La corrida (professionisti allo sbaraglio)
L'”autunno caldo” annunciato da mesi è già cominciato, sotto una pioggia triste. E' il clima giusto, perché quelli che seguiranno saranno i mesi più brutti di un decennio osceno, per la Terra dei Cachi.
La svolta è prevista in primavera. Nessuna novità sostanziale è emersa rispetto al pezzo precedente, “Pokerissimo”, scritto a fine agosto, il che la dice lunga sulla nostra classe politica, sui nostri dirigenti in generale.
Qualcuno potrebbe obiettare che in questa rubrica non si è praticamente accennato al caso Fini. E' vero: abbiamo parlato di Fiat, di acqua, di mafia e perfino di mondiali, ma non di Gianfranco Fini e del suo nuovo partito, Futuro e libertà. Il motivo è semplice: non si vede la novità, a parte l'annunciata rottura con Berlusconi (prima o poi doveva succedere) e l'altrettanto scontato tentativo di vendetta del Caimano..
Per il leader post-fascista vale quello che è stato detto su queste colonne molto tempo fa, facendo il paragone con la fine di un altro regime, ben più drammatica: Fini è il Badoglio della situazione, e come Badoglio può anche essere l'uomo che chiude l'era berlusconiana, ma è condannato a sparire nel nulla, proprio per la sua ambiguità e, diciamolo, per il suo opportunismo.
Brevissimo ripasso storico: Pietro Badoglio era un ufficiale di lungo corso, massone (come gran parte dello Stato Maggiore italiano dell'epoca), sicuramente non fascista, ai tempi della marcia su Roma, ma poi strettamente legato al fascismo per tutta la sua carriera. Bene o male si trovò in prima fila mentre Mussolini cadeva, il 25 luglio 1943; seguì gloria effimera; quindi firmò l'armistizio e scappò come un ladro, insieme al re, l'otto settembre. Venne presto esautorato dal suo ruolo di capo del governo provvisorio (o governo del Sud), e presto dimenticato dal paese (buon per lui: incombeva un possibile processo per crimini di guerra chiesto dall'Etiopia, a buon diritto). Morì in santa pace, con gli onori di stato, ma nella quasi totale disistima, se non disprezzo, di fascisti e antifascisti.
Chissà, forse Fini riuscirà a far dimenticare agli italiani di aver appoggiato incondizionatamente il Caimano per 15 anni abbondanti, e di aver sciolto un partito come Alleanza nazionale che aveva comunque la sua tradizione, rispondendo come il cane di Pavlov al segno del comando, in un'ignobile kermesse in puro stile Mediaset (vedi “Il mistero della Destra scomparsa”).
L'uomo sembra abbastanza fortunato, almeno quanto Badoglio, e quasi sicuramente avrà presto l'occasione di fare il suo 25 luglio fuori stagione, affondando Berlusconi sull'ennesimo provvedimento ad personam per le questioni giudiziarie: la Storia non si serve necessariamente dei migliori per assolvere il compito giusto.
Certo che bisogna essere proprio alla frutta per vedere Fini fra i possibili esponenti del centrosinistra. Se proprio si deve collocare, se lo prendessero Casini e Rutelli, che dovranno offrire un comodo refugium peccatorum a tutti gli ex berlusconiani in cerca di facili perdoni e di improbabili verginità (ce ne sono alcuni milioni, il Terzo Polo all'inizio potrà campare di pura rendita).
E già che ci sono, si prendessero pure Luca Cordero di Montezemolo, l'uomo-prezzemolo, il più amato dai giornalisti dell'establishment, il simbolo del fallimento di Italia Novanta (lui era a capo della disastrosa organizzazione dei mondiali), forse la più clamorosa delle tante occasioni sprecate dalla Terra dei Cachi negli ultimi trent'anni. Anzi, quelli del Terzo Polo possono osare il Dream Team , con i vari Profumo, Draghi, Marcegaglia, che i soliti giornalisti dell'establishment vogliono scaricare a tutti i costi sul povero centrosinistra.
Già che ci siamo, esprimiamo tutta la solidarietà (è ironico) alla presidente di Confindustria, che, poverina, si è accorta finalmente che cosa significa andare a braccetto con gli squali. Sai com'è, prima o poi ti mordono.
Lei pensava forse di sguazzare felice e impunita nella melma di questi anni di corruzione (chiedere al di lei fratello) e di smaltimenti illeciti di rifiuti (chiedere al di lei gruppo), di promesse di smantellamento della Costituzione e di attacchi ai diritti dei lavoratori. Fino a lì, evidentemente, Berlusconi andava bene (proprio come Mussolini andava benissimo agli industriali italiani, nonno Agnelli in testa, salvo poi ritrovarsi tutti sotto le bombe, in un paese distrutto).
Massima solidarietà anche ai (presunti) colleghi del “Giornale”, che pensavano di fare i ricattatori e i manganellatori gratis et amore Dei , nei secoli dei secoli., e invece si sono visti arrivare i carabinieri in redazione. Gli editorialisti del “Corriere”, buon ultimo Ostellino, hanno visto nell'episodio una violazione da stato di polizia, cose degne del fascismo. Sono la pattuglia dei don Abbondio, gli stessi che sui fatti di Genova hanno steso un velo pietoso, come quasi tutta la categoria: si vede che per loro a Bolzaneto e alla Diaz invece lo stato di diritto è stato rispettato.
Certo, non li invidiamo: è dura barcamenarsi fra tutti questi padroni, fra Berlusconi e la Confindustria , anche perché stiamo entrando nella fase (se qualcuno non se ne fosse ancora accorto) “muoia Sansone con tutti i filistei”.
Per questo risulta penoso Bersani quando continua a inseguire l'UDC, che ha l'unico merito di essersi sfilata da Berlusconi con un certo anticipo (mica è scemo, Casini). Comodo però per loro stare a vedere chi vince, in questa crisi finale, per poi presentarsi più belli e nuovi che mai. I tanti centristi pensano di essere imprescindibili, come lo pensa Fini, come lo pensa Rutelli. Forse con una decina di anni di opposizione potrebbero perfino far nascere un centrodestra degno di questo nome, perché Berlusconi e Bossi lasceranno solo macerie dietro di sè.
I cosiddetti “moderati” sognano un'uscita morbida dal regime berlusconiano, dallo sfascio di un'intera nazione a cui hanno dato un valido contributo per così tanti anni. Sembrano davvero le “anime morte” citate da Vendola, perché gli altri della destra-destra almeno sono brutti, sporchi e cattivi, spesso inquietanti, perché a molti paiono ancora invincibili.
Ma a vedere certi segnali, si direbbe che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. I tanti apprendisti stregoni, i troppi professionisti allo sbaraglio in questa cupa corrida hanno da tempo scatenato forze che potrebbero ricadere su di loro. E non parliamo solo di tutto il fango che hanno cominciato a tirarsi addosso.
Prendiamo per esempio la legge elettorale, il famigerato “Porcellum” escogitato da Calderoli per fregare Prodi nel 2006: in fin dei conti, invece di inseguire improbabili accordi con i troppi galli del pollaio, si potrebbe andare a votare con la stessa penosa legge elettorale delle ultime due tornate, e ottenere una comoda maggioranza con poco più del 40 per cento dei voti (perché Berlusconi e Lega più di lì non andranno mai).
Ora, nella peggiore delle ipotesi, l'alleanza PD- Vendola - Di Pietro parte da un minimo del 35-37 per cento (stando alle ultime europee, certo non trionfali, il 37, 6): e vogliamo dire che nelle praterie dell'astensionismo e dello scontento montante non ci sono almeno 5 o 6 punti da conquistare?
Basta non avere paura. Basta fare primarie collegio per collegio con candidati credibili (e incalzare su questo metodo tutti gli altri). Basta fare vedere un po' di speranza vera a questo popolo esausto.
Stando all'ultimo aggiornamento, Bersani ha incontrato Vendola e forse ha visto la luce, come John Belushi nei “Blues Brothers” (basta sostituire la parola “la banda” con “le primarie”).
Dall'altra parte, si parla di Daniela Santanché coordinatrice unica del PDL: con quell'aria da Crudelia De Mon, sarebbe perfetta per portare allo sfascio finale tutta la banda dei cattivi (in effetti, uno li guarda e comincia a credere a Cesare Lombroso).
Insomma, non servono i miracoli, ma solo una robusta determinazione. La paura devono averla solo Berlusconi e la sua nave dei dannati.
Cesare Sangalli