W l'Italia ... fra memoria e attualità ...
L’Italia e il lato B
Grande è lo sconcerto sotto il sole di luglio. Un parlamento senza dignità approva una serie di leggi che lasciano “a bocca aperta”, come il programma di Gianfranco Funari (pace all’anima sua), l’uomo che capiva la gente (ci torneremo più avanti). L’opposizione si oppone dicendo che “il paese ha altre priorità”, mentre fuori dal Palazzo comincia la rissa, il tutti contro tutti. O meglio, tutti contro Di Pietro, Grillo e Travaglio. In realtà, ci sono cinque o sei milioni di italiani che avrebbero le idee chiare (e le palle piene), ma non hanno rappresentanza, né può dargliela Di Pietro, anche se lui almeno ci prova. Tutto il resto è caos. Fra un “mi dissocio” e “non mi dissocio”, “c’ero e non c’ero”, “vado in piazza” e “non ci vado, anzi ci vado a ottobre”, “vengo anch’io”, “no, tu no”. E’ politica, è antipolitica, è spettacolo, non lo è.
Qualcuno prova a cimentarsi con le spiegazioni. Da bravo sociologo, Ilvo Diamanti ci dice in sostanza che la politica ha accettato la logica dei mass media da tempo, e ora ne paga le conseguenze. Un po’ come dire: ve lo siete meritati, voi, Beppe Grillo, visto che la democrazia si è trasformata in “mediocrazia”. Intesa – spiega Diamanti – non come il potere della mediocrità, ma come quello dei mezzi di comunicazione di massa. Spiegazione infelice: era meglio parlare del potere della mediocrità. L’occasione poteva essere la morte di Gianfranco Funari, celebrato nei soliti pezzi “alla memoria” che guarda caso il giornalismo definisce “coccodrilli”. Parlare di Funari aiuta a (non) parlare di Grillo.
Funari probabilmente conosceva il famoso “Quinto Potere” di Sidney Lumet, visto che uno dei suoi programmi si intitolava come lo straordinario film sulla televisione del 1976. In realtà, per gli amanti di cinema, c’è un film ancora più impressionante (perché è di circa vent’anni più vecchio) che è “Un volto nella folla” di Elia Kazan. Il volto era quello di Burt Lancaster che, nel film, dal nulla diventa un fenomeno di massa per la sua “spontaneità”. Funari gli assomigliava e somigliava un po’al Peter Finch – Howard Beale di “Quinto Potere”, un conduttore di notiziari in crisi di ascolti, che si rilancia con l’urlo “sono incazzato nero, e tutto questo non lo sopporterò più”. Entrambi fanno una brutta fine, dal momento che si illudono di guidare la macchina che in realtà guida loro. Funari per certi aspetti ha fatto di più: non è tanto la TV che lo ha fregato, quel mondo dei media che dà il successo e te lo toglie in un attimo. In fin dei conti in video c’è stato fino alla fine. Funari è stato fregato dalla mediocrità. La sua. Finché faceva il conduttore e basta, andava benissimo.
Poi ha cominciato a invitare i politici, che facevano a gara ad andare da lui come a qualsiasi altra trasmissione di successo, solo che lui è stato uno dei primi, se non il primo. Siccome captava gli umori (televisivi) della gente, si è illuso di essere un mago del consenso. Ergo, un genio della politica. Lui sapeva cosa voleva il popolo, lui capiva la società, e voleva parlare, anzi, voleva urlare, a tutti i costi. Peccato che non avesse praticamente niente da dire. Non lascia niente di memorabile da ricordare, neanche una frase, fosse anche una battuta stile Andreotti (che lascerà solo quelle, a coprire una lunga scia di sangue, come suggerisce amaramente Sorrentino nel “Divo”).
Ma la “mediocrazia” intesa come potere dei mediocri non riguarda certo il povero Funari, bensì quelli che andavano da lui, in fila indiana, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, e che hanno continuato a scendere la china della propria mediocrità, giù giù fino alle torte in faccia e a Maria De Filippi. I Grandi Comunicatori. Il centrosinistra ha avuto un paio di campioni della comunicazione, Francesco Rutelli e Walter Veltroni. Gente che non ha nulla o quasi da dire, ma come lo dice bene, signora mia. Nella migliore delle ipotesi (molto migliore) sono stati due discreti sindaci di Roma (con risultati scarsi o nulli su un paio di problemini come il traffico e la raccolta differenziata, ma non fa nulla). Uno, Rutelli, forse ce lo siamo quasi levato di torno, tanto che sta facendo ponti d’oro all’UDC degli amici dei mafiosi (da Totò Cuffaro a Calogero Mannino). L’altro, Veltroni, purtroppo continua a pontificare dall’alto delle sue sconfitte (stranamente nessuno gli rinfaccia quella del 2001, come se lui non c’entrasse niente) in nome del Partito Democratico che vorrebbe universale. Be’, se gli extraparlamentari di Rifondazione Comunista minacciano una guerra fratricida fra Ferrero e Vendola, almeno per un po’ potrà campare di rendita, lui e tutta l’aurea mediocritas (eufemismo) del PD.
Il discorso su politica e televisione va tranquillamente rovesciato: non è la televisione che ha reso peggiore la nostra classe dirigente. Al contrario: la televisione è il mezzo che ha permesso alla nostra pessima classe dirigente di stare a galla. Ancora: non è Beppe Grillo o i suoi simpatizzanti che confondono la politica con lo spettacolo. E’ che quando Beppe Grillo accusava i dirigenti di Telecom in nome e per conto dei piccoli azionisti, Bertinotti leader della sinistra “radicale” e Terza Carica dello Stato stava a “Radio anch’io” a fare lo splendido, a rispondere su Valeria Marini e Veronica Lario. Per dirla con Michele Serra (che però su Grillo ha toppato come gli altri): “…una società decadente, non riuscendo a impedire il proprio declino, preferisce decadere sparando cazzate”. Definizione perfetta della Terra dei cachi. E qui veniamo al lato B del nostro paese. Inteso come lato Berlusconi, ma anche come il rovescio del lato A, l’Italia repubblicana che sembra non avere lasciato eredi. Quella di Berlinguer, Moro, La Malfa, Pertini, e tanti altri leader, che certo non erano tutti stinchi di santo, ma almeno erano seri, tanto che perfino un razzista (forse pentito) e fascista (convinto) come Almirante aveva la sua dignità. Chi ha meno di trent’anni non sa nemmeno di cosa stiamo parlando. Chi ne ha più di cinquanta lo sa benissimo, e forse un po’ si vergogna (se non ha fatto niente per impedire l’avvento della mediocrazia), visto quanto poco è emerso dalle generazioni “che hanno fatto il ‘68”.
In mezzo, le anime perse nella mutazione genetica del paese (come la definisce Nanni Moretti; mentre il giudice Scarpinato, ultrapessimista, sostiene invece che ora il paese è davvero se stesso). Trentaquarantenni allo sbaraglio, che non hanno un solo vero punto di riferimento, e aspettano un Barack Obama che non c’è. Qualcuno ha cercato di credere (quasi per disperazione) in Veltroni, e prima di lui in Cofferati, qualcuno si è dovuto aggrappare a Rosy Bindi (ed è tutto dire). Forse i migliori anni della nostra vita, come dice Gabriele Romagnoli, saranno solo questi, il lato B del disco, il lato B della politica e della vita pubblica. Il lato “tette e culi”, posteriori da lasciare ai posteri, insieme alla sentenza (che non sarà per niente ardua).
Per spiegare l’Italia del lato B, qualcuno si sforza di analizzare il cosiddetto blocco sociale berlusconiano.
L’opinionista Pellizzetti, su “MicroMega”, lo definisce come il blocco di “abbienti e impauriti”, uniti dagli unici due contenuti del berlusconismo: la promessa di pagare meno tasse (che va bene ai benestanti) e la promessa della sicurezza (che va bene anche alle fasce basse che si sentono minacciate dalla globalizzazione e dagli extracomunitari).
Sembra una visione corretta, ma forse è anche troppo generosa. Sugli abbienti, niente da dire: i ricchi o quelli che si percepiscono ricchi vogliono il più ricco di tutti al comando. Ma gli impauriti non erano così impauriti, 14 anni fa, quando Forza Italia toccò il suo record storico (30 per cento alle europee del 1994), mai più raggiunto in seguito. No, al lato B dell’Italia bastava molto meno, come abbiamo avuto modo di scrivere in questa rubrica: una vaga promessa di efficienza aziendale applicata ad un paese che voleva continuare a godere senza troppi problemi e senza tante domande, guardando programmi di intrattenimento poco intelligenti (possibilmente con un po’ di gnocca, i maschietti, o con un po’ di gossip e sentimentalismi le femminucce) .
Era il lato B godereccio. Ora è il momento del lato B cupo, perché tutti i nodi stanno venendo al pettine.
Quindi si cerca un capro espiatorio. Per ora hanno svolto questa funzione gli extracomunitari e i rom.
Prossimo bersaglio, statene certi, l’Europa. E’ solo questione di tempo. Sistemati i magistrati “comunisti”, ci si scaglierà contro i “burocrati di Bruxelles” che vogliono affamare l’Italia. Per fortuna, sarà l’ultima spiaggia.
Ma per quest’anno, intanto, stesso mare.
Cesare Sangalli