W l'Italia ... fra memoria e attualità ...

 


C'è un giudice a Torino (porca troika)


Ogni tanto una sentenza esemplare ci ricorda che cos'è la giustizia. Il Tribunale di Torino, presieduto da Giuseppe Casalbore, ha condannato a 16 anni gli imprenditori Schmidheiny e De Cartier per disastro doloso e omissione dolosa in merito alla produzione di Eternit, il materiale carico di amianto che ha provocato migliaia di morti (e di malati cronici) in tutta Italia (e in particolare a Casale).
A Torino si è chiarito che non si può, in nome del profitto, avvelenare in maniera irreparabile persone e ambienti. Non ci possono più essere vittime sacrificali alla (presunta) idea di Progresso, o Sviluppo che dir si voglia (oggi il nuovo totem si chiama Crescita).
Per anni si sono tacitamente accettate le morti da inquinamento come morti“normali”, come se fossero una tragedia inevitabile, un danno collaterale del lavoro sicuro, un prezzo da pagare in cambio di un reddito dignitoso per tutta la vita.
Sono dovuti passare anni perché le vittime uscissero dal silenzio, e c'è voluta la tenace azione del pm Guariniello (lo stesso del processo alla Juventus per il doping e di molte altre inchieste) perché i colpevoli venissero condannati.
Ora, dopo Torino, diventa molto più difficile essere “pragmatici” sui costi umani dell'impresa privata, così come diventa molto meno utopistico pretendere di essere risarciti, moralmente e materialmente (vale anche per il rogo della Thyssen Group, stessa città e stessi protagonisti).
E diventa più difficile considerare zero le vite dei profughi dopo la condanna della Corte europea all'Italia, per i respingimenti di 15 persone provenienti dalla Somalia e dall'Eritrea.
A questo serve la giustizia; a fare progredire un po' tutti. A farci diventare un po' migliori. Ovviamente la giustizia si ottiene anche e soprattutto facendo leggi giuste o abolendo quelle sbagliate: parlando di donne, basta pensare al “delitto d'onore”, o alla violenza sessuale “reato contro la morale” fino a tutti gli anni Ottanta. Oppure, per stare ad una sentenza attuale, allo stupro di gruppo punibile con le pene alternative al carcere (Cassazione dixit).
Quindi, per venire alle questioni più misere della nostra politica quotidiana, ci risparmiassero il solito ritornello, formalmente impeccabile, delle “sentenze che si rispettano sempre”. Ma quando mai? Una sentenza scandalosa si contesta, così come ci si ribella ad una legge ingiusta. Si obietta: e chi stabilisce che una sentenza è scandalosa o una legge ingiusta? Risposta: l'intelletto e il cuore di cui siamo tutti naturalmente dotati, meglio se supportati da una cultura adeguata, soprattutto in materia giuridica.
Ora, non è che i nostri commentatori difettino di intelligenza. Forse in certi casi c'è una buona dose di pigrizia mentale, per cui ci si adegua alla tendenza in auge, alla corrente dominante ( detta anche “ main stream ”), con le sue parole d'ordine, le sue frasi fatte (per esempio sul tema degli immigrati, vedi “Una vita extra “).
Ma ciò che manca di più è un cuore pulito, e un cuore pulito si vede, direbbe De Gregori, “dal coraggio, dall'altruismo, dalla fantasia”. O molto più semplicemente dalla buona fede.
La controprova è che per essere in buona fede, in certi casi, occorrerebbe essere idioti totali.
Si poteva essere in buona fede sostenendo, con supremo sprezzo della serietà, che Berlusconi è intervenuto a favore di Ruby (marocchina) per evitare una crisi diplomatica con l'Egitto? Certo che no, lo sappiamo tutti. Eppure la Corte Costituzionale nei giorni scorsi ha dovuto pronunciarsi su questa barzelletta, respingendo la richiesta di affidare il giudizio sull'ex premier al tribunale dei ministri.
Per la stessa logica, solo un po' meno plateale, può essere in buona fede il solito P.G. Battista sul “Corriere” (diciamo lui perché non vale la pena citare i soliti “Libero” e “Giornale”) quando commenta con sollievo la sentenza che ha prescritto Berlusconi sul caso Mills?
Lui giurerebbe di sì (e con lui milioni di italiani), noi siamo sicuri al cento per cento del contrario.
L'atteggiamento cosiddetto “moderato” lo conosciamo a memoria: consiste innanzi tutto nel non entrare mai nel merito delle questioni giudiziarie, perché non è di propria competenza.. Suona così “british”, così elegante, così garantista.
I commentatori in stile “Corriere” (ce ne sono una marea, da Battista a Mentana ) si limitano a constatare che ognuno aveva le sue ragioni, e che comunque non ci si può dividere in fazioni pro e contro, ed è tempo di finirla con la guerra fra magistratura e politica, soprattutto ora che il berlusconismo è superato, che quella fase si è chiusa.
Chiusa un par di palle, tanto per essere altrettanto austeri. Chissà in virtù di quale legge è stato prescritto il nostro Silvio.
Per fare giustizia di tutta la fuffa terzista, centrista, pseudogarantista, bastava leggere, in questa e in altre occasioni, il commento di un insigne giurista come Franco Cordero, massimo esperto di procedura penale in Italia. Non scrive in punta di penna, Cordero.
Usa aggettivi pesanti come il piombo, cioè dà il giudizio più oggettivo, più vicino alla realtà, che è appunto pesantissima, mentre gli altri continuano ad esercitarsi nelle più spericolate e raffinate arrampicate sugli specchi.
Anche il giudizio storico sull'esperienza di Mani Pulite, nelle “celebrazioni” del ventennale, non è affatto univoco.
Su un punto però, costretti dall'evidenza dei fatti, sembrano tutti d'accordo: quell'esperienza non è servita a niente.
I partiti spendono come prima, più di prima. Il povero Citaristi, contabile della DC, si beccò tutti gli avvisi di garanzia destinati al partito; Lusi della Margherita fa sparire 13 milioni e non se ne accorge nessuno.
Ma non si può guardare solo ai partiti, che in termini di credibilità sono ai minimi storici. Perché dietro le quinte dei partiti continuano ad operare i veri vincitori della mancata rivoluzione di “Mani pulite”: gli imprenditori. Non a caso è stato un imprenditore (Berlusconi) a trionfare sulle ceneri della DC e del PSI.
A modo suo lo ha ricordato anche la Corte dei Conti, chiedendo di rimuovere le due leggi che hanno favorito il dilagare della corruzione: quella sul falso in bilancio e quella (ex Cirielli) che ha dimezzato la prescrizione.
Due porcate berlusconiane. Vediamo che cosa ci dirà al riguardo la ministra Severino. Secondo noi un bel niente, saremo lieti di essere smentiti.
E qui torniamo al sottotitolo: “porca troika”. Lo abbiamo ripreso pari pari da un portentoso articolo di Alessandro Robecchi sul “manifesto”.
Robecchi non intende la “troika” BCE- FMI- UE, citata da tutti. No, si riferisce a PD, PDL e Terzo Polo. “Tre balene spiaggiate”, le definisce, che pretenderebbero addirittura di essere i costruttori della Terza Repubblica.
Dei tre – ma questo lo diciamo noi - si può salvare solo il PD, svincolandosi dal mortale abbraccio dell'establishment e tornando con la gente.
“E poi dice che uno si butta a sinistra”, diceva Totò. Forse Bersani comincia a capirlo.
Cesare Sangalli