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In quarantena in Italia c’è solo la sinistra


Alla fine della prima (e si spera ultima) estate della pandemia, sale spontaneo uno sfogo: che palle il Covid 19.
Finita la fase eroica (l’Italia che dà il meglio sulla linea Piave, come sempre); svanita l’illusione di uscirne migliori, la sera stessa dell’arrivo di Silvia Romano dall’Africa, a maggio; superata senza traumi la riapertura progressiva, la cosiddetta fase due; dopo tutto questo, finalmente,è esplosa l’estate in un clima da “Vamos a la playa”, una fase in cui le polemiche (su tutto e sul contrario di tutto) sono diventate come un “reggaeton”, un ritmo di sottofondo in cui si va avanti come se nulla fosse, nell’insostenibile leggerezza dell’essere; e ci può anche stare, in attesa della mitica riapertura delle scuole (one more time: che palle) e dell’altrettanto mitica, e persino mitologica “seconda ondata” (che forse ci sarà, ma anche no:  non c’è nessunissima certezza al riguardo, è una mera ipotesi).
Quindi, il ritorno vero della politica, della serietà (si fa per dire), dell’informazione e della partecipazione, è stato delegato alle elezioni regionali e al referendum. Ora infatti è tutto rimandato a dopo il voto. L’unica notizia politica di fine agosto è il mancato accordo fra M5S e PD nelle Marche e in Puglia, che probabilmente farà perdere il centrosinistra solo ad Ancona e dintorni (noi crediamo infatti che alla fine Emiliano la spunterà, in Puglia). Si sa che in Veneto vincerà Zaia e in Campania De Luca, soprattutto per mancanza di alternative. Restano Liguria e Toscana (tralasciando la negletta Val Aosta): due regioni “contendibili”, in chiaro vantaggio il centrodestra dell’uscente Toti in Liguria, con Giani e il centrosinistra in “pole position” in Toscana.
Insomma, la sfida continua, le regionali non sono certo quel Giudizio Universale che viene presentato da tutti i media, a partire dai “giornaloni”. I quali “giornaloni” non vedono l’ora di poter uscire con il titolo a nove colonne: “Conte si è dimesso, parte il governo Draghi”. Ma dovranno aspettare ancora un bel po’, a nostro modesto avviso, a prescindere dagli esiti del voto (Conte ha già detto chiaramente che i risultati sono ininfluenti per le sorti del governo; e vorrei vedere).
Le regionali sono però l’occasione di riparlare della grande desaparecida della politica italiana: la sinistra. Sparita, o quasi, nei numeri, con il record storico negativo delle scorse europee, l’indimenticabile 1,75 per cento; e con un partito che non c’è (LeU) in parlamento, aggrappato praticamente all’ottimo ministro della sanità Speranza. Sparita nella visibilità mediatica (e non è certo una novità), anche in un periodo in cui non si parla altro che del voto nelle regioni. I casi della Liguria da un lato, e di Toscana e Marche dall’altro,  sono assolutamente emblematici.
In Liguria c’è voluta una telenovela per arrivare all’accordo di tutto il fronte governativo tranne Renzi (appunto) su un ottimo candidato della società civile, il giornalista del “Fatto” Ferruccio Sansa. Potevano arrivarci ben prima dell’estate, ci sono arrivati molto tardi e molto male. Talmente male che nessuno lo considera, non un’ intervista, non un titolo, non un invito. Dato già per perdente sicuro, quando i sondaggi parlano di soli quattro o cinque punti di distanza da Toti, che fu zerbino di Berlusconi a Mediaset; un politicante di mentalità democristiana (vedi alla voce Scajola), che, nella regione in cui si è cementificato l’impossibile, potrebbe essere confermato (speriamo che i liguri progressisti siano più saggi dei loro dirigenti, e che dopo tutti i disastri ambientali che hanno subito vogliano dare una sterzata).
Toscana e Marche sono casi ancora più clamorosi. Alzi la mano chi ha sentito parlare di Tommaso Fattori, e ancora di più (cioè di meno) di Roberto Mancini. Sono i due candidati a sinistra del PD, cioè l’unica vera sinistra. Tommaso Fattori, 44 anni, è un “altermondialista” (qualcuno direbbe “no global”) di lungo corso, organizzatore con altri del Social Forum di Firenze del 2002. E’ una delle menti del referendum sull’acqua bene comune del 2011, ha una solida esperienza internazionale nelle politiche ambientali e sociali. . Proprio sul progetto di legge che intendeva riportare la gestione dell’acqua alla Regione Toscana, Fattori ha denunciato il voto congiunto del PD renziano e della Lega, che hanno affossato la proposta proprio alla fine della legislatura. Questo per dire che dietro l’acerrima (?) battaglia con le destre, spesso ci sono politiche dallo stesso orientamento. In campagna elettorale si agita il teatro dei pupi, per poi trovarsi tutti insieme abbracciati ad una trivella, al TAV, alle Olimpiadi, allo stadio nuovo (a Milano, Roma, Firenze), e perfino al ponte di Messina.
Un po’ quello che è accaduto nelle Marche, con il PD al governo che ha tagliato con l’accetta la sanità, e ha addirittura chiamato quel soggettone di Bertolaso (come se non fosse bastato Fontana in Lombardia) a costruire un mega ospedale sostanzialmente inutile, e difatti già chiuso. Contro la continuità di questa politica, un filosofo di ispirazione cattolica come Roberto Mancini, autoredi testi interessantissimi sull’etica della felicità (ma anche sull’alternativa all’economia capitalista “criminale”), ha unito forze della società civile con i due partiti eterni fratelli coltelli, Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista. Idem Fattori, che ha imbarcato anche Potere al Popolo, per quello che conta. Insomma, una sinistra finalmente unita (si fa per dire), con un  progetto chiaro e condiviso (Roberto Mancini è stato il primo candidato a scendere in campo nelle Marche; Fattori viene da cinque anni di opposizione in Toscana). Qualcuno ne ha sentito parlare, almeno sul “manifesto”, se non per qualche timida citazione? Qualcuno li ha mai visti, per dire, a “Linea Notte”, programma che ha invitato cani e porci nel soporifero salotto gestito dal buon Maurizio Mannoni? Niente da fare.
La sparizione di tutto ciò che è di sinistra procede anche sui temi, dagli F35 alle armi vendute all’Egitto, dall’ormai leggendario “ius soli” alla legalizzazione delle droghe leggere, dall’acqua bene pubblico al diritto allo studio (abolizione del numero chiuso, diminuzione o cancellazione delle tasse universitarie). A essere complottisti, verrebbe da dire che Zuckerberg & Co. non fanno circolare appelli, notizie, contenuti vari sui social: si sono visti tweet della Rete del Disarmo, movimento nazionale che raggruppa tutte le associazioni pacifiste,  su un tema fondamentale come le spese militari (uno scandalo in questi tempi di crisi sociale)  con una ventina di “like”, quando i commenti più beceri delle destre razziste, misogine e omofobe circolano indisturbati nel web.
Ora, per quanto il masochismo e lo sconfittismo siano grandi, a sinistra (e lo sono); per quanto sia stato interiorizzato il destino di nicchia, il fatto di non contare un cazzo, di essere “voce nel deserto”; per quanto i dirigenti (?) siano ancora asserragliati nelle loro segreterie, incapaci di un gesto “estremo” (come per esempio dimettersi in blocco, e sciogliere le sigle in un partito unico guidato e gestito da sole donne); la punizione è stata eccessiva, la pena già scontata (dal paese, da noi semplici elettori), il debito saldato: la sinistra (anche l’ultima arrivata, la lista “Terra” in Campania; e citiamo pure il candidato del PD in Veneto, il buon Lorenzoni)) merita una chance, uno squillo di tromba, una carezza, una piccola grande botta di vita. Un incoraggiamento per l’autunno, e per le vere sfide che ci attendono, quando non ci si potrà più nascondere dietro questo maledetto virus.

 Cesare Sangalli

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