W l'Italia ... fra memoria e attualità ...

 

Il 1993, ovvero: fatevi una canna


Nel 1993, la primavera, in senso politico, durò 12 mesi, da gennaio a dicembre. L’inchiesta “Mani pulite” continuava, e ogni telegiornale era una scossa, dopo il decennio del nulla (cioè della Seconda Repubblica che era già iniziata e non lo sapevamo). Il passaggio degli anni ‘80 nel campo dell’informazione era stato graduale, ma inesorabile, e si può sintetizzare con la scoperta dell’economia. Negli anni Settanta c’erano il Vietnam, il Medio Oriente, le Brigate Rosse, le bombe fasciste. Nessuno apriva un telegiornale con i dati della crescita, i commenti di Confindustria o del sindacato, i cali o i boom della borsa, come si è cominciato a fare negli anni Ottanta. Dice: non c’erano notizie. E’ vero. Però l’economia è servita come strumento perfetto per addormentare la gente. La vera Seconda Repubblica non nasce quindi con l’introduzione del sistema maggioritario, di cui parleremo più avanti, ma con il primato dell’economia su tutto.
Se ci pensate, è stata la più gigantesca presa per il culo di massa forse mai operata in
questo paese. Intanto, l’economia è uno scippo dell’intelligenza collettiva. Essendo materia specialistica, è riservata ai suoi sacerdoti, che creano i dogmi a loro uso e consumo per il popolo bue, manipolando cifre che nessuno controlla. L’ostentata sicurezza con cui parla ogni economista, ogni esperto di marketing, da Tremonti fino all’ultimo consulente finanziario, è il pilastro mentale del berlusconismo, ed è la vendetta postuma di Marx, che basava tutto sull’economia. Il giornalismo è forse il settore che ha pagato il prezzo più alto (in termini di dignità, perché in termini di guadagno è successo il contrario).
L’esempio più vistoso è dato dai grandi settimanali italiani: sempre meno giornalismo di inchiesta, sempre più articoli su “gli italiani e il sesso”, in un tripudio di copertine pornosoft.
Perché l’obiettivo del giornalismo non era più informare, ma vendere.
Il lungo decennio da cicale deficienti venne bruscamente interrotto da Tangentopoli, che guarda caso nasceva proprio nella “Milano da bere” di Craxi e Berlusconi.. Quasi simbolicamente erano proprio manager e politici a venire colpiti, e l’accusa era evidente, per la classe politica: vi siete venduti una repubblica (la Prima, quella di De Gasperi e Einaudi)) un tanto al chilo. Ogni avviso di garanzia era una botta di coraggio, per gli italiani onesti, che poi diventeranno “giustizialisti” e addirittura “forcaioli” (le parole ormai hanno perso il loro senso nella Terra dei Cachi), nelle accuse di quelli che rubavano (niente di nuovo: è il vecchissimo “chiagne e fotti”).
All’estero parlavano di “rivoluzione italiana” e una volta tanto eravamo indicati come modello. Perfino Di Pietro (che era solo un bravissimo poliziotto) veniva invitato a tenere conferenze in mezzo mondo. Per la prima volta si vedevano i potenti alla sbarra, da Romiti a Craxi, da De Benedetti a Forlani. Altro che aumento del PIL e lotta all’inflazione.
Il fatto che nessuno volesse essere associato alla nostra classe dirigente fece illudere per un attimo gli italiani di essere migliori dei loro leader, anche se questo era vero a metà. Ma nel 1993 tutto sembrava possibile, perfino che l’eterna Democrazia Cristiana finisse all’opposizione, a fare digiuno e penitenza. E quindi arrivarono i referendum di aprile, quelli di Segni e non solo.
Mario Segni è uno dei protagonisti politici del 1993. L’altro è Achille Occhetto. Cioè i due perdenti per antonomasia della Seconda Repubblica. Segni non era niente di speciale, ma aveva avuto il merito di fare qualcosa (raccogliere firme per cambiare la legge elettorale) quando regnava il nulla, nel ’91 –’92, e i giornali italiani, piuttosto servili per la verità, davano ampio spazio alle cazzate di Cossiga, roba ai limiti del ricovero per demenza senile.
Occhetto creò il PDS nello stesso periodo, mettendo fine all’assurda agonia ideologica del comunismo italiano, e ponendo le basi per la famosa alternanza auspicata anche e
soprattutto da molti non comunisti.. Lo “zombie coi baffi”, come lo definì Cossiga (quando si dice l’austerità del ruolo istituzionale) ebbe il suo momento di gloria in autunno, alle elezioni nelle grandi città (Palermo, Venezia, Trieste, Roma, Genova, Napoli), quando guidò la sinistra alla vittoria contro i moribondi democristiani e gli avanzi del pentapartito che si scioglieva come neve al sole.
I referendum invece rappresentarono la gloria effimera per Segni,e il sogno di un’Italia
diversa, migliore, un’Italia che voleva un cambiamento profondo, dopo lo scossone di Mani Pulite. Sulla spinta dei referendum, il “parlamento degli inquisiti”, ormai in stato di assedio, approvò la legge sul maggioritario che per la storia ufficiale è l’inizio della Seconda repubblica. Ma in questa rubrica la storia ufficiale non interessa più di tanto. E infatti il referendum più importante, in questa versione alternativa, non fu quello sull’abolizione del proporzionale dall’esito scontato, tanta era la voglia di cambiare qualcosa. Fu quello, dall’esito incerto, sull’abrogazione della legge Vassalli – Russo Iervolino che aveva stabilito che fumare uno spinello, come dicono quelli che hanno più di 50 anni, era reato. Il popolo sovrano, invece, in maniera del tutto autonoma dalla classe politica, stabilì che no, nessuno poteva finire in questura per una canna. Basta solo questo piccolo argomento dimenticato per capire quanto sia stata grande la regressione nell’ultimo decennio, con l’attuale proposta Fini di repressione totale che per fortuna non farà in tempo ad essere approvata. I cuor di leone della sinistra cercheranno di non affrontare il tema, visto che potrebbero perdere un po’ del consenso dei “moderati”, cioè quelli che bloccarono il cambiamento alle funeste elezioni del marzo ‘94. “Moderati” ai quali ci sentiamo di dare un consiglio spassionato: fatevi una canna, che a volte la marijuana diventa “l’erba della saggezza”, come sosteneva Bob Marley.
Cesare Sangalli