Reportages
Il misterioso caso del presidente del Paraguay
Fernando Lugo: uno, nessuno e centomilaEletto a furor di popolo nell'aprile 2008, metteva fine a 60 anni di regime del Partido Colorado (quello del famigerato dittatore Stroessner). Ma da quella storica vittoria si parla dell'ex vescovo di San Pedro solo per gli scandali sessuali (quattro donne sostengono di aver avuto un figlio da lui). Ritratto del leader più contraddittorio del continente sudamericano
Un vescovo cattolico che diventa presidente della repubblica non si era mai visto. Meno che mai in un paese governato storicamente dai militari. Fernando Armindo Lugo Mendez, classe 1951, è sicuramente un uomo del destino, o semplicemente l'uomo giusto al momento giusto. Visto che in ogni caso fra tre anni dovrà lasciare la presidenza, dal momento che la costituzione del Paraguay prevede un solo mandato, difficilmente verrà ricordato per le cose che è riuscito a fare (pochissime, in questi primi due anni). Ma il suo nome resterà comunque una pietra miliare nella storia del Paraguay libero. Con quale giudizio, è quasi impossibile dirlo, perché lui,che ha incarnato la speranza di un paese che sembrava l'emblema della rassegnazione sudamericana, potrebbe anche rappresentare la Grande Delusione.
Il Paraguay che avevamo trovato nel 2003 (vedi “Galatea”, numero di dicembre) era già una nazione esausta: “nulla sembra muoversi veramente in questo paese di gente tranquilla, con troppi militari per strada e ancora troppa paura a parlare di politica”. I giornalisti avevano definito quello strano limbo “ democradura ”, qualcosa a metà fra la democrazia e la dittatura. Il caudillo più longevo del continente, Alfredo Stroessner, un militare, era stato deposto da un altro militare nel 1989, e viveva il suo esilio dorato in Brasile (dove è morto quattro anni fa, a 93 anni).
Ma il partito di Stroessner, il Partito Colorado onnipresente nello stato e nella società, continuava a governare anche con il multipartitismo, e aveva appena fatto eleggere il suo ultimo presidente, Nicanor Duarte Frutos, che godeva allora di una discreta immagine.
L'esercito era sempre in odore di golpe, con il generale Lino Oviedo che faceva dentro e fuori dalle patrie galere. Il popolo guaranì assisteva, apparentemente passivo, alla lenta decadenza di un regime “ancora troppo forte per essere finito, ma troppo finito per essere davvero forte” (l'espressione è stata usata da Bersani per definire lo stato attuale del berlusconismo in Italia). Mancava l'alternativa, come si dice da un po' di tempo in Italia. A dirla tutta, mancava una vera opposizione (che in Italia adesso forse comincia ad esserci).
Le timide aspettative suscitate dal presidente Nicanor, giornalista di formazione ed ex ministro dell'istruzione, erano andate presto a farsi benedire. La corruzione, per quanto non troppo denunciata da un'informazione tutta in mano alle oligarchie del paese, faceva parte del vissuto quotidiano del Paraguay, che oltretutto percepiva quasi un terzo dello entrate dai traffici frontalieri con Brasile e Argentina, attraverso il suo vertice di Ciudad del Este.
Insomma, questo paese quasi disabitato, incastrato nel cuore del continente sudamericano a oltre mille chilometri dal mare, viveva di agricoltura, allevamento e arte di arrangiarsi. Basta dire che ancora oggi i due partiti storici, il Partito Colorado al potere dal 1947 e gli avversari del Partito liberale radicale autentico, hanno ciascuno più di un milione di iscritti, su una popolazione di sei milioni di abitanti. Ma tutto il clientelismo possibile immaginabile, o il prebendarismo , come si dice qui a indicare l'elemosina politica ai tanti questuanti, non cambia la povertà estrema che riguarda il 40 per cento della popolazione. Il Paraguay si può consolare solo con la Bolivia , maglia nera del continente, che qualcuno vede però già in fase di sorpasso.
I poveri, gli indigeni, i campesinos sono il vero e proprio humus dove nasce la vocazione di Fernando Lugo e dove si compie la sua storia di pastore della Chiesa. Dopo un'esperienza da insegnante nelle zone più povere del Paraguay, il giovane Lugo entra in seminario, agli inizi degli anni Settanta. La sua formazione è tutta all'insegna della Teologia della Liberazione, soprattutto nel periodo che Lugo trascorre in Ecuador. Tornato definitivamente in Paraguay nel 1987, dopo cinque anni passati a Roma per completare gli studi e stare alla larga da Stroessner che lo aveva già nel mirino, Fernando Lugo prende in mano la diocesi più povera del paese, San Pedro.
Nei suoi anni a San Pedro, cittadina a nord della capitale Asunciòn lungo il fiume Paraguay, il giovane vescovo dà il meglio di sé: conduce una vita modesta sempre al fianco dei poveri, predica contro la passività instillata dalla fede cattolica tradizionale, con gesti anche sprezzanti nei confronti dell'establishment, come quando rifiuta di celebrare l'inaugurazione dell'aeroporto di San Pedro, (perché il suo popolo ha ben altre necessità), cerca di favorire le azioni sociali girando in lungo e in largo con una vecchia auto e in abiti casual.
E' aperto, gentile, privo di spocchia e dotato di sicuro carisma: chi lo conosce lo ama, anche se per buona parte del paese rimane un illustre sconosciuto. Il problema è che Lugo esercita un fascino notevole anche sulle donne, e sembra decisamente poco incline al celibato. Nel 2004, quando nessuno ancora immagina la sua parabola politica, viene convocato con molta discrezione dai vertici della Chiesa ad Asunciòn, e interrogato sui suoi rapporti con una signorina che avrebbe avuto un figlio da lui. Messo di fronte alle sue responsabilità, Lugo nega decisamente, mentendo con convinzione. E' questo il suo tallone d'Achille, è soprattutto il suo atteggiamento di rimozione a lasciare interdette le gerarchie ecclesiastiche, che si limitano ad allontanarlo dalla diocesi, nominando un nuovo vescovo.
E' chiaro che questa ricostruzione è ufficiosa, ma decisamente attendibile. I fatti, poi, sono testardi, come diceva un grande giornalista, e non tarderanno a manifestarsi all'indomani della presidenza.
Nel frattempo, comunque, la stagnante situazione politica del Paraguay viene scossa da una manifestazione contro la corruzione dilagante e in aperta opposizione al presidente colorado Nicanor. E'la primavera del 2006.
I leader dei partiti tradizionali sono in chiara difficoltà, perché pur essendo formalmente all'opposizione, hanno accettato spesso compromessi (cioè incarichi e poltrone) con l'inamovibile Partido Colorado. Alla fine, si decide che a parlare per tutti sarà proprio lui, il vescovo dei poveri.
Prendendo la parola davanti alla folla che lo ascolta con attenzione, per non dire con devozione, Lugo si consacra leader “in pectore “ dell'opposizione, legittimato dalla piazza, cioè dal popolo.
E' lui l'uomo della provvidenza, non ci sono dubbi. Lo pensano le tante associazioni della società civile che già lo sostengono (contadini, indios, gruppi cattolici); lo pensano i piccoli partiti della sinistra e anche i moderati (e inciucisti) del Partito Liberale.
Fernando Lugo in realtà non voleva candidarsi. Ma glielo chiedono tutti, a partire dal movimento Tekojoja (“Vita uguale” in guaranì), che nasce con il progetto di portarlo alla presidenza (anche se molti pensano più alle elezioni del 2013 che non a quelle imminenti del 2008). La stella di Lugo brilla ogni giorno più forte; il vescovo comincia ad apparire dappertutto, ormai è pienamente convinto del suo ruolo, tanto che, dopo essere stato sospeso “a divinis” dal Vaticano (che non ammette candidature per i religiosi) chiede addirittura la riduzione allo stato laicale (normalmente, considerata la punizione più severa) e la ottiene.
Il 20 aprile 2008 Lugo vince le elezioni, con un margine che sorprende tutti quanti. Si temeva in particolare la concorrenza del vecchio generale golpista Lino Oviedo, grande demagogo, col suo stile informale e diretto da amico di tutti, che si presentava come oppositore, e che paradossalmente poteva attingere allo stesso voto ultrapopolare che appoggia Lugo. E invece, dopo oltre 60 anni di dominio incontrastato, il partito creato da Stroessner perde il potere, e Lugo entra nella storia. Per molti analisti politici, è il vero inizio della democrazia in Paraguay. Ci sono voluti quasi venti anni dalla caduta di Stroessner: tanti, troppi. Non è un caso che a determinare la schiacciante vittoria di Lugo siano stati soprattutto i giovani, che non sono stati politicamente castrati dalla più ferrea dittatura di tutto il continente. E questo orientamento è fondamentale in un paese che ha il 65 per cento della popolazione sotto i 30 anni.
I primi mesi della presidenza, la cosiddetta “luna di miele”, scorrono tranquillamente. D'altra parte, Lugo politicamente è sempre stato un moderato, non ha mai fatto discorsi rivoluzionari, non ha mai annunciato cambiamenti radicali, ma solo “una migliore distribuzione della ricchezza”. Il suo cuore sta dalla parte dei poveri, su questo nessuno dubita, ma la sua cultura politica è tutto sommato debole, e sicuramente non è conflittuale, ma orientata alla concertazione. Il problema è che deve fronteggiare una oligarchia ultraconservatrice, di latifondisti e allevatori, tutta orientata alle esportazioni e serva delle multinazionali dell'agro-alimentare, a partire dall'onnipotente Cargill.
Il che significa investimenti minimi nel paese, pochissimo lavoro (basta un solo uomo per seguire 500 ettari di soia, il prodotto agricolo per eccellenza) e, soprattutto, zero tasse. Per questa oligarchia di possidenti la riforma agraria è fumo negli occhi: basti pensare che in Paraguay non esiste ancora il catasto (!).
La scarsa borghesia imprenditoriale, in un paese sostanzialmente privo di classe media, vive di affari con lo Stato, quasi sempre poco trasparenti. E qui c'è il problema numero due: il Partito Colorado è ancora il primo partito del paese, ha uomini in tutte le istituzioni, a partire dalla magistratura e dall'esercito, ed è ancora ben radicato in tutta la pubblica amministrazione.
Nonostante l'atteggiamento moderato di Lugo, tutti questi settori hanno deciso di tenerlo sotto pressione, a scanso di equivoci. Stampa e televisioni sono saldamente nelle loro mani. E' in quest'ottica, quasi sicuramente, che scoppiano uno dietro l'altro, gli scandali sessuali del 2009, ad un anno esatto dall'elezione. Le storie rasentano l'incredibile, e l'atteggiamento di Lugo è quasi surreale, la sua ambiguità alimenta e gonfia questa telenovela seriale che sembra non avere limiti (se non quelli del ridicolo: c'è qualcuno che è arrivato a parlare di 17 figli naturali del vescovo-presidente!).
La prima è Viviana Carrillo, una ragazza di 26 anni che dice di avere un figlio di due anni dal presidente. Lugo è un amico di famiglia dalla cresima di lei, e si fermava spesso a dormire dai suoi. La relazione era iniziata quando lei aveva solo 16 anni. Lo scandalo è enorme, qualcuno parla di stupro, ma Viviana invece difende il suo amore per il presidente. Che, lasciando tutti di stucco, riconosce il figlio, e chiede scusa al paese e alla Chiesa.
Aperto un varco nel silenzio, ecco che arriva Benigna Leguizamon, 27 anni, una donna che faceva le pulizie alla diocesi di San Pedro, dove era arrivata minorenne e già con un figlio a carico. E' quasi sicuramente la donna che aveva provocato l'allontanamento di Lugo dalla diocesi, visto che il figlio in questione ha sette anni. Un'altra giovanissima amante, che, al contrario di Viviana, aiutata in questi anni dall'ex vescovo, vive in povertà a Ciudad del Este, con quattro figli a carico (compreso quello avuto con Lugo), dimenticata da tutti e con problemi di salute, tanto che a dicembre 2009 desiste dalla causa (che riprenderà – dice - alla fine del mandato).
A questo punto si infila anche Damiana Hortensia Moràn, 40 anni, insegnante, attivista per la Chiesa cattolica e partecipe della campagna elettorale per Lugo presidente. Un grande amore il suo, basato sulla stima reciproca, tanto che lei all'inizio dichiara che non farà causa al presidente per il riconoscimento del terzo dei suoi figli (i primi due sono già maggiorenni, e lei è divorziata dal marito, che ha dato comunque il cognome anche al piccolo di due anni). In realtà, dopo qualche mese e dopo “le deludenti risposte” di Lugo, anche Damiana si rivolge al giudice. Questa volta però il presidente afferma che si sottoporrà al test del DNA, e quindi conta di avere qualche chances.
Come se non bastasse, a fine 2009 la nipote di Lugo, figlia di sua sorella Mercedes che svolge anche il ruolo di primera dama , accusa lo zio di essere il vero padre di una giovane amica di famiglia di 22 anni, Fatima Rojas. Di più: si dice che il presidente avrebbe anche piazzato nell'amministrazione il “genero”. E con Fatima, farebbero quattro figli da quattro donne diverse.
La cosa fantastica è che Lugo non ha mai negato decisamente, all'inizio, nessuna di queste paternità (due delle quali si possono considerare certe). Ancora più straordinario è il fatto che ormai lo zenit dello scandalo è stato superato, e si è capito chiaramente che il popolo del Paraguay, il popolo guaranì tanto cattolico nella forma quando disinvolto nei costumi sessuali, non lo giudicherà per questo.
No, è sulla questione sociale che Lugo si gioca la grande fiducia che la gente semplice e povera gli ha accordato. Nei primi due anni non hanno visto nessun miglioramento concreto. L'unico serio provvedimento, il diritto alla sanità pubblica stabilito per legge, per quanto importante, rimane in gran parte inattuato per le condizioni penose in cui versano gran parte degli ambulatori di stato. Per il resto, non è stato ancora toccata nessuna questione, a partire dalla tanto attesa riforma agraria.
E' chiaro che Lugo non dispone né di un vero partito, né di una vera maggioranza in parlamento. E' chiaro che i media gli fanno la guerra. Ma lui ha con sé il popolo, che crede ancora in lui, nonostante tutto, e che preferisce dare la colpa dell'impasse al parlamento (con buone ragioni, ma salvando Lugo oltre i suoi meriti: se il ministro dell'economia, Borda, è lo stesso del governo di Nicanor, e se il vicepresidente, Franco, è un liberale e non un rappresentante dei contadini o degli indigeni come chiedeva la base, è dipeso solo dalle scelte dell'ex vescovo).
Insomma, il Paraguay, che ha sofferto tanto e ingiustamente nel corso della sua storia (vedi il precedente reportage su questo sito), sembra ancora lontano dalla svolta di cui ha bisogno.
Lugo ha cominciato male, perché si è preoccupato più di non inimicarsi le oligarchie che di dare risposte alla sua gente. Sono persone che ancora scendono in piazza per sostenerlo. Tradire la loro fiducia sarebbe alla fine il peccato più grande da perdonare.
Cesare Sangalli