E pensare che alla caduta del governo Berlusconi avremmo voluto brindare a champagne.
Anche perché è davvero difficile ricordare un solo opinionista, anche fra quelli più stimati, che abbia pronosticato “il viale del tramonto” (vedi “Sunset Boulevard” su questa rubrica) all'indomani della trionfale (e ultima) vittoria berlusconiana del 2008. Visto che in tanti hanno giustamente tributato a Berlusconi un sarcastico “ sic transit gloria mundi ” (che lui aveva dedicato a Gheddafi), noi ribadiamo che “ scripta manent ”.
Le circostanze sono quelle dettate dalla cronaca, ma la sostanza dei fatti si conferma: Berlusconi non è arrivato alla fine della legislatura; è caduto in stile minore, accompagnato dai cori “buffone, buffone”, e la parabola politica del PDL è entrata nella fase discendente (a picco).
Ma fanno bene “Libero” e “Il Giornale” a gridare all'unisono: “Non è finita”. Certo che non è finita: ora ci sono le condanne penali da affrontare; poi c'è da smontare pezzo per pezzo il conflitto di interessi; infine (sarà l'ultimo passaggio, lo abbiamo già scritto) si dovrà smantellare il vergognoso monopolio televisivo – editoriale privato. Vasto programma, avrebbe detto De Gaulle: si tratta di riformare un sistema di potere costruito in circa trent'anni.
E qui veniamo al governo Monti. Innanzi tutto, diamo atto al presidente della Repubblica, che spesso abbiamo criticato per debolezza e ignavia, di aver agito con fermezza, vincendo alla grande l'ultima mano del poker istituzionale iniziato con l'annuncio delle dimissioni da parte del Caimano: della parola di Berlusconi non si poteva fidare nessuno (e molti dei suoi già parlavano di un mese, per arrivare alle dimissioni reali).
In cinque giorni Napolitano ha chiuso la pratica. Bene, bravo, bis.
Detto questo, il governo Monti assomiglia molto al “governo Mandrake” che avrebbe dovuto prendere il posto di Berlusconi se fosse passata la mozione di sfiducia il 14 dicembre scorso (vedi “Costretti a vincere”). Certo, negli undici mesi successivi molte cose sono cambiate: la situazione economica è andata precipitando, con un'accelerazione mostruosa a partire da questa estate.
Nessun accordo delle opposizioni avrebbe potuto garantire, a fine 2010, una maggioranza stabile allo stesso Monti o chi per lui (Mandrake, appunto).
Invece, la paura ha fatto il miracolo: tutti insieme appassionatamente, con la sola eccezione della Lega (la solita astuzia di Bossi & Co.). Non si era mai visto tanto consenso, in Parlamento, sui media, nell'opinione pubblica. Ci manca solo la strofa dell'Inno nazionale, “stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l'Italia chiamò” e poi siamo davvero a posto.
Per noi, il valore (politico) di tutto ciò è prossimo allo zero. E non solo e non tanto perché Monti rappresenta i famosi “poteri forti” (bella scoperta, sono gli stessi del ventennio berlusconiano, sono gli stessi di sempre) , o perché sarebbe il burattino del complotto ordito dalla Goldman Sachs ai danni di Berlusconi il democratico, l'eletto dal popolo (viene proprio da ridere), in una trama mondiale che comincia con Ben Alì in Tunisia per finire ad Assad in Siria e poi Ahmadinejad in Iran (questo delirio planetario è condiviso dai blog dell'estrema destra e da quello di Beppe Grillo).
Il valore politico del governo Monti è prossimo allo zero perché consente alla nostra classe dirigente di galleggiare sulla crisi ancora per un po', di rinviare l'epurazione.
Monti deve evitare la bancarotta di Stato. Per quasi tutti gli opinionisti si tratta di un'impresa titanica: così, se ci riesce, Monti verrà presentato come il salvatore della Patria, e tutti gli intellettuali dell' establishment , a partire dal guru Eugenio Scalfari, lo supplicheranno di continuare a guidare il paese, a capo di una coalizione in cui si possano infilare quasi tutti (centro, destra o sinistra), perché nella notte buia della tecnocrazia tutte le vacche sono grigie.
Invece, secondo noi, se Monti riesce ad evitare l'annunciatissimo e strombazzatissimo “ default” , avrà fatto solo il suo dovere, senza alcun eroismo (l'eroismo è solo quello della gente comune, magari non il 99 per cento come dicono gli occupanti di Wall Street, ma sicuramente più della metà degli italiani).
Il fatto che abbia già chiesto di governare fino al 2013 non depone certo a suo favore: ma quanto deve durare, questa maledetta emergenza, un anno e mezzo? Ma davvero per 18 mesi dobbiamo stare in apnea, tutti in attesa del possibile crack? Ci rifiutiamo anche solo di pensarlo.
Intanto, l'unica istanza politica del momento (l'abolizione dello stramaledetto “Porcellum”, il ritorno ad una legge elettorale decente) è già scivolata in basso, nell'agenda del cosiddetto “governo del Presidente”.
L'ex ministro Maroni ha dichiarato da Fabio Fazio che “bastano due minuti” al Parlamento per abolire la legge-porcata e tornare alla precedente.
Bene, vediamo se il Parlamento più indecente della Storia repubblicana riesce a partorire il topolino.
Altrimenti ci penseremo noi con il referendum (e se la Corte Costituzionale non lo ammette, questo sì sarebbe un golpe bianco), nei tempi certi previsti dalla legge, non quando piacerà ai signori del Palazzo (Monti compreso).
Ribadiamo il concetto: noi non abbiamo nessuna fiducia nel governo Monti, se non per evitare la bancarotta, operazione che si deve realizzare in pochi mesi (visto che al più tardi l'Italia dovrebbe fallire a febbraio, vedi “Mettiamo che” su questa rubrica).
Nel frattempo, non vorremmo smettere di pensare, di giudicare, di criticare, di scegliere, di proporre.
La linea strategica alta e nobile di quasi tutti i politici, a partire dal “generoso” PD di Bersani è: tirare a campare il più possibile.
Ma se anche il giochino gli dovesse riuscire (nutriamo qualche dubbio) il capolinea è certo: primavera 2013.
Il vero botto, non ci stancheremo mai di ripeterlo, lo devono fare loro, in ordine di responsabilità: prima il PDL e la Lega , poi il Terzo Polo, infine i tanti complici del PD e perfino qualcuno dell'IdV (a partire ovviamente dagli ex come il mitico Scilipoti).
Il terrore panico in cui vorrebbero mantenere il paese (che hanno portato allo sfascio) lo devono provare loro (Monti darà qualche limatina – si spera consistente – alle loro unghie; ma lo tsunami lo dobbiamo provocare noi).
Occhi aperti, dunque, e marcare strettissimo questi “tecnici”, che magari, zitti zitti, ci riportano al nucleare, alla privatizzazione dell'acqua, all'ulteriore svendita del patrimonio pubblico. Alzi la mano chi si fida di un banchiere come Passera.
Ma verrà il tempo anche per loro, in Italia come in Europa come negli USA. Verrà il tempo in cui i tecnocrati saranno inchiodati alle loro responsabilità.
Per ora la polizia comandata dai governi asserviti al capitale bastona la protesta; ma non si potranno mai bastonare milioni di persone non più disposte a farsi abbindolare da politici servi dei potentati economici, né a farsi spiegare la legge del Menga dagli economisti, e nemmeno a farsi raccontare la realtà dagli alfieri dello status quo, quelli per cui “non c'è alternativa”.
Ma per cambiare epoca, perché la politica riacciuffi l'economia capitalista, e a calci e schiaffi la riporti dentro regole ferree, al servizio (forzato, forzatissimo) del bene di tutti, ci vorrà almeno un decennio.
In Italia ci accontentiamo di molto meno, per il momento. Per esempio, di sostituire Monti con Vendola, di riportare la sinistra in Parlamento, stavolta come maggioranza, di sbattere la destra all'opposizione e Berlusconi in galera.
Appena ci sveglieremo dall'incubo, capiremo che il sogno è finalmente lì, a portata di mano.
Cesare Sangalli