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Fratelli tutti; e le sorelle?
(appunti per un post pandemia al femminile)
In un mondo semiparalizzato dal Covid 19 (purtroppo l’ipotesi della seconda ondata è diventata realtà), sembra muoversi soltanto papa Francesco. Con l’uscita della nuova enciclica, “Fratelli tutti”, ha dato un altro colpo al liberismo da un lato, e al nazionalismo/populismo dall’altro, facendo scrivere a Marcello Veneziani (per quello che conta, ma non è che si sprechino gli intellettuali, a destra…) che il papa è più a sinistra di Mao, Lenin e Marx, solo perché nell’enciclica la proprietà privata non è considerata un diritto assoluto, ma deve sottostare alla funzione sociale (sostanzialmente ha ribadito un principio costituzionale, ma tant’è).
Bergoglio ha cercato di portare avanti l’universalismo che è insito nella Carta dell’ONU (da lui citata), ma che è stato quasi del tutto abbandonato nella prassi politica; ha criticato duramente il dominio dell’oligopolio che opera in rete, soprattutto dei padroni dei “social”, e ha messo in guardia contro l’isolamento virtuale. Ha ribadito che non è in atto nessuno scontro di civiltà, e ha chiamato a riconoscere la fratellanza di tutti gli uomini, al di là di frontiere e religioni.
Qualcuno potrebbe dire che è John Lennon in versione cattolica, una lunga versione di “Imagine”, piuttosto dettagliata nei passaggi e nei riferimenti evangelici (su tutti, la parabola del buon Samaritano, l’idea di “farsi prossimo”, andando verso gli ultimi fisicamente, sull’esempio di Charles de Foucault, che si dedica a chi ha bisogno per diventare “fratello universale”: così si chiude l’enciclica).
L’accoglienza di “Fratelli tutti” è stata forse più calorosa, a caldo, di quella riservata alla “Laudato Si’”, che ha avuto bisogno di tempo (e di Greta Thunberg) per imporsi all’attenzione generale. Ma nel plauso quasi generale, soprattutto sul lato del pensiero laico, non è stata coltauna grossa lacuna del messaggio papale, al di là delle buone intenzioni: manca l’elemento femminile.
E’ come se l’ottima relatrice che ha scritto l’introduzione all’enciclica per le Edizioni Paoline, Alessandra Smerilli, docente di economia politica dell’Università Pontificia, se ne fosse accorta, e indirettamente denunciasse questa mancanza: fin dalle prime righe, infatti, mette in luce un aspetto che in realtà non emerge davvero nell’enciclica: Smerilli, partendo proprio dalla parabola del buon samaritano, sottolinea la centralità della CURA, che per secoli è stata messa nell’ombra e delegata alle donne, rispetto all’esaltazione del LAVORO, maschile per definizione.
La cura, oltre tutto, è stata storicamente sganciata dalla ricompensa in denaro; mentre il lavoro viene valutato tanto o poco soprattutto in base alla sua retribuzione (quest’ultimo concetto lo aggiungiamo noi, ma veniva da sé). E qui ci sarebbero già spunti interessanti, per un’economia politica al femminile.
Per esempio togliere sempre più spazio al mercato, sottraendo sempre più ambiti alla logica della libera concorrenza, cioè della competizione: dall’istruzione alla sanità, dai beni comuni all’ambiente (il papa lo scrive sì, in qualche modo, ma seguendo altri percorsi). Sarebbe fondamentale smetterla di usare i classici criteri “performativi” (vedete quant’è brutta la parola) per misurare tutto, e accanirsi con le classifiche e le “eccellenze” e i “top” di ogni settore. Cominciare a rovesciare o sospendere i parametri, che nel mondo maschile della competizione sono sempre e solo aritmetici; talmente esasperati che si è cominciato a legare (cioè negare) i diritti ai numeri, come sanno benissimo intere legioni di precari a cottimo: se non fai tot risultati, perdi i soldi, perdi i vantaggi, perdi la “app”, perdi il lavoro. Tutto questo scaricando la responsabilità su anonimi algoritmi, per poi vigilare, quasi in regime carcerario, ogni lavoratore, come i commessi delle grandi catene valutati sui numeri di ingressi nei negozi, o i trasportatori dell’”ultimo miglio” della consegna a domicilio di Amazon & Co. cronometrati in modo implacabile. La logica della prestazione ossessiona il mondo capitalista/consumista/edonista/narcisista, l’aritmetica è arrivata anche nella sessualità: quante volte alla settimana, per quanti minuti, quanti orgasmi; devi essere efficiente anche nell’eros, con ovvia agonia del medesimo, chiedere al filosofo coreano Byung Chul Han – vedi “La resistenza della differenza”http://www.altrevoci.it/articolo242.html).
Ecco, ci siamo arrivati per altri passaggi, ma il Femminile è assente anche nella considerazione generale del mondo. Papa Francesco, coraggioso e rivoluzionario su moltissimi temi, a partire dalla volontà di andare (tornare?) verso una “Chiesa povera per i poveri”, sulla sfida epocale al Patriarcato è praticamente muto.
Eppure, il tema è decisivo, fondamentale, un trapasso che deve far nascere davvero lo spirito del XXI secolo, pena la catastrofe finale. Magari non sarà l’Età dell’Acquario vagheggiata dal movimento hippie e pacifista negli anni Sessanta, e descritta nelle antiche profezie (vedi Gioacchino da Fiore, che prevede l’avvento l’Età dello Spirito, dopo quella del Padre, e quella del Figlio); ma sarà effettivamente un’epoca più gentile, più morbida, più armonica, cooperante e dialogante, o non sarà.
Il problema è che la Chiesa, dove il Femminile sarebbe in realtà molto presente (basterebbe avere il coraggio di tirarlo fuori), col Patriarcato ha più di un problema. Non vogliamo qui addentrarci nelle singole questioni (come il sacerdozio femminile, il celibato dei preti, o altro); ma sarebbe fondamentale uscire dall’atteggiamento giudicante (cioè condannante) dell’Antico Testamento, e uscire, una volta per tutte, dalle camere da letto; ribadire la via maestra dell’amore indissolubile fra uomo e donna, lasciando apertissimo tutto il resto, su orientamento sessuale, comportamenti sessuali, famiglie aperte o allargate, senza preoccuparsi di continuare a punire chi è già stato punito dalla vita (i divorziati, le donne che hanno abortito); e soprattutto, senza chiedere a Cesare di applicare la legge di Dio (prendere le distanze dal chiedere allo Stato di applicare, severamente, le regole morali e religiose); prendere le distanze quindi, in modo inequivocabile e definitivo, dal rigurgito patriarcale di stampo fascista “Dio, Patria e Famiglia”, agitato da chi ha il vuoto valoriale, dentro e intorno a sé, per avere una parvenza di ideale, e soprattutto dare una religione-feticcio a cui aggrapparsi in chiave meramente identitaria, alimentando strumentalmente l’illusione falsissima di tornare al “buon tempo antico” (la lettura reazionaria della Storia, il rifiuto di un futuro che spaventa chi ha perso - non per colpa sua - ogni punto di riferimento).
Papa Francesco ci prova, ad aprire varchi: le sue affermazioni sui gay sono già dirompenti, per la penosa media nazionale dei cattolici (detto da cattolico); ma rischia la sindrome dell’”uomo solo al comando”: ti volti, e vedi che il gregge non ti segue.
Non è cosa semplice, per carità. Eppure, il metodo, cioè etimologicamente “il cammino per”, potrebbe non esserecosì difficile: si tratta di ascoltare, incontrare, includere. In una parola, “farsi compagni di strada”, che per il cardinale Martini era il solo modo di vivere la radicalità del Vangelo nella (post) modernità.
E cioè, molto concretamente e semplicemente, invitare in parrocchia i gay (cattolici e non); i divorziati (cattolici e non); le donne che hanno abortito (cattoliche e non); i migranti (cattolici e non). E poi, volendo, anche altri cristiani, e poi musulmani, buddisti, induisti. E dare la priorità, cioè la parola, alle donne. Abituarsi a stare in silenzio (prete e maschi presenti), almeno in partenza. Scendere dai pulpiti, e dall’insegnamento frontale, dall’approccio “top down”, come dicono gli esperti. Mettere da parte l’ansia del controllo, e l’etica della paura, per credere davvero che “lo Spirito soffia dove vuole”, e ha molta più fantasia e libertà di quella concessa da una dottrina sclerotica, e da un catechismo, dove, per dirne una, la pena di morte era prevista in casi particolari fino a pochi anni fa.
Ascoltare, incontrare, includere. Cioè accogliere tutti, o almeno il più largo numero possibile: una mamma non lascia nessun figlio indietro, e se è brava, non fa differenze, non porta avanti solo i migliori, anzi. Questo è prendersi cura, delle anime innanzi tutto. La password femminile del XXI secolo, la Luce del Nuovo Millennio, alla fine, è tutta qui.Cesare Sangalli