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Cambogia (inedito) gennaio 2007

Cambogia
L'incubo del passato non cancella la voglia di sorridere

E' il 17 aprile 1975, i Khmer rossi occupano Phnom Penh e mentre la storia riparte dall'Anno Zero, Hun Sen si distingue, perdendo anche un occhio, nella battaglia contro l'esercito di Lon Nol. Ma ne vale la pena.
Dal 1985 è ininterrottamente Primo Ministro in uno dei paesi con il più alto tasso di corruzione del mondo (secondo fonti informali della Banca Mondiale la Cambogia insidia il non certo invidiabile primato del Bangladesh).
Un vero simbolo di quella scaltrezza, trasformismo e abilità nella gestione personale degli affari di stato che in tutta la storia moderna ha caratterizzato la vita politica di questo stato del sud est asiatico: Khmer rosso con Pol Pot, ministro con i Vietnamiti, ideatore dello Stato Buddista ma anche delle cariche di governo -più di 330 fra ministri, segretari di Stato e sottosegretari- a pagamento (il settimanale francese l'Express afferma che si parta da una base di centomila dollari per un sottosegretariato).
Ma soprattutto destinatario di oltre due miliardi di dollari di aiuti internazionali dal 1993 a oggi. Un vero e proprio bottino da spartirsi fra affaristi, trafficanti, politici, militari e intrallazzatori stranieri, mentre la povera gente sopravvive lungo le stade caotiche della capitale Phnom Penh o nei villaggi galleggianti sul fiume Sangker.
Spiegando forse il motivo per cui la Cambogia continui a essere uno dei paesi più poveri del mondo. 550.000 tonnellate di bombe americane (1969/1973) e oltre 250.000 morti; lo strano americanismo del generale Lon Nol (1970/1975) che favorisce l'inizio della guerra civile; quattro anni di terrore khmer (1975/1979) e due milioni di morti, soprattutto intellettuali, artisti, insegnanti, vittime del folle miraggio di Pol Pot di un'unica cooperativa agraria maoista cambogiana, giudata solo da contadini; guerriglia ovunque e devastanti carestie durante il quinquennio di invasione vietnamita (1980/1985) con migliaia di Cambogiani rifugiati nei campi profughi in Thailandia; poi dal 1985, come detto, inizia l'era di Hun Sen.
Senza dimenticare il colonialismo francese (1864/1953), la Crociata Reale di Sihanouk per l'indipendenza (1953) e il suo regno, giusto per non smentirsi, fondato su intrallazzi politici e economici con chiunque pagasse di più, attività “giustamente” proseguita dal suo degno figlio, principe Sihamoni, in carica dal 2004. Dovrebbe essere sufficiente come conto da presentare alla storia, invece con un' aspettativa di vita di soli 59 anni, e la mortalità infantile addirittura di 71 nati per mille, il 40 per cento della popolazione resta sotto la soglia di povertà.
Cresce lo sfruttamento di donne e bambini nel mercato della prostituzione e del turismo sessuale. Nel 2004, la Cambogia risulta uno dei Paesi più colpiti dall'epidemia di Hiv/Aids.
«Qui moltissimi bambini non hanno un futuro e questo è un segno ulteriore del degrado di un Paese che presenta la più alta percentuale di piccoli lavoratori tra 0 e 14 anni, soprattutto nelle zone rurali, dove un'altra eredità di guerra, 8-10 milioni di mine anti-uomo, causa ancora feriti e vittime » (fonte: Peacereporter).Una cosa però non si può togliere ai Cambogiani: la loro voglia di sorridere, la curiosità nei confronti di chi incontrano, poca cosa forse mentre il governo si trasforma in un regime e imprigiona avversari politici e li costringe all'esilio, come Sam Rainsy, leader dell'opposizione che vive attualmente in Francia, dopo che all'inizio del 2005 è stato privato dell'immunità parlamentare.
Gli analisti e gli osservatori stranieri guardano con preoccupazione l'evolversi della situazione, soprattutto i sistematici arresti e le condanne, per reati previsti da vecchi codici coloniali, di chi critica il potere di Hun Sen.
«L'evoluzione verso il controllo da parte di un partito unico» denuncia Basil Fernando, direttore di Asian Human Rights Commission, «è stata compiuta con l'uso della forza. Vi sono stati omicidi e intimidazioni e tentativi di brogli elettorali. Il risultato è un clima di paura che ricorda il periodo dei Khmer rossi».
Intanto i Cambogiani continuano a sorridere e ad essere incuriositi dagli stranieri che incontrano, forse non sarà sufficiente per non precipitare nuovamente nel baratro di un passato che sembra quasi destinato a ripetersi ciclicamente, ma qualcuno in cui avere fiducia possono trovarlo, qualcuno che si proponga con il più totale disinteresse, offrendo e non chiedendo, anche perché forse non c'è più molto da dare.Un paese magico, ancora legato alle piene dei fiumi per spostarsi, il paese, è vero, della S-1, la scuola trasformata da Pol Pot in carcere di massima sicurezza e celle di tortura, inferno da attraversare prima dell'oblio delle fosse comuni di Choueng Ek, una piantagione di litchi, da cui sono stati riesumati oltre ottomila cadaveri spesso finiti a bastonate, e in cui ancora oggi si cammina fra resti di ossa e lembi di vestiti che sbucano dal terreno. C'è però altro.
Le correnti del Mekong da sempre scandiscono il ritmo nelle giornate di pesca o di raccolto nelle risaie, e riportano alla mente, è vero, memorie cinematografiche di Marlon Brando-Kurtz, o l'agghiacciante oblio di Urla del silenzio, Ma è anche il paese delle città perdute di Angkor Wat e Angor Thom, strappate alla foresta a testimonianza che Khmer non è solo sinonimo di tragedia, ma soprattutto meravigliosa capacità dell'uomo di creare qualcosa di così unico da far dimenticare tutto il resto. Come le ragazze che tornano da scuola in bicicletta sulle strade sterrate di Battambang, o i barcaioli di Kompong Luong, nessuno ha voglia di mostrarsi infelice, o forse hanno solo una grande desiderio, un grande bisogno di serenità. Una incontenibile voglia di sorridere.

Michele Castelvecchi