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Paese mio che stai sulla collina (disteso come un vecchio addormentato)


“Che sarà della mia vita, chi lo sa”, cantava José Feliciano nella celebre canzone ripresa nel titolo. Arriva finalmente la fatidica prima condanna penale definitiva per Berlusconi , e nessuno sa che pesci prendere.
Ogni volta che accade un fatto vero, ogni volta che la realtà si prende una rivincita sulla fiction, la Storia (bisogna scriverlo ugualmente con la maiuscola) misura la pochezza dei suoi “protagonisti”.
Tanto più vorrebbe essere tragica e drammatica la retorica in uso, tanto più emerge il lato grottesco della vicenda di Berlusconi e della sua (e purtroppo nostra) Terra dei Cachi. La famosa “guerra civile” fra berlusconiani e antiberlusconiani è stata evocata così tanto, così a lungo e così a sproposito, che se la situazione avesse strascichi di violenza (del tutto improbabili) sarebbe quasi la giusta punizione, il giusto contrappasso per tanta miseria intellettuale e umana.
La posizione dei principali quotidiani nazionali, dal “Corriere” all'”Avvenire”, con l'eccezione di “Repubblica” (e ovviamente del “Fatto” e del “manifesto”), si riassume proprio con questa visione “terzista”: il guaio dell'Italia, secondo lorsignori, è la contrapposizione frontale e sterile fra le due fazioni, berlusconiani e antiberlusconiani, che va assolutamente superata, per il bene di tutti.
E' sconcertante constatare che questa visione da vecchie comari impaurite, da ignavi tremebondi o, più verosimilmente, da vecchi marpioni abituati a tutto, sia la risposta principale della nostra classe intellettuale alla situazione presente.
Uno dei più prudenti (cioè dei più vigliacchi) è stato il “giovane” Mario Calabresi direttore della “Stampa”, figuriamoci le vecchie cariatidi del “Corriere”, o i chierici di “Avvenire”: questi probabilmente stanno già godendo all'idea del grande duello (sic) fra due ex democristiani come Letta e Renzi per la guida del PD; questi probabilmente sono già sconvolti dall'audacia di un papa come Bergoglio; figuriamoci se sono in grado di affrontare la fine di Berlusconi.
Nell'altro campo, quello dell'infamia pro-Caimano, si va dal folle ottimismo dello spaccone Ferrara basato sul solito mito del Berlusconi invincibile (evidentemente la storia di Craxi non gli è bastata) alla fedeltà imperitura di Sallusti, che parla già da reduce, da combattente eroico dell'ultima battaglia, passando per l'accorato appello di Paolo Guzzanti (tipo: “risorgi, capitano, e guidaci verso la rivoluzione liberale”, sì, della terza età) e per le paure da beghina all'ora del tè di Vittorio Feltri (per la serie “se arrestano Berlusconi, dove andremo a finire, signora mia”) lui che è un filibustiere capace di tutto.
Diciamo che in qualche modo danno copertura ad una vasta parte del Paese, che va appunto dagli anziani “ heavy viewers ” (traduzione: rincoglioniti di TV) ai furbi e furbastri di ogni generazione, compresi ex paninari alla Jerry Calà, palestrati pronti per Maria De Filippi o Grande Fratello, casalinghe disperate, aspiranti miss, imprenditori rampanti, professionisti al nero,viveurs e vitelloni di mezza età, tifosi da quattro soldi, ciellini in cerca di riconversione, e tanti altri; insomma il famoso “blocco sociale” berlusconiano, che ora è chiaramente minoritario, ma certo non è desideroso di fare i conti col passato-presente.
Insomma, alla prima vera tappa del gigantesco “redde rationem” di cui l'Italia ha bisogno, ci siamo fatti trovare piuttosto impreparati (come ha scritto qualcuno: “E' la fine di Berlusconi, e io non so cosa mettermi”).
Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato…….Altro che guerra civile: più di metà Italia vorrebbe solo cavarsela a buon mercato, senza nemmeno un “pateravegloria”, senza un po' di retrospettiva storica e introspezione personale (lo sapevamo, lo abbiamo scritto da tempo e più volte). Se lo sono meritato, loro, Berlusconi,e se lo terrebbero ancora un po'; magari in naftalina, o in versione “padre nobile” (?) del Partito dei Ladri e della subentrante leader, l'adorata figlia Marina, che farebbe molto “Dinasty”. Una decadenza addolcita dalla senilità, uno sprofondare malinconico e senza tempo, un po' in ombra: come la Spagna della fine di Franco (1975) o il Portogallo aggrappato alle sue colonie, prima della rivoluzione dei garofani (1974).
Ma se Dio salvò Sodoma e Gomorra per cinque giusti che vi erano, figuriamoci se non può salvarsi l'Italia.
L'”Italia di Berlusconi”, come l'aveva chiamata Montanelli nel suo ultimo libro della Storia d'Italia. La più brutta dal 1945 in poi. Non si può non fare il paragone con il fascismo, perché nessuno, nella storia repubblicana, aveva accumulato nelle sue mani tanto potere. Ecco, sia Antonio Polito, parlando delle prospettive del PDL, sia Concita De Gregorio, descrivendo il clima della minuscola manifestazione di Roma dell'”esercito di Silvio”, hanno evocato l'immagine del Movimento Sociale Italiano. Quello è il futuro prossimo di quella galassia che si chiamò “Forza Italia”, “Polo del buon governo” , “Casa della Libertà” e “Popolo della Libertà”: una minoranza di nostalgici, con la foto del Caimano al posto di quella del Duce (o accanto, che ci sta benissimo).
Nell'articolo intitolato “Il processo”, pubblicato tre anni fa su questa rubrica, avevamo scritto che la sconfitta politica non sarebbe bastata, per chiudere con Berlusconi, anche perché le sconfitte politiche ci sono già state, e l'ultima è quasi sicuramente quella definitiva. Già adesso le giaculatorie dei berlusconiani (e non solo) non parlano più degli “italiani” (intesi come maggioranza, come popolo), ma di “dieci milioni di italiani” (che poi sono otto, come ha ricordato il solito Travaglio) che rimarrebbero orfani del “caro leader”: siamo alla tutela delle minoranze. La vergogna seguirà, ancora è presto per “cacciarli nelle fogne”. Ma ci voleva una sentenza inappellabile, in nome del popolo italiano, per segnare un prima e un dopo. Per cominciare a recuperare un brandello di verità.
Berlusconi in galera? Per la Santanché sarà così, come gesto volontario del martire perseguitato. Molto più probabile un teatrino già visto, stile Sallusti (compagno della Santanché medesima), che va avanti come se nulla fosse.
.In realtà, la galera prima o poi dovrebbe arrivare, e non come scelta, ma con l'accompagnamento dei carabinieri. I processi non sono finiti, e quando arriverà la sentenza sull' affaire Ruby, e poi quella sulla corruzione dei deputati come Di Gregorio, sarà difficile cavarsela con l'affidamento ai servizi sociali.
Nel frattempo, aspettiamo la famosa legge sul conflitto di interessi (e certo non la può fare il governo Letta).
Sarebbe giusto il minimo (oltre ad abolire il Porcellum, ma questo lo dicono tutti all'unanimità, non c'è nemmeno gusto a ripeterlo), prima di andare a nuove elezioni (anche queste invocate un po' troppo e da troppe persone), che altrimenti sarebbero truccate in partenza: mai più un voto con un candidato (o i suoi familiari) che possiede una televisione nazionale.. E poi, il vero colpo al cuore del berlusconismo, come ampiamente annunciato su queste colonne: la riforma televisiva, con la fine del monopolio privato, che dura dal 1984.
Abbiamo scritto “Sunset Boulevard”, il viale del tramonto, nel 2008, il giorno dopo il trionfo di Berlusconi. Lui puntava dritto al regime presidenziale, imperituro, che sarebbe finito con la sua morte o con una successione dinastica, appunto. Tre anni dopo non era più al governo. Cinque anni dopo è un pregiudicato, sulla soglia del carcere, già praticamente espulso dal Parlamento.
Qualcuno aveva ragione, qualcuno aveva torto. Ora sappiamo a cosa è servito resistere tutti questi anni.
Certo non sarà con i morti viventi alla Enrico Letta o con i prodotti pubblicitari come Matteo Renzi che potremo voltare pagina e iniziare finalmente una nuova storia . Ma oggi l'Italia migliore vede la luce in fondo al tunnel, a prescindere dalla fantomatica ripresina con cui vorrebbero allietarci il pranzo di ferragosto.
Cesare Sangalli