giorno detto vita.
M’accorgerei che non cambia la vita
durante il corso della notte muto,
e che, mentre io dormivo, sol l’aurora
s’apprestava a riprendere i suoi piani—
piani di luce per altro domani,
piani di sole per altro saluto
alla terra lontana senza vita
perché assonnata e cieca e sorda ancora.
Sicuro ormai di un’altra viva aurora
e d’un novello dono ricevuto,
inneggerei, inneggerò alla vita,
“Oggi” chiamandola, e non più “Domani.”

Joseph Tusiani

New York, 27 ottobre 2016