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DecaDance


La chiusura ingloriosa alla fine c'è stata. Berlusconi è fuori dal Parlamento. Magari si potesse dire anche “fuori dalle palle” . Non è ancora tempo. Ma adesso siamo in piena DecaDance, una danza di fine epoca che coinvolge un po' tutti.
Baila, Caimano, sotto questo cielo strano. Cielo di novembre, il mese dei morti.
In effetti, sono proprio i giornali berlusconiani a scegliere i toni più lugubri, in linea col nero delle senatrici di Forza Italia vestite a lutto, e la tenuta “total black” del magico Silvio, che non riesce a farlo sembrare meno gonfio. Formidabile attore, vede la realtà prendersi la rivincita giorno per giorno. Ha 77 anni. Comincia a impastare le parole, sembra a rischio collasso, è operato, è finto, è “dopato”.
Il prudente Mentana (mai visto un paraculo più intelligente, Renzi deve essere andato a scuola da lui) lo ha paragonato a Calvero - Charlie Chaplin, che sceglie di morire sulla scena, nell'indimenticabile “Luci della ribalta”.
I lettori di questa rubrica sanno che il nostro paragone era con Norma Desmond, protagonista dell'altrettanto indimenticabile “Viale del Tramonto”. Però lo hanno potuto leggere cinque anni fa, quando erano (eravamo) affranti dal trionfo elettorale più grande di Berlusconi, quello del 2008, col partito (il PDL) unificato di forza e uno stuolo di servi in tutti i posti chiave del Potere, dalle Authority alla Rai, dalla Consulta al Palamento, dalle banche alle assicurazioni.
Non è questione di preveggenza. Al limite è questione di fede.
Fede come fiducia, fiducia che le bugie non reggono per sempre, che i mascalzoni non vincono sempre sugli onesti, i cialtroni sui bravi veri, i lacché sugli spiriti liberi. Fiducia che la democrazia italiana, per quanto messa a durissima prova, avrebbe alla fine retto, proprio perché è di radici solidissime, o, come è stato detto con felice gioco di parole, “di sana e robusta Costituzione”.
Mercoledì 27 novembre, alle 17 e 42, quando Silvio Berlusconi è stato espulso dal Senato perché indegno della carica di senatore, ha vinto la Costituzione , quella entrata in vigore il primo gennaio 1948, ma che a 65 anni non è andata in pensione.
La Costituzione era già stata ampiamente stravolta, nel corso della Prima Repubblica, dalla prassi dei partiti, che avevano svilito il “primato della politica” ( o “ la politique d'abord ”, come avrebbe detto Pietro Nenni, padre nobile di Craxi, a sua volta padrino ignobile di Berlusconi), un primato sempre più interpretato come diritto all'impunità, diritto di tangente su tutto, diritto di nomina su tutto.
La famosa casta. La casta è già un'oligarchia; da qui al sultanato il passo è breve. Berlusconi è diventato semplicemente il vertice della casta. Non ha cambiato una virgola del sistema, perché in quel sistema ( la Prima Repubblica sempre più marcia) era cresciuto a dismisura, un'escalation sensazionale nel decennio “stupido”, gli anni Ottanta, gli anni dei politici che raddoppiarono il debito pubblico sprecando ignobilmente la crescita e condizionando il ventennio futuro.
Il buon Occhetto (a capo di un partito certamente non esente dalla corruzione di Tangentopoli, ma in una proporzione minima rispetto a quella dei partiti di governo) aveva provato ad urlarlo a tutti: “Questo era il miglior amico di Craxi”, ma la maggioranza degli italiani si tappò le orecchie, anche perché Craxi e la DC li aveva sempre votati. Quindi c'è totale continuità fra Prima e Seconda Repubblica, bisogna essere in malafede per dire che Berlusconi ha portato la “modernità” (che era già la parola feticcio dei socialisti anni Ottanta).
C'era solo un vuoto, nella Costituzione, e in questo vuoto in effetti la nostra Carta risultava un po' obsoleta: non c'era nessun accenno alla televisione, perché nel 1948 la televisione non esisteva. Eppure, in modo quasi naif, i legislatori degli anni Cinquanta avevano fatto una legge sul conflitto di interessi, quella che vieta ai concessionari pubblici di partecipare alle elezioni.
Norma di puro buon senso, lo capirebbe anche un bambino di undici anni poco sveglio, per citare Berlusconi riguardo al popolo italiano. Berlusconi era un concessionario pubblico per eccellenza, mica possedeva una tabaccheria.
Qualche vecchio saggio (Sylos Labini e altri) provò a ricordarlo, ma venne ignorato, perché la sinistra, gasata dalle schiaccianti vittorie dei suoi sindaci alla fine del '93, pensava di andare al governo con un grande voto di popolo, dopo tanti anni passati all'opposizione.
Lo abbiamo pensato anche noi, ingenuamente, quindi recitiamo il mea culpa.
La Legge poteva e doveva fermare Berlusconi subito, prima che arrivasse il Consenso (altra parola feticcio di Craxi e compagni), che si voleva unica forma di legittimità. Ma l'articolo UNO, saggiamente, recita (andiamo a memoria): “..la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Non SOPRA, né Al DI LA' della Legge.
La lezione non l'abbiamo ancora imparata, e questo è in gran parte colpa dei giornalisti, della classe intellettuale. Guardateli, guardiamoci: aspettano (aspettiamo?) tutti il voto come fosse un gioco di società.
Non ce n'è uno, da Mentana al “manifesto”, che non parli di sondaggi, che prevedono già una corsa a tre fra Grillo, Renzi, e Berlusconi. Ma i sondaggisti, lo abbiamo detto, sono gli aruspici della casta. Sono perfetti per una spietata cultura televisiva. Clicca di qui, fai zapping di là, manda un SMS, una mail. Tutto virtuale.
Ricorderete senz'altro quante volte Fini è risultato il leader politico più gradito. Ricorderete senz'altro che Monti, secondo i sondaggi, era apprezzato da una larga maggioranza degli italiani (e uno pensava. “ma a me non mi telefonano mai?”) . Ora provano a dire la stessa cosa di Letta, per non parlare del presidentissimo Napolitano, che dovrebbe piacere a grandi e piccini. Purtroppo anche Vendola ebbe il suo quarto d'ora di celebrità, rivelatosi piuttosto effimero, al di là dei demeriti (ma la telefonata all'Ilva resta una sonora figuraccia, anche se non nei termini utilizzati da chi lo vuole distruggere). I sondaggi sono fenomeni che si autoalimentano. Illusioni, in molti casi, balle fiorite in altri. Un paese che si affida ai sondaggi (la “sondocrazia” la chiamò Zagrebelsky) è un paese cieco.
L'unica bussola dovrebbe essere la Costituzione , non Mannheimer. E se si applicasse la Costituzione con onestà, Berlusconi sarebbe già in galera. Né più né meno. E' solo per le astuzie di una repubblica di avvocati che è ancora (per poco) a piede libero.
Chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Abbiamo bisogno di tanta di quella igiene mentale che la metà ci basta. Lo ha ribadito Curzio Maltese: se gente come Bondi e Gasparri urla “vergogna” ad un premio Nobel come Rubbia, qui bisogna rifare perfino il vocabolario.
Berlusconi deve finire in galera semplicemente perché è giusto, perché è dovere dello Stato sanzionare i colpevoli di reati gravissimi, e il più grave di tutti sarebbe già passato in giudicato, se la giustizia avesse fatto il suo dovere fino in fondo (mentre invece siamo ancora all'inizio): il concorso esterno in associazione mafiosa.
Fra poco Dell'Utri verrà condannato definitivamente per questo. Solo le magie degli avvocati hanno fatto in modo di isolare il mandatario dal mandante. Uno schema ripetuto: lo si è fatto con Previti, con Mills, con Mangano. Lavoravano tutti per il padrone, ma il padrone invece risultava stranamente estraneo, o se era coinvolto, era comunque troppo tardi per procedere.
Quindi: riparleremo dei sondaggi quando si tornerà a parlare di mafia.
C'è qualcuno che sarebbe pure capace di divertirsi, a vedere una corsa a tre fra Renzi, Grillo e Berlusconi, che noi speriamo di non vedere mai.
Santoro potrebbe avere una crisi iperglicemica, se avesse tutti e tre che si sfidano a duello, in diretta: che spettacolo, ragazzi, che bomba, roba da 15 milioni di spettatori. Anche questo è un retaggio del berlusconismo, e prima cominciamo a disintossicarci e meglio è.
Cominciamo a dire che non c'è nessun bisogno di votare. Abbiamo votato solo sette mesi fa, perdio. Vietato soprattutto rivotare col Porcellum (e speriamo che la Consulta , colpevole di averci scippato il referendum, faccia il suo dovere ripristinando il Mattarellum). Ma dovrebbe anche essere vietato votare con quattro televisioni e mezzo in mano ad uno dei competitori, roba da Kazakistan.
E non c'è bisogno di tenerci il governo Letta per questo. Anzi. Quelli che hanno votato la decadenza a Berlusconi sono già una maggioranza: PD (anche se in buona parte costretti, per esempio i franchi tiratori di Prodi), SEL, e M5S (che esce più a testa alta di tutti dalla faccenda).
Questa è la missione dei prossimi dodici mesi: mandare Berlusconi in galera; mandare a casa il governo Letta (e affanculo – scusate – Alfano & C.); mandare in pensione Napolitano; eleggere Rodotà presidente e nominare Fabrizio Barca premier di un governo PD-SEL-M5S.
Va bene, abbiamo esagerato: conoscendo i nostri, è quasi una missione impossibile. Però c'era tanta gente che diceva che Berlusconi non sarebbe mai stato condannato; e dopo la condanna, che non sarebbe mai stato espulso (perché è troppo furbo, è troppo potente, è troppo ammanicato). E invece è successo. Natale si avvicina, ci vuole un po' di speranza.
Cesare Sangalli